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Voi rubate del tempo alla fretta a noi il mare ci impone lentezza: 3 ricordi e 1 canzone

Voi rubate del tempo alla fretta a noi il mare ci impone lentezza è stata una mostra dalla durata di un solo giorno (il 23 giugno 2019). È stato pensato e voluto come un appuntamento fugace, esperibile, in buona parte, solo da artisti, curatori e amici, invitati, una settimana prima, a godersi il mare. Da […]


Voi rubate del tempo alla fretta a noi il mare ci impone lentezza è stata una mostra dalla durata di un solo giorno (il 23 giugno 2019). È stato pensato e voluto come un appuntamento fugace, esperibile, in buona parte, solo da artisti, curatori e amici, invitati, una settimana prima, a godersi il mare.
Da subito ci è stato detto che molti giornali, per una mostra così breve, non avrebbero potuto scrivere nulla, non rientrava nei criteri di durata delle mostre recensibili.
D’altronde Voi rubate del tempo alla fretta, a noi il mare ci impone lentezza, è stata una mostra pensata per noi e per gli artisti invitati; un invito a rallentare in primis noi stessi, nel tentativo di porre un freno alla produzione frenetica di mostre e contenuti. Una voglia di rilassatezza e felicità. E per noi è stato così.

Napoli, 2017

Una cosa che non dimenticherò mai è la prima mostra a cui ho collaborato, una monografica sulla storia di Lucio Amelio al museo Madre.  In modo particolare resterà indelebile nella mia memoria, una riflessione sollevata da mio padre dopo averla vista. In mostra c’erano parti dell’archivio di Lucio Amelio che erano rimaste sepolte nei cassetti della sua famiglia per anni, la maggior parte erano lettere che il celebre gallerista napoletano mandava agli artisti per esporre i propri progetti e per proporre mostre in galleria.
Nelle aspre critiche all’ideale modernista dell’avanzamento tecnologico, mio padre, ha sempre preso come esempio una di queste lettere. Quella scritta da Amelio destinata a Fontana, in cui gli parlava della possibilità di fare una mostra insieme a Napoli.
L’elemento preso in analisi era il divario temporale fra il giorno della spedizione e quello dell’arrivo, per non parlare poi dei tempo d’attesa per la risposta…ovviamente positiva.
Il punto, per mio padre, era proprio questo, in un certo periodo storico si è instillata un’accelerazione, un’idea che tutto, per funzionare alla perfezione, dovesse essere immediato, istantaneo….d’altronde le email portano “in teoria” proprio a questa possibilità.
Guardando a quei rapporti epistolari non poteva fare a meno di farmi notare come in realtà le cose accadevano lo stesso, anche se con una certa lentezza, e non cose da poco, parliamo in questo caso specifico, della mostra di uno dei più grandi artisti italiani, in una di quelle che, ancora oggi, è considerata una tra le migliori gallerie italiane. 
La nostalgia in tale riflessione è palpabile, ma non per questo motivo, possiamo sottovalutarla con facile superficialità. La messa in discussione di una certa frenesia dettata da un ritmo così veloce, risulta, oggi più che mai, necessaria, anche in riflessioni dal sapore nostalgico.

Enzo

“Del futuro qui non v’è certezza, su una cosa facciamo chiarezza.
Voi rubate del tempo alla fretta, a noi il mare ci impone lentezza” *

Catherine Parsonage, Untitled, 2019
Ilaria Vinci, Achtung (you will never walk alone), Achtung (writer at work), 2019
Giulio Scalisi, Poster for Shipwrecked, 2019_ Ana Manso, Adamastor, 2015 (painting on the window), courtesy Galleria Umberto Di Marino

San Lucido, 2018

La spiaggia nella quale ci eravamo fermati quel giorno era molto tranquilla, c’eravamo solo noi.
Un gruppo di artisti e curatori in vacanza, quasi in vacanza-studio se così si può dire.
Avevamo fumato, riso e scherzato tutto il pomeriggio ed eravamo come dei bambini o degli adolescenti: la nostra unica preoccupazione era quella di tornare in tempo per la cena.
La spiaggia che avevamo scelto non era particolarmente bella, ma comodamente raggiungibile da una scala laterale che dava direttamente sulla strada. La scala iniziava da un grande piazzale di cemento delimitato da un muretto dove trovavano posto solo un biliardino e un piccolo chioschetto. Quel piazzale affacciava dritto sul mare, la sua visuale era perfetta.
Io e un mio caro amico comprammo un gelato, scegliendo con cura il nostro preferito tra quelli disponibili, trascinammo due sedie di fronte al mare e con i piedi sul muretto ci sedemmo a osservarlo.
“Certo che il mare ti rilassa davvero eh?!”
“E lo credo, a Milano con tutti quei palazzi, pieni di uffici e di tram che gli girano attorno non puoi fare a meno di entrare in competizione con qualcosa…”
“Si, quando ti fermi a guardare Milano ti ricordi subito di un posto dove saresti dovuto andare, di una mail che avresti dovuto inviare o di un appuntamento da fissare…”
“Ma lo sai che è vero? In effetti di fronte al mare che puoi fare?”
“Niente lo guardi. Che altro puoi fare?”

