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Immancabilmente ogni anno – ma potremmo anche pensarla come l’ennesima occasione stagionale – c’è sempre un gran parlare degli spazi no-profit, raccontati spesso come ‘termometro’ della qualità delle proposte di un luogo. In effetti, gli spazi ‘indipendenti’ sono dei luoghi dove (in teoria) si rastrellano artisti sul nascere, dove si sperimenta e dove (sempre in teoria) le proposte artistiche non hanno filtri o, detta in un altro modo, dove le intenzioni degli artisti non scendono a compromessi con ‘regolette’ di mercato che, inevitabilmente, mettono dei paletti alla creatività.
Pensiamo che questi spazi – che vi presenteremo in queste giornate calde e vacanziere – siano dei luoghi di resistenza, di freschezza propositiva; dove, spesso con mezzi a dir poco di ‘recupero’, riescono a rivelarci quelli che (si spera) possano diventare degli artisti riconosciuti soprattutto internazionalmente.
Abbiamo chiesto a una selezione (non esaustiva ma soddisfacente) di spazi – FANTA (Milano), Edicola Radetsky (Milano), T Space (Milano), 77 (Milano), Mars (Milano), Tile Project Space (Milano), The Workbench (Milano), Treti Galaxie (Torino), Space4235 (Genova), Ascensore (Palermo), FLIP (Napoli), 63rd and 77th steps (Bari) – di presentare tre artisti con cui hanno collaborato o collaboreranno nei prossimi mesi. L’obiettivo, dunque, è presentare una nuova generazione di artisti (bravi) seguiti da altrettanti spazi (vitali) per la crescita di nuovi talenti.
La preponderante maggioranza di spazi milanesi forse la dice lunga su due aspetti: che Milano è ancora catalizzatrice per gli artisti provenienti un po’ da ovunque, attratti non solo dalle proposte artistiche (ricordiamo che a Milano non c’è un museo d’arte contemporanea), ma soprattutto dai personaggi che ancora contano nel mondo dell’arte, i curatori (di casa in città o di passaggio). Il secondo aspetto, invece, un po’ demoralizzante, è che in città come Bologna, Venezia e Roma non si contano realtà attuali significative. Probabile che siamo stati poco informati, o peggio, distratti, sulle nascenti (e rilevanti) realtà no-profit sparse per il resto d’Italia…
Iniziamo il nostro tour da Bari, con 63rd-77th STEPS e l’artista Foreveradaforever (New York, 1992).
63rd-77th STEPS è un artist run space fondato e gestito dall’artista Fabio Santacroce, a partire da un segmento di scala condominiale (tra il 63° e 77° gradino), all’interno di un palazzo dei primi del Novecento a Bari. Alle prime mostre site specific, allestite sui quindici scalini a cui il nome fa riferimento, sono susseguite mostre off-site e online, intese come estensione fisica e metaforica dell’Art Project Staircase. 63rd-77th STEPS indaga e sprona i limiti e le potenzialità della periferia, ridefinendo le sue coordinate spazio-temporali.
www.63rd77thsteps.com
Foreveradaforever (New York, 1992). Vive e Lavora a New York
Foreveradaforver è una ragazza che vive nei quartieri alti con la madre. È impegnata a rimescolare e ad assemblare la persona che vorrebbe essere, fuori dai frammenti del suo passato. È una ragazza uptown in un mondo downtown, che scivola giù nella memoria all’interno di un taxi, al sicuro. Oppure è nostalgicamente intenta a fissare lo spazio, immaginando un paio di jeans che la trascinino indietro nel suo passato, mentre cammina verso il futuro. Lei sa perfettamente che deve andare avanti. Ma dove? Questa non è mai la questione. Il punto al quale guardare è lo spazio tra qui e lì. A come si può arrivare. È tutto quello che c’è. E alla fine non è una decisione o una scelta. È quello che sei. L’ombra è la verità.
63rd – 77th STEPS is a project space for contemporary art founded and run by the artist Fabio Santacroce. It is incorporated on the last segment of a communal staircase (between the 63 ° and the 77 ° step), inside a building from the beginning of the XX century in Bari. Site-specific exhibitions are alternated with off-site and online projects meant as physical and metaphorical extensions of this residual place. 63rd-77th STEPS strains and investigates the limits and potentialities of the periphery, redefining its spatial and temporal framework within a hyper-connected, hegemonic geography
Foreveradaforever (New York, 1992). Lives and works in New York
Foreveradaforver is a girl who lives uptown with her mom. She’s scrambling to assemble the person she wants to be out of the fragments of her past. She’s an uptown girl in a downtown world, gliding down memory lane within the safety of a cab. Or longingly staring out into space imagining a pair of jeans that trails behind her into the past as she walks into the future. She knows she must move on. Where to? That’s never the question. The look is the space between here and there. The look is how she gets there. It’s all there is. And in the end, it’s not a decision or a choice. The look is who you are. The shade is the truth.