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AUGMENTED IMAGES | Intervista con Rebecca Moccia

"Quello che mi interessa nelle fotografie scattate con una camera termica è la loro capacità di stimolare relazioni materiali e sensoriali. Questo avviene attraverso il visuale, ma non solo. La materialità non è solo una questione di materiali

Intervista di Sara Benaglia e Mauro Zanchi — ‘Augmented Images’

Rebecca Moccia è un’artista la cui pratica transdisciplinare esplora la materialità degli stati percettivi ed emotivi che possono scaturire da determinate caratteristiche dello spazio fisico e sociale. Nel momento in cui la intervistiamo, il suo solo show Ministries of Loneliness, 외로움의지형학 a cura di Soik Jung, Italian Pavilion, rappresenta l’Italia alla 15° Biennale di Gwangju, nella Corea del Sud.

Sara Benaglia + Mauro Zanchi: Ciao Rebecca! Lo scorso 7 settembre (2024) ha inaugurato il Padiglione Italiano alla Biennale di Gwangju con il tuo lavoro Ministries of Loneliness. Il progetto, che nasce come un’esplorazione della reale istituzione del Ministero della solitudine, istituito in Inghilterra nel 2018, include una molteplicità di media: l’installazione audio-video multicanale Ministries of Loneliness (2023-24), le immagini termiche di Cold as you are (202-24) stampate su carta cotone insieme alla decalcomania e grafite su ceramica di Loneliness Scales (2023-24). Com’è articolata la complessità di questo progetto?

Rebecca Moccia: Come avete accennato, il Padiglione Italiano alla 15° Biennale di Gwangju è l’ultimo tassello di una ricerca attorno alla solitudine contemporanea e il suo rapporto con le strutture socio-politiche neoliberali che porto avanti da tre anni e che si è sviluppato in differenti situazioni, contesti culturali e geografici tra cui UK, USA, Giappone ed Italia. Il punto di partenza pratico e simbolico di questo percorso è stato il ministero britannico della Solitudine, istituito nel 2018 e poi replicato in diverse democrazie liberali a seguito dell’epidemia di Covid-19, o nella forma di vero e proprio Ministero/istituzione politica strutturata (come è avvenuto ad esempio in Canada e Giappone) o attraverso la nomina di funzionarə o ambasciatorə della solitudine. 
Per il padiglione, in accordo con la curatrice Soik Jung, abbiamo creato un ambiente transmediale e olistico dove, intrecciati da una rete di strutture in alluminio e di superfici riflettenti, confluiscono tre nuclei di opere che creano un’esperienza sensoriale complessa. 
Il primo nucleo è rappresentato da un’installazione video a sette canali, Ministries of Loneliness. Questo lavoro di non-fiction è stato realizzato sovrapponendo materiali raccolti durante la ricerca, dagli archivi parlamentari, alla letteratura scientifica e narrativa sulla solitudine, alle esperienze e testimonianze dirette e indirette di persone e comunità che ho incontrato. Nello spazio i sette canali corrispondono ad altrettante proiezioni su plexiglass oscurati, visibili da entrambi i lati. L’installazione include un soundscape originale realizzato dal sound-artist e compositore Renato Grieco. 
Il secondo nucleo di opere è composto da una serie di termografie dal titolo Cold as you are, stampate su carta cotone e montate su alluminio, che rappresentano una sorta di reportage emotivo di luoghi, corpi e situazioni incontrate durante tutto il mio percorso attraverso la solitudine contemporanea. 
L’ultimo gruppo di lavori consiste in 120 opere ceramiche, Loneliness Scales, che materializzano e monumentalizzano la Loneliness Scale, un questionario scientifico sviluppato dall’Università della California nel 1978 per valutare il livello di solitudine di un determinato soggetto, e ancora oggi adoperato dai governi. Ho utilizzato questa scala come strumento per iniziare una riflessione critica sulle modalità in cui la solitudine è affrontata oggi, in workshop e momenti di confronto pubblico che ho realizzato durante la ricerca. Ho poi trasposto questi fogli/questionari raccolti, che le diverse persone avevano compilato a volte anche annotando delle cose o lasciando dei messaggi, su delle lastre di ceramica attraverso la tecnica della decalcomania. 
Il Padiglione Italia alla 15esima Gwangju Biennale a cura di Soik Jung, è stato organizzato e prodotto dall’Istituto Italiano di Cultura di Seoul in collaborazione con l’Ambasciata d’Italia in Corea ed il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, la Gwangju Biennale Foundation, la Bomun Welfare Foundation e il Dong-gok Museum of Art con il supporto di Mazzoleni, London – Torino.

