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Asolo Art Film Festival | Cosimo Terlizzi ci racconta la 38° edizione (online!)

Anche l’Asolo Art Film Festival, per la sua 38°edizione, ha dovuto scendere a compromessi con le restrizioni  dovute alla diffusine del covid. Emerge con evidenza, dalle parole del Direttore Artistico del Festival, Cosimo Terlizzi, il rammarico per dover dare avvio...

In un futuro aprile – Di Francesco Costabile e Federico Sanovitto

Anche l’Asolo Art Film Festival, per la sua 38°edizione, ha dovuto scendere a compromessi con le restrizioni  dovute alla diffusine del covid. Emerge con evidenza, dalle parole del Direttore Artistico del Festival, Cosimo Terlizzi, il rammarico per dover dare avvio a un Festival che, forse, solo per formalità lo chiamiamo ancora così. “Raggiungere un festival significa spostarsi verso un altro luogo. Abbandonare per un po’ la dimensione privata delle proprie abitudini. Incontrare e prendersi il tempo per conoscere. Penso che il transitare nel web sia un po’ come gettare la spugna. Probabilmente per molti l’arte è solo intrattenimento.”

Dal 20 al 25 luglio sulla piattaforma dell’AAFF si potranno visionare le 57 opere selezionate, di cui 38 in concorso, divise in tre diverse sezioni: la categoria dei FILM SULL’ARTE – selezionati da Milo Adami, Karin Andersen e Raffaella Rivi -, la categoria dei FILM d’ARTE – selezionati da Elena Bordignon e Valeria Raho -, e per i Music Video Michele Faggi.
Anche quest’anno due le selezioni fuori concorso: Affioramenti e la Selezione Speciale Danza. Affioramenti è curata dal direttore artistico Cosimo Terlizzi ed è uno spazio speciale dedicato ai giovani artisti provenienti da università e accademie d’arte, mentre la sezione dedicata alla danza è a cura di Stefano Tomassini.

Giuria d’eccezione per l’edizione 2020, formata dal coreografo e performer  Alessandro Sciarroni, Leone d’Oro alla carriera Biennale Danza 2019;  l’artista Silvia Costa; il regista Marco Bertozzi , la produttrice Federica Maria Bianchi.

Per ulteriori dettagli sulle partecipazioni e il programma online asoloartfilmfestival.com

Elena Bordignon: Gli eventi dell’anno in corso hanno messo a dura prova tutte le manifestazioni culturali. Anche l’Asolo Film Festival ha dovuto dare una diversa dimensione all’appuntamento che avrebbe dovuto prendere avvio lo scorso giugno. Cosa ha significato per te scendere a compromessi con la messa online della manifestazione?

Cosimo Terlizzi: Dovevo entrare in un altro ordine d’idee. Avevo fatto di tutto nel 2019 per dare un volto preciso al festival, reale, fatto d’incontri impossibili, detonatori; fatto d’innamoramenti, litigi, passeggiate, bevute e tanto parlare e osservare. Da un festival si può tornare cambiati. Non sono mai stato fan delle passerelle e dei premi a forma di targhe e coppe, che trovo siano insulti alla dignità dell’artista. Ho pensato alla possibilità di realizzare finalmente qualcosa di coinvolgente e curioso. Il passare online, nell’oceano del web è altro. Non sono sicuro di aver capito di cosa si tratta davvero: è sempre un festival? Fagocitiamo le cose nel web come fossimo iperattivi, senza fermarci e spesso con disattenzione. Raggiungere un festival significa spostarsi verso un altro luogo. Abbandonare per un po’ la dimensione privata delle proprie abitudini. Incontrare e prendersi il tempo per conoscere. Penso che il transitare nel web sia un po’ come gettare la spugna. Probabilmente per molti l’arte è solo intrattenimento. Per me è il senso della vita.

