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ARTISSIMALIVECHAT — Artissima 2017 — Part three

#ArtissimaLiveChat è la sezione di ArtissimaLive che ha ospitato una selezione di curatori emergenti italiani – invitati da Elena Bordignon e Mattia Solari – a cui è stato chiesto di esporre il proprio punto di vista sulla fiera e sulla offerta curatorale che...

#ArtissimaLiveChat è la sezione di ArtissimaLive che ha ospitato una selezione di curatori emergenti italiani – invitati da Elena Bordignon e Mattia Solari – a cui è stato chiesto di esporre il proprio punto di vista sulla fiera e sulla offerta curatorale che questa ha proposto nelle giornate dal 3 al 5 novembre 2017.
Nelle interviste che seguono scopriremo cosa le giovani leve della curatela italiana pensano di questa edizione di Artissima. Emergono le loro impressioni e alcune notevoli osservazioni per poter migliorare alcuni aspetti della grande kermesse torinese da poco conclusa.

Lucrezia Calabrò Visconti

Lucrezia Calabrò Visconti (Desenzano del Garda, 1990) è curatrice indipendente e co-fondatrice di CLOG, Torino. Sarà la curatrice della Biennale for Young Art di Mosca nel 2018 e ha concluso il programma curatoriale di De Appel, Amsterdam nel 2017. A partire dal 2018 sarà la coordinatrice del programma di residenza per giovani curatori stranieri della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino. Precedentemente ha lavorato come consulente artistica per Artissima, Torino; assistente curatrice per “Tutttovero” di Francesco Bonami, Castello di Rivoli e GAM, Torino e “Shit and Die” di Maurizio Cattelan, Myriam Ben Salah e Marta Papini, Palazzo Cavour, Torino; TOILETPAPER Magazine e Le Dictateur, Milano. Calabrò Visconti si è laureata in Arti Visive e dello Spettacolo, IUAV, Venezia; ha frequentato CAMPO12, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino e ha completato un tirocinio curatoriale presso Artists Space, New York. Scrive per riviste di arte e cultura contemporanea e i suoi progetti più recenti includono: “Why Is Everybody Being So Nice?”, De Appel, Amsterdam, “Goodbye, See You After the Revolution!”, UvA, Amsterdam, “Dear Betty: Run Fast, Bite Hard”, GAMeC, Bergamo.

