Testo di Alessandra Sebastiano —
Che colore ha la nostalgia? Quel paradossale desiderio inappagato di ritornare è intriso tanto di dolore per ciò che non è più, quanto di oblio. Se il destino nega il compiersi del ritorno, si dimentica. Ma i poeti, con i loro canti, ricordano: a guidarli sono le Muse, figlie della memoria. Così, rivolgendoci verso un altrove indistinto, la memoria fa risorgere l’inconscio e si sovrappone alla nostalgia, divenendone veicolo e antidoto: consegnandoci direttamente ad essa, ci permette anche di percorrere un immaginifico viaggio attraverso il tempo, dolcemente.
La memoria plasma luoghi, temporalità e visioni che, sedimentandosi in noi, non fanno altro che renderci pluralità. Counter – song, personale di Barbara Wesołowska, visitabile fino all’11 giugno presso la galleria eastcontemporary di Milano, è un’ode alla molteplicità che ci attraversa: il lamento si fa canto polifonico, seguendo la metafora della controcanzone – un disegno melodico secondario sovrapposto, o sottoposto, a quello principale.
Nei dipinti dai colori pastello sono riflessi inediti rapporti tra corpi, pluralità e memorie. Legata alla tradizione della pittura figurativa, Barbara Wesołowska dà vita a gruppi di figure, corpi, che si compenetrano, emergono, fluttuano, ma – seppur sospesi – sono immobili e iconici. Le sue opere sono il risultato del divenire, ormai imprigionati nella fissità di un’immagine più sentimentale che narrativa. L’artista sovrappone livelli di materia pittorica ed elementi organici quasi impercettibili, come in Those touches that fall like rain (2022), in cui le pupille sono parti di papaveri, o in Untitled (2022), dove i corpi statuari sono adornati di fiori secchi, asservendo a una temporalità gestuale potenzialmente infinita.
La processualità di Barbara Wesołowska è un’operazione stratigrafica che non mostra ma sovrappone. Se in archeologia vengono esplorati i diversi livelli del terreno mettendo in luce come i corsi e ricorsi del tempo abbiano nascosto memorie e sentimenti, l’artista compie un viaggio sentimentale attraverso l’interiorità, in un costante trapasso di oblio nel ricordo, inseguendo una nostalgia non personale ma plurale. I colori tenui, echi delle campagne dell’est, sono melanconici, ma mai inquietanti. Le pennellate ampie, dettate da un automatismo surrealista, ci rendono visibile la stratificazione di livelli cui l’opera è stata sottoposta. Così, giorno dopo giorno, come il vento che soffia e accarezza ogni cosa, i suoi dipinti mutano forma, fino a congelarsi. E la vita che vi è imprigionata ci affascina: il dipinto è l’essere in cui la caducità delle cose si è fermata, non si può più morire nella fissità dell’immagine.
I dipinti riflettono i sentimenti di chi guarda, piuttosto che asservire a una narrazione soggettiva dell’artista. Cercando di comprendere cosa vogliono le immagini – esse nascono dalle storie, o le storie nascono dalle immagini? – danno vita a indicibili visioni he non appartengono a nessuna narrazione, ma la dettano. I suoi quadri sono specchi, ciechi alla vista di sé: io sono quel disgraziato paragonabile agli specchi, che può riflettere ma non vedere, recita un verso della poesia Contre-chant di Louis Aragon, cui l’artista dichiara di essersi ispirata. Così, anche la corporeità diviene tale nell’incontro con l’alterità, l’altro mi vede, proietta su di me la sua vita e io la mia su di lui. Sfuggendo costantemente a noi stessi, siamo impercettibili, fluidi, metamorfici ed erosi.
COUNTER – SONG
Barbara Wesołowska
eastcontemporary
Fino al 11 giugno 2022
Con testo critico di Reilly Davidson