Alberta

“La sua brezza ci accarezza e ci insegna la pazienza, ammaestrati dalla sua potenza, solchi in faccia li fa l’esperienza” *

Giulio Scalisi, Shipwrecked, 2017
Debora Delmar, DAILY MIRROR (Instagram Archive) @zara_magazine, @loveespressouk, 2019, courtesy Gallleria Più
André Romão, Shell (mineral eroticism) 1-2, 2015, courtesy Galleria Umberto Di Marino

Ansedonia, 2019

“Vorrei che questa mostra fosse l’unica attività di quest’anno presente sul mio curriculum. Purtroppo non riesco.” Così Enzo ha provato a descrivere ciò che aveva in mente insieme ad Alberta. Entrambi, vestiti per l’opening con dei camici disegnati da Apparatus 22 mi sembrano dei tour operator. Più o meno è andata così: “Ci interessa il tuo lavoro, ti va di passare alcuni giorni al mare insieme?”
Forse ripensando al curriculum di Enzo mi è tornato in mente quello di Kafka. Ne avevo visto uno: un documento scritto a mano conservato nell’archivio delle Assicurazioni Generali. Kafka ha lavorato nella sede delle Assicurazioni a Praga. Non potendo liberarsi dal lavoro sperava di fare carriera alle Generali e portare il lavoro dove più desiderava: alla sede di Trieste, in un palazzo con uffici vista mare. In quei mesi studiava l’italiano e scriveva lettere ossessive sulle sue giornate tra le carte. Tra le parole di queste lettere si legge “mein Bureau heute” (il mio ufficio oggi), frase che oggi suona come un hashtag.
Digitando #myofficetoday su Instagram l’architettura dell’ufficio pare non esistere più. Il lavoro è arrivato ovunque, è debordato fino al mare. Ho riscritto la frase sulle finestre e come al solito non so se prenderla seriamente o come una presa in giro.
Kafka staccava alle 2:30.

Jacopo

Le parole di un vento ‘si saggio ci dan’ più coraggio sulla terra ferma.
E rallegra la nostra giornata, solamente l’esproprio pirata” *

* D. Sepe, Capitan Capitone e i parenti della sposa, El Cangrego peluso, 2017

Voi rubate del tempo alla fretta, a noi il mare ci impone lentezza
a cura di Enzo Di Marino e Alberta Romano
un progetto di CASTRO
Villa Di Lorenzo, Ansedonia
Domenica 23 Giugno 2019

Apparatus 22 / Adam Cruces / Caterina De Nicola / Débora Delmar / Gaia Di Lorenzo / Joana Escoval / Marco Giordano / Allison Grimaldi Donahue / Joshua Hopping / Dana Lok / Davide Mancini Zanchi / Ana Manso / Catherine Personage / Marco Pio Mucci / Jacopo Rinaldi / André Romao / Giulio Scalisi / Luca Staccioli / Jennifer Taylor / Hannah Tilson / Ilaria Vinci e con la speciale partecipazione di Alfredo Celaia.

Adam Cruces, To be determined (Oranges), (Orange peel), 2017, courtesy Giorgio Galotti
Ana Manso, little cloud 2, 2016 (painting), couretsy Galleria Umberto Di Marino_ Luca Staccioli, Familiar pics Tinderscape, 2019 (on the background)
Caterina De Nicola, Envy of expression behind useless pain, 2019
Marco Giordano, asnatureintended, 2016
Hannah Tilson, Cut Out #1, #2, #3
Apparatus 22 – SUPRAINFINIT First Aid Uniform (Alberta) – (Enzo), 2019 (detail)
Gaia Di Lorenzo, Writing degree zero, 2019
Davide Mancini Zanchi, Astrazione futile che attrae le zanzare, 2018
Jacopo Rinaldi, My office today, 2019 (detail)