Artissima è riconosciuta, nel panorama internazionale, come una delle fiera dove emerge un’attenzione particolare per l’aspetto curatoriale. Prima con Andrea Bellini, poi con Francesco Manacorda e Sara Cosulich, e ora con Ilaria Bonacossa, Artissima ha sviluppato molti progetti e mostre degne di nota. A tuo parere, è giustificata l’importanza della pratica curatoriale dentro ad un sistema fiera? Perché?
L’attenzione curatoriale di Artissima e la sperimentazione estrema del format fieristico e espositivo hanno portato una qualità e quantità di attenzione diverse da quelle che avrebbe ricevuto una fiera più tradizionale. Di questo hanno beneficiato le dinamiche culturali cittadine, nazionali e internazionali, ma anche (e di conseguenza) l’ambizione commerciale della fiera: la spinta dedicata alla ricerca curatoriale mette “sulla mappa internazionale” una città periferica e una fiera comunque relativamente piccola, che altrimenti sarebbero difficilmente inserite in circuiti internazionali (ripeto, culturali come commerciali) come quelli di cui fa parte Artissima. Senza romanticizzare troppo, penso sia un esempio sostanzialmente virtuoso e decisamente auto-esplicativo di come una ricerca rigorosa a livello curatoriale e artistico possa produrre valore e attenzione a livello commerciale.
Entrando nel merito di questa edizione, quale sezione della fiera ti ha particolarmente colpito?
Questa edizione mi è sembrata forse non troppo coraggiosa se parliamo di lavori specifici (in termini soprattutto di riflessione sul display), ma estremamente precisa e interessante nella scelta delle gallerie. Ho apprezzato molto le New Entries, che in molti casi hanno presentato stand con un approccio curatoriale che si esponeva con più rischio degli altri anni, dimostrando una consapevolezza crescente verso le possibilità e le urgenze che una fiera come Artissima può attivare.
Se dovessi fare una lista – anche se approssimativa – di gallerie che hanno dato prova di ottime proposte, chi citeresti?
Ho girato la fiera con Caterina Molteni e abbiamo fatto una macro-lista collettiva con le gallerie che sono piaciute ad entrambe, quindi rimando alla risposta a questa domanda nella sua intervista!
Se dovessi rilevare un aspetto della fiera che andrebbe potenziato, quale sarebbe? In particolare di questa edizione di Artissima, ma anche in generale nel sistema fieristico dell’arte contemporanea.
Penso che la spinta alla radicalità e alla sperimentazione di Artissima potrebbe attivare una riflessione anche più apertamente concentrata sul rapporto tra curatela e mercato. È davvero raro trovare una piattaforma dove poter sperimentare e discutere di modelli economici nuovi, o dove confrontarsi apertamente su come e dove i grandi flussi di denaro si muovono nel nostro ambito, e di come questo influenzi il sistema nella sua interezza. I progetti curatoriali in fiera sono sempre di grande qualità (penso quest’anno a Deposito d’Arte Italiana Presente di Vittoria Martini e al Piper di Paola Nicolin), ma spesso potrebbero avere altrettanta forza in un contesto espositivo diverso. Invece, in un momento storico in cui i limiti e le differenze tra formati espositivi diversi (biennali, mostre, musei, gallerie, fiere) si fanno sempre più labili, sia in senso di pratica espositiva che di spinta curatoriale, penso sarebbe interessante e molto urgente affiancare a progetti curatoriali di qualità anche una riflessione della fiera su se stessa nel senso del mercato dell’arte e il suo funzionamento, fatta con lo stesso approccio di ricerca all’avanguardia e sperimentazione che la fiera ha sempre avuto a livello curatoriale in senso più ampio. Sarebbe tra l’altro probabilmente un approccio molto più politico di qualsiasi riferimento aneddotico alla società contemporanea fatto dagli artisti in fiera.
Molti artisti pensano che è svilente partecipare con la propria opera ad una fiera. Sei concorde con questa opinione? Oppure pensi che la fiera dia molta visibilità e una maggior esposizione commerciale?
Dirò delle banalità ma penso sia necessario contestualizzare questa domanda rispetto al tipo di ricerca che fa l’artista, alla pratica della galleria, all’approccio della fiera. Gli artisti esposti nelle sezioni di Artissima sono gli stessi che vengono esposti in istituzioni museali, spazi indipendenti, progetti espositivi internazionali, e molte persone girano la fiera come girerebbero una biennale, per il semplice fatto di poter fruire un grande numero di lavori in uno spazio-tempo iper-concentrato. In questa grande confusione di dispositivi e formati, non penso che sia svilente il fatto di per sé di esporre in fiera, penso sia piuttosto necessario munirsi di molta onestà intellettuale e tutelare prima di tutto l’identità e la qualità del lavoro, in fiera come in tutte le altre situazioni più o meno svilenti che quel lavoro incontrerà inesorabilmente nella sua esistenza (che si parli di ambito commerciale, no-profit, iper-istituzionale, indipendente, privato o pseudo-anarchico penso che il rischio dello svilimento sia sempre dietro l’angolo, in forme e modi spesso sorprendenti e che possono soddisfare davvero tutti i gusti).
Idealmente, cosa inseriresti – sezioni, temi, spazi ecc. – nelle attuali fiere d’arte contemporanea? In particolare ad Artissima?
Come dicevo prima, penso sarebbe interessante affiancare alla sperimentazione curatoriale una riflessione strutturale della fiera sul formato commerciale, che si nutra dell’approccio rigorosamente di ricerca di Artissima e del contesto iper-specifico della fiera per porre delle questioni che difficilmente potrebbero essere trattate altrove con la stessa forza. Porsi intelligentemente delle domande su quali siano la specificità e l’urgenza di portare un progetto, un artista, un tema in fiera invece che in un altro ambito espositivo è sempre stato un punto di forza di Artissima, e l’ambito commerciale è un grande tabù del nostro mondo che penso un contesto come quello di una fiera così sperimentale potrebbe provare a scalfire.

