ATP DIARY

Il linguaggio dell’Arte fuori dagli schemi, tra mondi fantastici e dolorose realtà

Epopee celesti – l’Art Brut nella collezione Decharme all’ Accademia di Francia a Roma -Villa Medici - fino al 19 maggio 2024
Jaime Fernandes Sans titre Entre 1960 et 1968 Stylo-bille sur papier / Penna su carta 25x32cm © Collection Bruno Decharme
Mose Tolliver Sans titre Vers 1970 Peinture glycéro sur contreplaqué / Vernice glicerica su compensato 38x47cm © Collection Bruno Decharme

“…Qui assistiamo all’operazione artistica pura, cruda, reinventata in tutte le fasi dal suo creatore, sulla sola base dei suoi impulsi…” (J.Dubuffet, 1949)

In questa frase è racchiusa l’essenza, secondo Dubuffet, dell’Art Brut e da qui parte la mostra Epopee Celesti in corso nelle grandi sale di Villa Medici che, attraverso la collezione di Bruno Decharme, con una selezione di 180 opere, vuole essere una vera e propria panoramica su quella che è stata anche definita “Arte irregolare”. 
La collezione, nata a partire dalla fine degli anni ’70, è una delle raccolte più esaustive di espressioni artistiche “indipendenti” che, per la loro unicità, hanno fatto molto discutere gli storici dell’arte, ma che negli ultimi anni hanno conquistato spazi espositivi stabili e ufficiali, non ultima la 60 Biennale di Venezia, entrando a pieno titolo nella storia dell’arte dal XX secolo ad oggi.
La mostra, curata dallo stesso Decharme insieme a Barbara Safarova, Caroline Courrioux e Sam Stourdzé, vuole mettere l’accento sul concetto stesso di creazione, avanzando l’idea che “creare un mondo sia creare un’opera e sottolineando come le opere di questi artisti non siano qualcosa di chiuso e isolato, ma siano dei “giornali del mondo”, attraverso i qualidenunciano, con stili e linguaggi totalmente personali, brutture e malvagità del mondo contemporaneo.
Affascinano questi artisti outsider in cui la creatività si esprime senza schemi e condizionamenti. Nessuno di loro voleva fare arte o ha studiato per farla, alcuni hanno iniziato in tarda età o l’hanno coltivata per un periodo di tempo limitato. Nessuno di loro aveva l’intenzione di esporre nei musei o vendere le proprie opere ad un collezionista. Molti di loro sono stati scoperti dopo la morte.
L’arte è stata a volte un mezzo per fuggire dalla realtà, a volte una compagna per superare lunghi periodi di immobilità, a volte un vero e proprio cammino terapeutico, in altri casi è stato il modo per dare spazio a voci interiori. Per tutti uno stretto e indissolubile legame tra Storia e vita privata.
Una mostra suggestiva, in cui l’attenzione del visitatore si divide tra la visione delle opere e la lettura delle biografie, a formare un tutt’uno. Quadri, disegni, sculture evocano sensazioni diverse, molte sono poetiche, altre inquietanti, alcune violente. Frutto di storie di vita fatte di malattie, lunghi ricoveri in strutture psichiatriche, periodi di reclusione in carcere, oppure vite semplici di agricoltori, manovali e operai stravolte da un improvviso incidente sul lavoro, o storie di violenze subite. In tutte queste vite l’arte è apparsa all’improvviso.
Il percorso espositivo si snoda in un allestimento estremamente essenziale, scarno, le pareti prevalentemente bianche diventano verdi lungo la rampa che porta al piano rialzato, richiamo, non credo casuale, al colore caratteristico delle strutture sanitarie. Le didascalie che accompagnano le opere, benché piuttosto piccole e di non facile lettura, sono esaurienti e raccontano in poco spazio la storia individuale di ciascun autore. 

Forse per facilitarne la comprensione, i curatori hanno diviso il percorso in sezioni, riunendo gli artisti in base ai temi presenti nelle opere, ma è quasi impossibile riunirli in categorie, ognuno è una storia a sé, assolutamente autonoma e indipendente. 
Colpiscono alcuni elementi comuni, l’uso di colori netti senza sfumature, il materiale di recupero usato come supporto, la meticolosità ossessiva del ripetersi di particolari, segni e immagini, la produzione enorme di disegni da parte di alcuni. 
Come Adolf Wӧlfli (1864-1930), che dopo il suo internamento definitivo in una struttura psichiatrica comincia a produrre centinaia di disegni, spartiti musicali, collage e scritti che compongono una biografia di venticinquemila pagine, tutta inventata, in cui immagina sé stesso immortale ma nello stesso tempo piccolo e gracile, imprigionato in un labirinto senza uscita.
Stupisce il mondo fiabesco di Aloïse Corbaz (1886-1964), popolato di figure con gli occhi azzurri, re, regine principi e principesse, su fogli grandi, disegnati con pastelli a cera, matite ma anche succhi di petali e dentifricio, personaggi di un suo mondo, alternativo a quello dal quale vuole fuggire. 
Inquietano e turbano i particolari assemblaggi di Jorge Alberto Hernàndez Cadì (1963) che su scatole e vecchie valigie cuce fotografie, sulle quali scrive con la penna blu, taglia loro le teste, le ricompone, così ci parla di partenze, addi, emigrazioni. 
Soggetto ricorrente il volto, da quelli di donna di Paul Humprey (1931-1999), tutti con gli occhi chiusi, in una sequenza di affetti immaginari, alle fotografie rielaborate da Marie Bodson (1992) che ne colora solo alcuni particolari o le donne paffute dipinte da Pietro Ghizzardi (1906-1986) i cui volti sono ritagliati da riviste e spesso appartengono alle star di Hollywood.
C’è anche un modo tutto personale di vedere il mondo, guerre, violenze, ingiustizie sociali, regimi oppressivi. E così Alexander Lobanov (1924-2003) si ritrae come un cacciatore armato contro i regimi sovietici, Henry Darger (1892-1973) attraverso i suoi scritti e i suoi delicati acquerelli parla di violenza sui bambini, Ramòn Losa (1959) con i suoi grandi collage rappresenta il caos della guerra.
Epopee Celesti non è quindi solo l’opportunità di vedere una ricca collezione d’arte, ma offre l’occasione per un viaggio stimolante nella potenzialità della mente umana, lo spunto per una riflessione sulla forza della creatività e un invito a riflettere sul concetto di arte, mentre si osservano questi percorsi liberi, disinteressati e controcorrente.

Henry Darger Entre 1950 et 1960 Collages, gouache, mine de plomb et encre sur papier – verso / Collage, gouache, grafite e inchiostro su carta – retro © Collection Bruno Decharme