ATP DIARY

#ArtissimaLive | IN MOSTRA | Intervista con Simone Menegoi

[nemus_slider id=”60198″] — corpo.gesto.postura è il titolo della mostra curata da Simone Menegoi, nella sezione IN MOSTRA che Artissima dedica ai progetti espositivi a tema. Dopo Stefano Collicelli Cagol, ora è il turno del curatore veronese mettersi alla prova con il non facile spazio fieristico. Come racconta Menegoi nella conversazione che segue, “credo che non sia […]

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corpo.gesto.postura è il titolo della mostra curata da Simone Menegoi, nella sezione IN MOSTRA che Artissima dedica ai progetti espositivi a tema. Dopo Stefano Collicelli Cagol, ora è il turno del curatore veronese mettersi alla prova con il non facile spazio fieristico. Come racconta Menegoi nella conversazione che segue, “credo che non sia impossibile far coesistere una fiera e una mostra: se l’argomento è avvincente, se l’allestimento è leggibile, se c’è una chiara demarcazione rispetto al resto della fiera, una mostra ha senz’altro una chance di essere visitata, e anche con una certa attenzione.”
Come taglio tematico, il curatore ha scelto un argomento già indagato in un suo precedente progetto, legato alla figura umana e sull’esplorazione del corpo nell’arte. Tutte le opere selezionate sono provenienti sia da alcuni tra i maggiori musei e fondazioni in Piemonte che da importanti collezioni private.  

ATP: Dopo due anni in cui hai curato il progetto Per4m per Artissima, per questa edizione ti cimenti in quella che, senza giri di parole, considero una prova molto difficile: curare una mostra in fiera. Luogo dispersivo, denso, dominato dalla velocità e spesso dalle continue distrazioni, considero il  luogo espositivo di una fiera il meno adatto per concentrare dei concetti ‘discorsivi’. Funziona, per paradosso, l’opposto. Quando degli stand ‘privati’ si protendono verso la curatela vengono osannati, all’opposto, quando si presenta una mostra senza fini commerciali, è spesso giudicata come una ‘prova’, un esperimento. Mi dai un tuo punto di vista – a prescindere dal tuo progetto – dello spazio che le fiere dedicano alle mostre?

Simone Menegoi: In generale, concordo con te. È senz’altro una sfida fare una mostra in una fiera, per i motivi che hai elencato. Ma lo è anche presentare una performance, e più ancora una rassegna di performance. Eppure l’accoglienza che il pubblico di Artissima ha riservato alle prime due edizioni di Per4m è stata calorosa, e l’attenzione degli spettatori ha spesso accompagnato i pezzi dall’inizio alla fine. A volte succede…
In linea di principio, credo che non sia impossibile far coesistere una fiera e una mostra: se l’argomento è avvincente, se l’allestimento è leggibile, se c’è una chiara demarcazione rispetto al resto della fiera, una mostra ha senz’altro una chance di essere visitata, e anche con una certa attenzione. Ti ricordo quanto sia stato vivace l’interesse degli spettatori per la prima edizione di In Mostra, curata (in modo molto intelligente) da Stefano Collicelli Cagol. C’era così tanta gente che voleva visitare la mostra, che a un certo punto si rese necessario regolare gli ingressi. Non è un caso: Artissima è una fiera speciale, la cui identità è legata all’offerta culturale non meno che alla parte commerciale. E questa offerta culturale costituisce un motivo di interesse fondamentale per il grande pubblico, quello dei non addetti.

ATP: Per entrare nel merito della mostra corpo.gesto.postura. Il progetto è incentrato sulla figura umana e sull’esplorazione del corpo nell’arte. Mi sintetizzi quali sono i riferimenti da cui sei partito e i tagli concettuali che hai seguito per la scelta delle opere?