EB: Ho avuto la possibilità di seguire da vicino l’elaborazione di una sezione del Festival, la categoria dei Film d’Arte. Non ti nascondo che a volte ti ho sentito scoraggiato per la ‘piega’ che il festival stava prendendo nei mesi passati. Condividi con noi come hai vissuto la costruzione di questa 38° edizione?

CT: Lo stare chiusi per mesi ha sicuramente amplificato certe nostre fragilità. A ragione. Ma certe opere che ritornano su se stesse, quelle opere che parlano dell’arte senza essere opere finalmente, ecco non le sopporto. È passato il tempo dei cruciverba artistici, dove devi comprendere il rebus che poi è uno scherzo che non fa neanche sorridere. È finito il tempo della barzelletta concettuale se poi a farla è uno sciocco. Ecco ho avuto timore che nell’onda degli iscritti al concorso vi sia stato poco che sentissi autentico e necessario. Ma il vostro lavoro (ricordo che tu stessa sei selezionatrice con Valeria Raho per la sezione Art Film) è servito a filtrare e a raggruppare fortunatamente una magnifica selezione. Ringrazio Milo Adami, Karin Andersen e Raffaella Rivi per le selezioni di Film on art; Michele Faggi per Music Video, Stefano Tomassini per la selezione speciale Danza. Ringrazio le Università in particolare Iuav e Accademia di belle arti di Bologna e Isia di Urbino, gli insegnanti Marco Bertozzi, Piero Deggiovanni, Annalisa Sacchi, Elisa Frasson, Ariadne Mikou e la preziosissima Roberta Bernasconi.

Caravaggio era un maiale – still C – Giacomo Bolzani
BLUE – Di Francesco Thérèse

EB: Avendo visionato la maggior parte delle opere selezionate, ci sono delle tematiche, a tuo avviso, che raccontano la complessità dei tempi che stiamo vivendo? Ricordo che condividevi con noi selezionatori la necessità di trovare delle opere che fossero significative e ‘necessarie’.

CT: Mi concedo di citare le opere italiane che spiccano tra le tante opere straniere. Le cito perché le ritengo tutte forti, trasversali nel linguaggio e con una poetica che trovo agganciarsi al nostro complicato tempo. Un film per sezione. Nella sezione Film sull’Arte due opere, il lungometraggio “Per un futuro aprile” di Costabile e Sanovitto, mi mancava un pezzo della vita di Pasolini, quello legato alla sua adolescenza e l’ho trovato in questo film e desidero ritrovare quella fragranza di vita anche intorno a me; il corto “Caravaggio era un maiale” di Giacomo Bolzani, ho vissuto per 15 anni in Emilia Romagna e non ho mai visto un maiale libero nei campi, allo stato semi brado, mi sono sempre chiesto come fosse possibile non incontrare un maiale nella terra del prosciutto e della mortadella? Prodotti realizzati in tale quantità da arrivare nei posti remoti del pianeta … In Film d’arte: “Blue” di Francesco Thérèse, che mette in scena la vita quotidiana di coppia i cui dialoghi non sono pertinenti alle azioni che fanno ma sono quelli avvenuti dai cosmonauti in questi decenni, un po’ a spostare l’attenzione dal nostro micro spesso stupido mondo terrestre. E spostiamo l’attenzione vi prego!!! In Music video: “Gefror’ne Tränen” di Pop X / Davide Panizza, dove i lieder di Schubert  sono resi, come scrive Michele Faggi, “pop corrotto”, nel video si vede solo il cielo rielaborato visto dalla finestra e due nuvole che lentamente s’incontrano senza toccarsi, un po’ quello che molti di noi hanno provato nei tre mesi chiusi in casa. In Danza: “Darkness” di Sergio Racanati, dove registra quel paesaggio sfilacciato delle periferie urbane e del corpo e questo associare musica stracciata alle palme e al passo di un corpo, sembra coreografia. In Affioramenti: “Supplica a mia madre” di Vito Ancona e Francesco Fazzi, ciò che mi colpisce è la solidità dei corpi, due uomini in una sola inquadratura, in cui avverto sentimenti contrastanti per la posizione iconografica assunta e tutti i significati che ne scaturiscono. Sono ciò che sono.