Rebecca Moccia, Ministries of Loneliness, 2024. Installation view at Dong-gok Museum of Art. Courtesy the Artist and Italian Pavilion – 15th Gwangju Biennale. Ph. Parker McComb
Rebecca Moccia, Ministries of Loneliness, 2024. Installation view at Dong-gok Museum of Art. Courtesy the Artist and Italian Pavilion – 15th Gwangju Biennale. Ph. Parker McComb
Rebecca Moccia, Ministries of Loneliness, 2024. Installation view at Dong-gok Museum of Art. Courtesy the Artist and Italian Pavilion – 15th Gwangju Biennale. Ph. Parker McComb

SB+MZ: Nei tuoi progetti, la fotografia utilizzata insieme al testo crea una complessità documentale estesa. Il carattere visuale del fotografico spesso è un limite, anche storico, quando si agisce per rispondere a una necessità morale legata alla consapevolezza della propria posizione. Cosa mette in azione il fotografico quando viene ibridato o diffuso in altro? Che relazione c’è tra emozioni e temperatura corporea? La fotografia è un medium visivo o informativo di cui è andata perduta una legenda? 

RM: Per quanto riguarda la mia pratica, non sono interessata alla parte informativa del fotografico. Quello che mi interessa, ad esempio nelle fotografie scattate con una camera termica, è la loro capacità di stimolare relazioni materiali e sensoriali. Questo avviene attraverso il visuale ma non solo, la materialità non è solo una questione di materiali. In queste opere sono in gioco altri sensi, prima di tutto il senso del tatto relativo al ricordo della temperatura e alla superficie dell’immagine, in secondo luogo il nostro senso dello spazio e del contatto con l’ambiente, nonché la nostra esperienza della temporalità.
L’immagine fotografica stessa, stampata su una carta cotone ed installata su un supporto di alluminio, è un oggetto materiale. Un oggetto fisico che nelle mie installazioni è in dialogo con altri elementi, occupa uno spazio, ed è collocato in un determinato luogo, creando così un’esperienza relazionale materialmente situata.
Queste installazioni attraverso le loro qualità materiali, unitamente agli spazi e tempi specifici in cui vengono collocati e le entità umane e non umane che li attraversano, contribuiscono a formare una certa atmosfera che può suscitare una reazione affettiva/emotiva. Questo è il processo a cui mi rivolgo.
Naturalmente, e questo ragionamento si espande a tutto il progetto Ministry of Loneliness, sono anche interessata ad indagare criticamente la duttile e invisibile infrastruttura neoliberale e i sistemi di visione ad essa correlati, che agiscono sulle soggettività con forme di intimate governance, plasmando così emozioni come la solitudine che sono specifiche della nostra contemporaneità e funzionali alla riproduzione del modello neoliberale stesso. In questo senso l’accostamento di un dispositivo militare o industriale come la camera termica ad immagini intime o diaristiche vuole sottolineare e stressare questa relazione.

SB+MZ: Nella tua pratica crei installazioni transmediali in cui esplori la materialità degli stati percettivi ed emotivi. La fotografia è uno degli elementi che utilizzi insieme a immagini in movimento, suoni e oggetti scultorei. Ma ci sono anche elementi effimeri, come la temperatura e la luce, che scardinano parzialmente la dimensione visiva umana, interagendo con il corpo nella sua complessità. Pensiamo in particolare a A Body in Flames (2023). Qual è il limite del visivo (umano/macchinico) e come sei arrivata a lavorare su questa vastità sensoriale e percettiva (spostando, per esempio, una legenda informativa nel materiale compositivo scelto)?