Martina Sabbandini

Nata a Udine, vive e lavora a Parigi, Martina Sabbadini è curatrice e ricercatrice. Dopo una formazione in curatela, si è laureata nel programma sperimentale in Arte e Politica (SPEAP) a SciencesPo diretta da Bruno Latour. Attualmente sta sviluppando una ricerca sulle ‘opere d’arte viventi in collaborazione con il Centro internazionale d’arte e del paesaggio Ile de Vassivière e si interessa alle correlazioni tra specie e ambiente. Di base a Parigi da diversi anni, collabora dal 2014 con il curatore Ami Barak su svariati progetti in Francia e all’estero.

Artissima è riconosciuta, nel panorama internazionale, come una delle fiera dove emerge un’attenzione particolare per l’aspetto curatoriale. Prima con Andrea Bellini, poi con Francesco Manacorda e Sara Cosulich, e ora con Ilaria Bonacossa, Artissima ha sviluppato molti progetti e mostre degne di nota. A tuo parere, è giustificata l’importanza della pratica curatoriale dentro ad un sistema fiera? Perché?
Sì, le mostre permettono di vedere le opere in un contesto più ampio rispetto ad un singolo lavoro in uno stand e di contestualizzare la ricerca degli artisti presenti in fiera (e non solo). Credo inoltre che quest’aspetto attiri un pubblico più vario e faccia si che la fiera non sia solo un luogo di vendita, ma anche uno spazio di condivisione e di ricerca artistica e curatoriale.
Entrando nel merito di questa edizione, quale sezione della fiera ti ha particolarmente colpito?
Sono stata più colpita dalle tre sezioni curate. Back to the Future è la mia preferita. Penso per esempio alla cinematografica e surreale Série Noire di Jacqueline de Jong, alle opere legate al consumismo di Marion Baruch, alla costellazione di opere monumentali di Beverly Pepper, alle analogie tra corpo femminile e architettura dei lavori di Marilena Preda-Sânc, alla variopinta Time Capsule di Nathalie Du Pasquier che fronteggia gli altrettanto variopinti peli pubici femminili delle fotografie di Esther Ferrer … insomma, molte artiste donne (e non solo) incredibili che meritano di essere celebrateTra le proposte più interessanti di Present Future l’installazione di Cally Spooner, una vera e propria secchiata d’acqua fredda all’ingresso della fiera, l’agglomerato di minerali biomorfi di Salvatore Arancio e la struttura ibrida di Nicolás Lamas.
Mi è piaciuta molto anche la nuovissima e sorprendente sezione dedicata al Disegno declinato in molte delle sue sfaccettature dalla carta da parati (Patrizio di Massimo) a un cabinet de curiosités pieno di appunti e progetti che indagano il rapporto uomo-natura all’epoca dell’Antropocene (Mark Dion).
Se dovessi fare una lista – anche se approssimativa – di gallerie che hanno dato prova di ottime proposte, chi citeresti?
Tutte le gallerie dei progetti precedentemente citati. Inoltre, gli stand che mi hanno particolarmente colpito sono quelli di Isabella Bortolozzi, lo spazio intergenerazionale della famiglia Minini, Jocelyn Wolff, Boccanera, lo stand ibrido (tra Preset Future e New Entry) di Michalski.
Se dovessi rilevare un aspetto della fiera che andrebbe potenziato, quale sarebbe? In particolare di questa edizione di Artissima, ma anche in generale nel sistema fieristico dell’arte contemporanea.
Ad Artissima, migliorerei la coordinazione fra la programmazione di walkie talkies, conferenze e panel che ho trovato un po’ dispersive. Quello che manca del tutto quest’anno e che rimpiango rispetto alle precedenti edizioni, è un ciclo di performances (Ripenso per esempio alle belle proposte del collettivo olandese If I Can’t Dance, I Don’t Want To Be Part of Your Revolution dell’anno scorso).
Molti artisti pensano che è svilente partecipare con la propria opera ad una fiera. Sei concorde con questa opinione? Oppure pensi che la fiera dia molta visibilità e una maggior esposizione commerciale?
Certo che no. Cari artisti che pensate sia svilente partecipare a una fiera, non c’è nulla da temere!
Idealmente, cosa inseriresti – sezioni, temi, spazi ecc. – nelle attuali fiere d’arte contemporanea? In particolare ad Artissima?
Lavorerei di più sulla programmazione affinché la fiera possa coinvolgere maggiormente la città grazie, per esempio, a delle performances, installazioni nello spazio pubblico o ad altre collaborazioni con delle istituzioni locali. Un’altra cosa che aggiungerei, è una sezione dedicata agli spazi indipendenti – artist-run spaces .