SM: Sono partito da un interesse di vecchia data, quello per le ricerche che, dagli anni Sessanta in poi, hanno concepito la scultura come estensione del corpo, e il corpo come scultura. La mostra che avevo curato nel 2014 sulla “scultura performativa” in Italia (Le statue calde, Museo Marino Marini, Firenze) è stata, in questo senso, la premessa di tutto il progetto: la parte centrale di corpo.gesto.postura riprenderà alcune intuizioni della mostra fiorentina, prima fra tutte l’idea di accostare sculture figurative e corpi viventi, impegnati ad attivare opere performative. Non a caso le due mostre hanno alcuni artisti in comune, e perfino un’opera specifica (la Struttura per parlare in piedi di Pistoletto).
A partire da questo nucleo centrale, la mostra si è espansa – in senso quantitativo e tematico – grazie all’incontro con le opere delle collezioni, che hanno suggerito piste e riferimenti diversi, tutti legati al corpo e alle sue interpretazioni. Mi sono trovato allora a rileggere i testi su Rodin di Rosalind Krauss e Jacques Rancière, o a ripensare alla formidabile lezione curatoriale che Mike Kelley ha impartito con The Uncanny, la sua mostra sulla scultura figurativa. E ho cominciato a selezionare opere diversissime per tecnica, periodo e formato, ma che condividevano alcune caratteristiche di fondo: per esempio, il fatto di escludere il viso, o di subordinarlo al corpo nel suo insieme; oppure di concentrarsi su parti di esso considerate tradizionalmente poco espressive, come la schiena. Nel complesso, credo che la mostra faccia emergere un’idea di corpo anti-narrativa e anti-psicologica: il corpo come superficie relativamente opaca rispetto alle intenzioni e agli stati emotivi del soggetto.

MARGHERITA MANZELLI NIENTE PIANTI IN PUBBLICO – ANTIBIOTICI,   1998 OIL ON CANVAS 90 x 212 CM Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea,   Rivoli-Torino Gift Andrea Zegna Photo: Paolo Pellion
Margherita Manzelli, Niente pianti in pubblico – Antibiotici,  1998 oil on convas 90 x 212 CM Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino Gift Andrea Zegna Photo: Paolo Pellion

ATP: La mostra raccoglie opere provenienti sia da importanti musei e fondazioni che da collezioni private. Mi citi alcuni tra queste importanti provenienze? Nelle tue ricerche, hai compiuto delle scoperte inedite che rivelerai con questa mostra?

SM: La novità di questa edizione di In Mostra è effettivamente l’apertura ai contributi di alcune grandi collezione private. Più che scoperchiare tesori sepolti stile Howard Carter – l’archeologo che scavò la tomba di Tutankhamen -, ho avuto la conferma che il patrimonio delle collezioni d’arte contemporanea torinesi è straordinario, e non solo sul fronte pubblico, ma anche su quello privato.
Detto questo, penso che tutti troveranno nella mostra qualcosa di inatteso e sorprendente, che siano i frammenti di calchi provenienti dai depositi dell’Accademia Albertina, o il bellissimo bronzo di Heimo Zoberning proveniente da una collezione privata, un pezzo che l’artista aveva realizzato per il padiglione austriaco alla Biennale di Venezia, salvo poi decidere, all’ultimo momento, di non esporlo.

ATP: Guardando la lista degli artisti in mostra, a prima vista, sembra dominare una forte eterogeneità, sia per quanto riguarda le generazioni degli artisti che la loro formazione e provenienza. Da John Bock a Filippo De Pisis, da giovanissimi come Mattia Macchieraldo e Flavio Palasciano a veterani come Michelangelo Pistoletto, da Ugo Mulas a Francesca Woodman, per non parlare dello studio di Jacques-Louis David, o di plasticatori anonimi del XVIII e XIX secolo. Come sei riuscito a tenere insieme un ‘crogiolo’ di questa entità?

SM: È senz’altro la mostra più eterogenea che io abbia mai curato! In questo senso è una vera scommessa. Per far convivere opere così differenti, ho cercato di creare accostamenti che funzionassero per affinità (la stessa posa che si ritrova in opere create a mezzo secolo di distanza, ad esempio) o per contrasto (ad esempio, una provocatoria figura femminile di Sarah Lucas non lontano da un nudo di donna in bronzo dello scultore figurativo torinese Adriano Alloati, 1909-1975).

ATP: Veniamo allo spazio dell’Oval. Grandioso, imponente, in altre parole molto dispersivo. Hai compiuto delle scelte allestitive particolari? 