RM: Come esseri umani siamo dotati di una percezione complessa che, nel regime neolibeale della visibilità, è gravemente anestetizzata. Oggi viviamo infatti un appiattimento generale del sensorio nei confronti dell’ottico. Moltissime delle mie opere come reazione/resistenza a questo paradigma ruotano attorno all’ opaco e al nascosto. Sono veramente esperibili solo attraverso la presenza fisica. Spesso costruisco architetture negative o dispositivi che disturbano la visione, sottraendo luce, abbassando la definizione e tradendo la fedeltà delle immagini.
A Body in Flames (2023), arazzo realizzato intrecciando lane e filati plastici in collaborazione con Giovanni Bonotto, incarna a pieno questa attitudine e chiarisce forse ancora di più l’uso che faccio della camera termica. Questo strumento mi interessa per la capacità di raccontare elementi sensibili di determinate situazioni che eccedono il visuale, concorrendo alla creazione della percezione emotiva. Che esso sia affidabile o no in termini di informazione termica per me è irrilevante. La gamma cromatica scelta ed i materiali con cui realizzo le mie opere, tra cui filati che trattengono o disperdono il calore, vanno in questa direzione. Il fatto che l’uso funzionale del dispositivo/macchina sia messo in discussione è importante nella riuscita del processo. 

SB+MZ: Nel film Ministries of Loneliness, ricerca, lettura e testo si sovrappongono costantemente in nuovi livelli di lettura. Dal Ministero delle solitudini ad Hannah Arendt, dal Giappone al Canada, la complessità di layers, anche temporali e spaziali, apre dimensioni laterali di comprensione, ma anche di fuga del pensiero verso altro. Come concepisci l’attenzione verso il tuo lavoro?

RM: Sebbene, se visto dall’inizio alla fine, possa assumere una forma di una visual essay che raccoglie la mia ricerca attorno alla solitudine, in realtà il film/installazione Ministries of Loneliness è stato concepito come un insieme di spazi/momenti in cui lə visitatorə può entrare liberamente e sostare anche solo per 1 o 2 minuti. Quindi non con una linea narrativa fissa. Per espandere questa dimensione, per la mostra del Padiglione Italia ho frammentato la narrazione in 7 canali differenti. Ognuno dei video contenuti nei diversi canali ha una durata dai 2 ai 7 min e può essere visto sia dal fronte che dal retro degli schermi di proiezione.

SB+MZ: Esistono pubblicazioni legate alla tua ricerca?

Un diario della mia ricerca legata alla solitudine insieme al racconto di una prima mostra legato al progetto Ministry of Loneliness, curata da Chiara Nuzzi alla Fondazione ICA Milano, 2023, sono raccolti nella pubblicazione omonima edita da Humboldt Books per la collana Artists’ Travels (Estremo V., Moccia, R., Nuzzi C. Rebecca Moccia. Ministry of Loneliness; 2023, Humboldt Books).
Mentre invece il soundscape dell’installazione è raccolto nel vinile in edizione limitata, Rebecca Moccia & Renato Grieco Ministry of Loneliness Theme, edito da Paint it Black.

Rebecca Moccia, Ministries of Loneliness, 2024. Installation view at Dong-gok Museum of Art. Courtesy the Artist and Italian Pavilion – 15th Gwangju Biennale. Ph. Parker McComb
Rebecca Moccia, The Loners, 2024, Installation views at Cripta747, Torino. Ph. Sebastiano Pellion di Persano. Courtesy the Artist and Cripta747

SB+MZ: Che cosa è la politica in The Loners (2024) e How Often Do You Feel Heard (2023)? Come ti sei spostata tra i due progetti? Hai costruito qui la base per esplicitare la relazione tra loneliness e neoliberalismo? 

RM: La relazione tra solitudine e strutture neoliberali è alla base del mio progetto Ministry of Loneliness, ed è credo sia esplicita in tutti i lavori che ne sono derivati. In particolare, How Often Do You Feel Heard (2023), installazione ambientale composta da ceramica raku e cavo microfonico, è ispirata ad una visita alla House of Commons britannica, ed a una pioggia di microfoni che realmente inonda il parlamento. La vista di questi microfoni mi ha ricordato la crisi della rappresentanza politica in cui l’ascolto scompare, sia nella macchina di registrazione sia nell’astrazione del potere. Ho deciso quindi di lavorare su questa immagine, realizzando un’opera composta da microfoni calcati in ceramica, appesi al soffitto tramite un cavo microfonico. Ad entrambe le estremità del cavo troviamo tuttavia un microfono, anziché un dispositivo d’ascolto. Questo cortocircuito d’ascolto bruciato è enfatizzato dall’utilizzo della tecnica Raku, che prevede la bruciatura dello smalto durante la cottura.
Per quanto riguarda invece The Loners (2024) in questa serie di opere mi sono concentrata sulle architetture elettorali e su una peculiare “solitudine politica” del nostro tempo, come definita da Gaffney analizzando il pensiero di Hannah Arendt (J. Gaffney, Political Loneliness: Modern Liberal Subjects in Hiding, Rowman & Littlefield Publishers, 2020). Si tratta di un tipo di solitudine che si forma quando l’atto ultimo della cittadinanza diventa un voto nascosto e anonimo nelle urne, o un’astensione segreta e disincantata, estranea alla reale partecipazione politica.
A partire dal 2021, ho iniziato a lavorare su un archivio personale di immagini di cabine elettorali di diversi stati, sia cercando di raggiungere i luoghi di voto nei paesi che ho visitato, sia attraverso ricerche online e offline. A partire da queste immagini, ho sviluppato una sorta di tassonomia delle cabine elettorali, per evidenziare l’approccio costitutivo del sistema liberale di rappresentanza politica, e tracciare le particolarità materiali e le forme specifiche di queste architetture temporanee. 
Nell’idea del progetto, le cabine sono state suddivise in diverse tipologie (“self-standing”, “multiple”, ecc.) e associate ad analoghi caratteri umani. Da questa ricerca ho tratto diversi elementi, che sono stati tradotti in cinque sculture che ho presentato per la prima volta in una mostra personale, curata da Iacopo Prinetti ed Elena Bray da Cripta747 a Torino la scorsa primavera. Queste sculture erano per me “lə solitariə”, ibridi tra corpi di elettori e strutture neoliberali. 