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#ArtissimaLive 2017
#ArtissimaLive 2017

Bruno Barsanti

Bruno Barsanti è nato a Bari nel 1982. Curatore indipendente, è laureato in Economia per le Arti, la Cultura e la Comunicazione (Università Bocconi, Milano) e nel 2012 ha partecipato alla prima edizione di CAMPO, corso per curatori della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo.
Ha collaborato con istituzioni e gallerie d’arte contemporanea in Italia e all’estero, affiancando all’attività di curatore quella di coordinamento e produzione di progetti espositivi ed editoriali. A partire dal 2010 ha ideato e curato mostre e progetti d’arte pubblica operando spesso in spazi non convenzionali, quali ad esempio il porto vecchio di Bari (amarelarte, 2011); nel 2013 ha curato la mostra NOISE, evento collaterale della Biennale di Venezia. Dal 2014 collabora con la Galleria Franco Noero e nel 2016 è entrato a far parte del nuovo comitato curatoriale di The Others.

Artissima è riconosciuta, nel panorama internazionale, come una delle fiere dove emerge un’attenzione particolare per l’aspetto curatoriale. Prima con Andrea Bellini, poi con Francesco Manacorda e Sara Cosulich, e ora con Ilaria Bonacossa, Artissima ha sviluppato molti progetti e mostre degne di nota. A tuo parere, è giustificata l’importanza della pratica curatoriale dentro a un sistema fieristico? Perché?
Si, assolutamente. Portare la pratica curatoriale all’interno di una fiera permette di costruire un discorso più ampio riguardo al sistema dell’arte e dunque di arricchire l’esperienza dei visitatori, collezionisti in primis. Rendere esplicite alcune connessioni tra opere e pratiche e metterle in relazione tra loro – più di quanto questo possa già accadere all’interno di uno stand – favorisce uno sguardo più organico sulle proposte e porta a considerare le opere stesse come parti di una costellazione piuttosto che come universi isolati. In altre parole la pratica curatoriale all’interno di una fiera fornisce più spunti ed elementi di valutazione ai collezionisti (e in generale ai visitatori) e rende meno monotona l’esperienza globale dell’evento.
Entrando nel merito di questa edizione, quale sezione della fiera ti ha particolarmente colpito?
Il Deposito D’Arte Italiana Presente è la sezione che più mi ha colpito, anche alla luce di quanto appena detto.
Se dovessi fare una lista – anche se approssimativa – di gallerie che hanno dato prova di ottime proposte, chi citeresti?
Premesso che quest’anno ho trascorso meno tempo in fiera rispetto agli altri anni e che non ho potuto vedere tutti gli stand, direi Unimediamodern con il solo show di Philip Corner, Carbon 12, KOW, Balzer Projects, Sprovieri, Acappella e Car DRE.
Se dovessi rilevare un aspetto della fiera che andrebbe potenziato, quale sarebbe? In particolare in questa edizione di Artissima, ma più in generale anche nel sistema fieristico dell’arte contemporanea.
All’interno della fiera si potrebbe lavorare sulla configurazione degli spazi cercando una maggiore fluidità del percorso espositivo e un maggior collegamento tra le diverse sezioni collaterali, che al momento sono troppo periferiche o troppo centrali, con il risultato che la grande infilata di gallerie della Main Section risulta a tratti impegnativa da percorrere. Un aspetto che va sicuramente migliorato è quello della ristorazione, non all’altezza di una grande manifestazione (stesso suggerimento andrebbe dato alla Società Autostrade!). All’esterno della fiera e in linea più generale, sarebbe utile potenziare la comunicazione tra le diverse iniziative che si svolgono a Torino nella settimana dell’arte, in altre parole fare più rete e aumentare il livello d’integrazione con la città, come avviene per molte delle maggiori fiere internazionali. L’istituzione di una navetta che collega Artissima con le altre manifestazioni satellite può essere vista come un primo passo in questa direzione.
Molti artisti pensano che è svilente partecipare con la propria opera ad una fiera. Sei concorde con quest’opinione? Oppure pensi che la fiera dia molta visibilità e una maggior esposizione commerciale?
Penso che si tratti di un pregiudizio ormai superato, o perlomeno in via di superamento. Oggi molti artisti oggi sono ben contenti di esporre nelle fiere, a maggior ragione se consideriamo la natura sempre più “curatoriale” di alcune manifestazioni e la presenza sempre più numerosa, al di là dei collezionisti, di addetti ai lavori quali direttori di musei, curatori e critici. Oltre a garantire visibilità ed esposizione commerciale, in alcuni casi partecipare a una fiera può portare a nuovi incontri e nuovi stimoli per un artista. Ovviamente molto dipende dalla fiera in questione.
Idealmente, cosa inseriresti – sezioni, temi, spazi ecc. – nelle attuali fiere d’arte contemporanea? In particolare ad Artissima?
Nel contesto attuale sarebbe interessante pensare a un focus o un approfondimento sulla relazione tra arti visive e cibo, quest’ultimo inteso come vero e proprio medium più che come tema. Sarebbe inoltre molto suggestiva, sebbene tecnicamente non semplice da realizzare, una sezione dedicata al suono.

