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Artist-Run Spaces | /77 | Guendalina Cerruti, Stefano Serretta

[nemus_slider id=”58385″] Guendalina Cerruti (1992) Al lato sud di Battersea Bridge, all’inizio del percorso pedonale che costeggia il Tamigi, si trova “In Town” una scultura in bronzo di John Ravera, raffigurante un bambino che, sollevato tra le braccia di un uomo e di una donna, allunga le mani verso un uccellino. La statua si trova […]

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Guendalina Cerruti (1992)

Al lato sud di Battersea Bridge, all’inizio del percorso pedonale che costeggia il Tamigi, si trova “In Town” una scultura in bronzo di John Ravera, raffigurante un bambino che, sollevato tra le braccia di un uomo e di una donna, allunga le mani verso un uccellino. La statua si trova più o meno al centro di una piazza, con le spalle rivolte verso il fiume e di fronte ad un’area più ampia con tre panchine abbastanza distanti tra loro. Le figure formano una sorta di piramide che si unisce nel punto di contatto delle tre; i soggetti sembrano svilupparsi in un’unico contorno con una apertura verso l’esterno data dalle mani tese del bambino. Nell’ultimo anno sono passata davanti a questa scultura quasi ogni giorno, maturando una forte fascinazione nei confronti di questo bambino di bronzo che sembra volersi staccare per allontanarsi ed ho iniziato ad immedesimarmi in questa figura cercando di comprendere le dinamiche che definivano la sua condizione.

“Se la pianta cresce isolata, il fusto si caratterizza fin dalla base dalla presenza di fitti rami, se invece la pianta cresce a contatto con altre piante, il fusto risulta spoglio per gran parte della sua altezza.”

Wikipedia

Ho iniziato così a concentrarmi su queste due immagini in relazione al concetto di inseparabilità tra energia e struttura sviluppato da W. Fairbairn, che definisce l’individuo sin dalla nascita alla ricerca di legami oggettuali; fondamentale anche la Teoria dell’Attaccamento di J. Bowlby, in cui la stessa innata tensione verso l’oggetto descritta da Fairbairn, definisce il comportamento del bambino all’interno di un dualismo tra attaccamento ed esplorazione del mondo circostante. Bowlby osserva che il bambino in presenza della madre inizia ad esplorare coraggiosamente la realtà che lo circonda, ma se la madre lascia la stanza o se il bambino si trova troppo lontano per scorgere la sua figura, inizia a provare un forte senso di catastrofe che lo porta ad interrompere l’esplorazione e a ricercare il contatto di lei. Entrambi gli psicanalisti che ho citato considerano lo sviluppo comportamentale dell’individuo su base affettiva ed essenzialmente legato al mantenimento della relazione. Questo particolare aspetto ne rivela la conflittualità intrinseca, infatti, così come l’abete, ogni individuo,  si definisce all’interno di una relazione mediando due necessità ugualmente fondamentali: quella di esprimere sé stesso e quella di mantenere la relazione e la sua carica affettiva.

Queste riflessioni mi hanno portato a sviluppare un certo senso di rifiuto verso l’idea di contatto. Nonostante questo rifiuto non potesse comunque prescindere dalla naturale tensione verso l’altro. Spinta da questo sentimento contrastante tra attrazione e rifiuto ho iniziato a comprendere la mia fascinazione nei confronti della scultura di Battersea e del “comportamento” degli abeti, e ad interiorizzare queste immagini come archetipi del pensiero che definisce il punto di contatto come luogo di nascita del conflitto.

Guendalina Cerruti,   ,   Studio della scultura di Battersea
Guendalina Cerruti, , Studio della scultura di Battersea

Stefano Serretta —

Stefano Serretta, classe 1987, prima di intraprendere gli studi artistici si laurea in Storia moderna e contemporanea all’Università di Genova.

Questi studi preliminari diventano una possibile base per la sua ricerca. Serretta attinge informazioni dagli eventi contemporanei, dalla notizia, ma sempre nella sua fase più critica e di messa in discussione, da una domanda sulle conseguenze e sul nostro rapporto con essa, sul nostro rapporto con la storia, sul nostro lascito alle prossime generazioni. Le tematiche non hanno geografie, Stato Islamico, economia cinese, amianto nella ex fabbrica fibronit di Bari, trovano un nuovo punto in comune nel modo in cui, trasformandosi in storia, si rapportano con chi vive, studia, lavora a Milano, in Italia, in Europa. Il lavoro di Stefano ci porta a decentralizzarci: ogni scenario locale non può che tenere conto del posizionamento all’interno del “sistema globale”, non può alienarsi da sistemi di connessioni che essi siano di valore economico/politico/sociale.

Che cosa ci ricorderemo di questo 2016? Che cosa ci dimenticheremo?

Necessaria è sicuramente una visione il quanto più lucida del presente, cosa che Serretta riesce sempre a restituire all’interno della propria produzione. Nonostante prenda come punto di partenza una complessa stratificazione mediatica tipica di un panorama politico e sociale fatto di interconnessioni che spostano, come dicevamo, dal locale al globale e viceversa, l’artista restituisce formalmente una soluzione semplice e impeccabile, chiarificatrice, avente come sottofondo uno spiccato senso ironico.

Stefano rende proprie notizie che sembrano sempre estremamente lontane da noi, con le quali tendiamo ad avere un rapporto distaccato e distante, assimilandole tramite un forte processo di avvicinamento, nel quale inserisce parti del proprio background e della propria storia e cultura; utilizza perciò dalla calligrafia alla stampa serigrafica, aggiungendo un preponderante carattere manuale e umano. Ciò che ne risulta è una forte tensione, estremamente educata nella forma ma prepotente nelle connessioni di senso che riesce a creare.

Stefano Serretta,   Rope-a-Dope 2016 penna su muro 60 x 28 cm intervento site specific
Stefano Serretta, Rope-a-Dope 2016 penna su muro 60 x 28 cm intervento site specific

/77 è un collettivo di artisti composto da Giulia Ratti, Alessandro Moroni, Nicole Colombo e Luca Loreti.

L’intento del collettivo è di realizzare collaborazioni e progetti che coinvolgano giovani artisti, senza esperienze espositive importanti alle spalle. Il nostro interesse principale è quello di stimolare un dibattito collettivo sul lavoro e la ricerca dei singoli artisti anche e soprattutto al di fuori dell’ambito espositivo. /77 si propone di essere il miglior contesto possibile in cui mostrare, documentare, progettare, confrontarsi e discutere del proprio lavoro.

Il nostro interesse principale sono la sperimentazione e la ricerca. Lo spazio fisico diviene un luogo in cui le opere sono ancora in potenza, un laboratorio dove le idee sono in fase di sviluppo. Con il nostro lavoro stiamo creando un network fra artisti, opere, nonché istituzioni che mantengano sempre vivo il dibattito sull’arte contemporanea e sull’attualità. La nostra pratica consiste nel comprendere ed andare incontro alle esigenze dei giovani artisti offrendo loro la possibilità di sviluppare progetti che gli permettano di approfondire in modo significativo la loro ricerca.

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