SB+MZ: Come mai hai scelto il titolo Umor nero (2019-2023) per una serie composta da carta carbone di diverse dimensioni?

RM: Le opere della serie Umor nero (2019-2023) presentano fogli di carta carbone utilizzati per riprodurre disegni, testi e documenti su diverse superfici in contesti diversi.
La carta carbone conserva una traccia di quei gesti e il disegno sulla superficie, apparendo solo in negativo, risulta incontrollato fino al suo completamento.
Ho dato il titolo Umor nero a questi lavori perché più che disegni sono malinconie di disegni, ricordi di quello che resta di un gesto o un’intenzione. E poi naturalmente per la materia nera di cui sono composti.

SB+MZ: Per concludere, vorremmo guardare alla tua pratica artistica secondo un’etica lavorativa derivata dall’essere tra le fondatrici di Art Workers Italia. In che modo il pensiero collettivo di questo gruppo ha rafforzato la tua pratica? E viceversa, la tua esperienza personale che cosa ha portato al progetto, in termini di necessità e diritti?

RM: AWI – Art Workers Italia è un’associazione nata nel 2020 dallo sforzo di immaginazione politica di un gruppo di lavoratorə dell’arte allo scopo di sensibilizzare il settore sulla necessità di ottenere condizioni di lavoro eque e dignitose per tuttə e per fornire un sostegno concreto in materia etica, politica, legale e contrattuale. Sicuramente da quando esiste AWI percepisco in maniera molto più concreta d’essere parte di una comunità artistica. Inoltre, in questi anni mi sento di dire che la presenza di AWI è stata fondamentale in Italia per acquisire consapevolezza sui nostri diritti e capire come difenderli, e quindi per iniziare a pretendere condizioni di lavoro adeguate.
Questo si rispecchia nella mia pratica perché lavorare meglio permette di rafforzare se stessə ed il proprio lavoro e di alzarne sicuramente la qualità e le ambizioni o anche banalmente poter sperare di continuare a fare questo lavoro in futuro.
La mia esperienza personale, come quella di tuttə lə attivistə di AWI invece, credo sia un punto di partenza fondamentale per conoscere le necessità e le direzioni da intraprendere in un’ottica di supporto reciproco e mutualismo su cui si fonda la stessa esistenza dell’associazione.

Cover: Rebecca Moccia, Ministries of Loneliness, 2024. Installation view at Dong-gok Museum of Art. Courtesy the Artist and Italian Pavilion – 15th Gwangju Biennale. Ph. Parker McComb

Rebecca Moccia, Somewhere in the Room, Mazzoleni Torino, 2023. Ph. Diego Mayon. Courtesy the Artist and Mazzoleni, London-Torino
Estremo V., Moccia, R., Nuzzi C., Rebecca Moccia. Ministry of Loneliness, 2023, Humboldt Books. PH Piercarlo Quecchia
Estremo V., Moccia, R., Nuzzi C., Rebecca Moccia. Ministry of Loneliness, 2023, PH Piercarlo Quecchia
Grieco R. & Moccia R., Ministry of Loneliness Theme, 2024, Paint It Black. Ph. Federico Balmas