Fantaspazio

Fanta Spazio è uno spazio no profit fondato nel 2015 da Alberto Zenere, Gloria De Risi e Alessio Baldissera.

Artissima è riconosciuta, nel panorama internazionale, come una delle fiere dove emerge un’attenzione particolare per l’aspetto curatoriale. Prima con Andrea Bellini, poi con Francesco Manacorda e Sara Cosulich, e ora con Ilaria Bonacossa, Artissima ha sviluppato molti progetti e mostre degne di nota. A tuo parere, è giustificata l’importanza della pratica curatoriale dentro a un sistema fieristico? Perché?
Pensiamo che la presenza curatoriale sia un elemento importante e un valore aggiunto per la costruzione dell’identità di una fiera. Progetti curati danno la possibilità di far nascere dialoghi interessanti e di presentare al meglio le opere. Nello specifico di Artissima la presenza di comitati curatoriali che fanno una selezione sugli artisti prima che sulle gallerie che li rappresentano, come in Back to the Future e Present Future, garantisce uno sguardo attento e che va al di la della sola logica commerciale.
Entrando nel merito di questa edizione, quale sezione della fiera ti ha particolarmente colpito?
La sezione Disegni, nuova aggiunta di questa edizione, ci è piaciuta molto. Back to the Future e Present Future rimangono, per i motivi sopra citati, le sezioni più interessanti della fiera.
Se dovessi fare una lista – anche se approssimativa – di gallerie che hanno dato prova di ottime proposte, chi citeresti?
Diremmo: Vistamare (Pescara), Madragoa (Lisbona), Jocelyn Wolff (Parigi), KOW (Berlino) ed Ermes Ermes (Vienna).
Molti artisti pensano che è svilente partecipare con la propria opera ad una fiera. Sei concorde con quest’opinione? Oppure pensi che la fiera dia molta visibilità e una maggior esposizione commerciale?
È indubbia l’esposizione commerciale e la visibilità che una fiera ai giorni nostri possa dare a un artista, se non altro per la grande quantità di diverse figure del sistema dell’arte che riesce a concentrare in un unico luogo. Sicuramente una presentazione in fiera non può essere complessa come una mostra, detto questo non pensiamo che partecipare a una fiera sia svilente ma anzi potrebbe essere un’opportunità per immaginare progetti specifici, soprattutto nel caso di presentazioni monografiche o progetti curati.
Idealmente, cosa inseriresti – sezioni, temi, spazi ecc. – nelle attuali fiere d’arte contemporanea? In particolare ad Artissima?
Le fiere sono delle macchine cosi complesse e hanno ormai sviluppato sezioni e programmi talmente variegati che ci è difficile in questo momento immaginare sezioni aggiuntive.

#ArtissimaLive 2017
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