SM: È la prima volta che mi trovo, non a dover allestire una mostra in un’architettura data, ma a dover concepire un’architettura in funzione della mostra. Fin dall’inizio ho pensato a un grande spazio centrale aperto, e a spazi più piccoli e raccolti dove esporre le opere di medio e piccolo formato. Lo staff di Artissima mi ha poi aiutato a trasformare la mia vaga idea iniziale in una articolata struttura a pianta poligonale: al centro uno spazio aperto che chiamiamo “arena”, tutt’intorno un corridoio che dà accesso a nove sale disposte a raggiera.

ATP: Ci sono delle aree contenutistiche con cui hai suddiviso le opere? 

SM: Al centro, nell’“arena”, si troveranno sculture figurative (estremamente eterogenee) mescolate ad opere performative. Le nove sale circostanti sono improntate ognuna a un’idea tematica, a volte molto specifica: così, per esempio, se la prima sala prosegue il discorso sulla scultura come estensione del corpo dello spazio centrale, la nona raccoglie solo opere il cui soggetto sono mani e piedi (o gambe), mentre la terza si concentra addirittura solo sulla schiena.

Priz Gholam KRÄHLOH 3,   2005  c-print 80 x 69 CM (framed) Courtesy Collezione La Gaia,   Busca and Galerie Jocelyn Wolff,   Paris Photo: Maurizio Elia,   Matteo Borzone
Priz Gholam KRÄHLOH 3, 2005 c-print 80 x 69 CM (framed) Courtesy Collezione La Gaia, Busca and Galerie Jocelyn Wolff, Paris Photo: Maurizio Elia, Matteo Borzone

IN MOSTRA – ARTISTI E ISTITUZIONI
Alfredo Aceto, Barriera | Adriano Alloati, Fondazione 107 | Ghada Amer, Collezione privata, Torino | Apparatus 22, Progetto Diogene | Vanessa Beecroft, Collezione Renato Alpegiani | John Bock, Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea | Marco Calderini, Accademia Albertina di Belle Arti di Torino | Duncan Campbell, FRAC – Fondo Regionale per l’Arte Contemporanea Piemonte | Cristian Chironi, Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli | John Coplans, Collezione La Gaia | Jacques-Louis David (Atelier di), Accademia Albertina di Belle Arti di Torino | Giulio Delve?, Cripta747 | Filippo De Pisis, GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea | Saul Fletcher, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo | Prinz Gholam, Collezione La Gaia | Pietro Gilardi, PAV – Parco Arte Vivente | Mimmo Jodice, Collezione Renata Novarese | Sarah Lucas, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo | Macchieraldo e Palasciano, Reso?. International Network for Art Residencies and Educational Programs | Anna Maria Maiolino, Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea | Marcello Maloberti, Fondazione Zegna | Babette Mangolte, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo | Margherita Manzelli, Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea | Marisa Merz, Fondazione Merz | Pierre Molinier, Collezione Renato Alpegiani | Carlo Mollino, Camera Centro Italiano per la Fotografia | Ugo Mulas, Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT | Rick Owens, Collezione Owenscorp | Giuseppe Penone, Collezione privata, Torino | Michelangelo Pistoletto, Cittadellarte Fondazione Pistoletto | Plasticatori anonimi, Accademia Albertina di Belle Arti di Torino | Carol Rama, Fondazione Sardi per l’Arte | Turi Rapisarda, Fondazione 107 | Man Ray, Fondazione Spinola Banna per l’Arte | Silvia Reichenbach, GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea | Luigi Serralunga, MEF Museo Ettore Fico | Hans Schabus, Collezione La Gaia | Pia Stadtba?umer, Collezione Renato Alpegiani | Franz Erhard Walther, Collezione La Gaia | Franz West, Collezione Marco Rossi | Francesca Woodman, Collezione Renato Alpegiani | Erwin Wurm, MEF – Museo Ettore Fico.

Carlo Mollino  Senza Titolo,   1956-62 Photography 14.8 x 10.4 cm Courtesy Politecnico di Torino,   Sezione Archivi Biblioteca “Roberto Gabetti”,   Fondo Carlo Mollino
Carlo Mollino Senza Titolo, 1956-62 Photography 14.8 x 10.4 cm Courtesy Politecnico di Torino, Sezione Archivi Biblioteca “Roberto Gabetti”, Fondo Carlo Mollino