EB: Curi personalmente la sezione Affioramenti. Mi racconti perché hai voluto questa selezione fuori concorso?

CT: Il periodo degli studi è di per sé sperimentale per la formazione di un artista. Per alcuni potrebbe servire a comprendere che non è quella la strada giusta, per altri invece va a comporre con crescente sicurezza il proprio metodo espressivo e poetico. Ma si tratta di prime tracce. Eppure certe opere realizzate durante i corsi rappresentano primi segni vitali delle creazioni future.
Penso al collettivo Extragarbo, nato a Iuav Teatro e Arti Performative che ha avuto un primissimo palco scenico in occasione dell’edizione passata del festival. Affioramenti è una sezione sperimentale, nel senso stretto della parola. Non è detto che ogni anno ci siano relazioni con le Università o opere selezionabili.

EB: In molte occasioni mi ha parlato della necessità di vivere ‘in presa diretta’ la manifestazione. Capisco che le giornate del Festival siano momenti non solo intensi, ma anche ricche di relazioni, scambio di punti di vista, conversazioni ‘dal vivo’ che arricchiscono un Festival, lo rendono intensamente presente. Cosa ti mancherà delle scorse edizioni del Festival che non potremo condividere quest’anno?

CT – Mi mancherà provocare incontri straordinari, come quando ho visto al bar Silvia Calderoni con Valeria Golino. O come quando Cesare Ronconi ha incontrato il giovanissimo poeta Giorgiomaria Cornelio. E poi Fiorenza Menni dare voce ai pensieri di Eleonora Duse; Philippe Del Drago (direttore artistico del Fifa di Montréal) ballare con noi al live di Mara Oscar Cassiani; osservare gli autori stranieri arrivati dalla Cina, dalla Polonia… mischiarsi con gli studenti. Quest’anno mi sarebbe piaciuto molto incontrare Dacia Maraini e fare in modo che incontrasse per “caso” Eva Geatti (che avrei voluto ascoltare cantare), per esempio.  Mi ritengo comunque fortunato anche quest’anno, nonostante il cambiamento. Abbiamo in Giuria Alessandro Sciarroni, che ritengo uno degli artisti più interessanti del panorama internazionale capace di unire le arti visive alla danza; Marco Bertozzi, che è tra quegli autori che, negli ultimi anni, hanno contribuito alla rinascita del documentario italiano; Silvia Costa, regista e performer che nel suo multiforme percorso collabora anche con Romeo Castellucci. Federica Maria Bianchi, storica dell’arte che ha fondato la casa di produzione Snaporazverein dedicata agli artisti (tra gli altri ha prodotto opere di Masbedo e Michelangelo Frammartino). Non tutto è perduto insomma.

EB: Per questa edizione hai scelto come immagine guida un uomo meditabondo che guarda se stesso allo specchio. Cosa custodisce quest’immagine e quale messaggio veicola?

CT: È stato molto difficile lavorare durante il lockdown, e anche adesso in parte. Devo ammettere che ancora una volta lo Stato italiano delude per un piano B che fa acqua da tutte le parti. Non penso sia colpa solo di questo governo, è un fatto culturale che ci portiamo addosso: diamo per scontato che esistano i lavoratori artisti e che riescano a cavarsela comunque. Nell’immagine che ho scelto dal titolo”Otto”, elaborata dallo studio grafico di Alessandro Saglietti, ho ritratto Manolo Nicolò, performer di Aurora, spettacolo creato da Alessandro Sciarroni. Un corpo possente, albino, con una visibilità ridotta. Appoggia la sua fronte sullo specchio, che riflette se stesso e sembra uno scontro tra due corpi, ma è fermo, statico.

Darkness – Sergio Racanati
Gefror’ne Tränen – Pop X / Davide Panizza
Supplica a mia madre – Vito Ancona e Francesco Fazzi