Opere dall’Apocalisse: i lavori di Fabio Mauri in Viasaterna, Milano

Nell’ambiente della Galleria milanese i “disegni apocalittici” descrivono un collage di stati d’animo onirici segnati da turbamenti, paure e fragilità.
5 Marzo 2022
Fabio Mauri – Installation view Fabio Mauri Opere dall’Apocalisse, Viasaterna, Milano 2021 photo credits: Carola Merello

Testo di Costanza Prisco —

È tornato alla luce di recente, proveniente dallo Studio Fabio Mauri, un notevole insieme di disegni inediti dell’artista realizzati tra gli anni Ottanta e inizio Duemila. Questi materiali appartengono ad una produzione tarda e si presentano come un repertorio intimo costituito da gesti e segni scanditi da un notevole uso del colore. Si tratta di tre serie: Apocalisse, Scorticati e la più recente che appartiene al gruppo Dramophone. Grazie alla collaborazione della galleria Hauser & Wirth, i materiali sono esposti ora alla galleria Viasaterna a Milano in una mostra curata da Francesca Alfano Miglietti e visitabile fino al primo aprile 2022. 

Nei disegni Mauri sembra esplorare emozioni, incubi e tormenti irrisolti, spesso con tratto tagliente, incisivo, a volte ingentilito dal colore che sembra avvolgere forme e figure fluttuanti proiettandole in uno spazio irreale. Nell’ambiente della Galleria milanese i “disegni apocalittici” descrivono una serie di stati d’animo onirici segnati da turbamenti, paure e fragilità. Al piano inferiore dell’esposizione la serie degli Scorticati rappresenta un teatro infernale in cui dominano segni crudeli fatti di carne e sangue. Mauri si serve di tinte accese, come il rosa e il giallo per descrivere teschi aperti e corpi segnati da bruciature. Come le figure delle performance, anche la figurazione di questi corpi nei disegni sembra “assecondare” le volontà dell’artista nell’esplicitare un dramma vissuto.
Mauri proietta nelle sue opere la visione dell’inferno di Sant’Ignazio di Loyola contenuta negli Esercizi spirituali, una materia cara all’artista e un riferimento metodologico sensoriale importante per le sue performance. In Der Politische Ventilator, una raccolta di suoi testi del 1973, Mauri invita all’immaginazione scrivendo in una nota: «Alludo agli esercizi spirituali. Per nutrire orrore dell’inferno ci si concentra sui suoi mali, sperimentando per qualche attimo l’ustione del fuoco».
Tutte e tre le serie dei disegni inediti assorbono su carta un caotico immaginario di visioni mistiche scandite da giochi di colore, che vorticosamente sembrano rivelare “l’apocalisse” di un percorso di vita.
Fabio Mauri matura il suo linguaggio negli anni del dopoguerra, muovendo i primi passi in una Roma vivace legata alla cultura dei caffè, pronta a sperimentare nuove correnti in un clima di ricerca aperta al contributo e allo scambio. Gli artisti, tra cui lo stesso Mauri, entrano in crisi con la pittura grafica e astratta dell’Informale, per questo cercano un’immagine fedele della vita, questa “nuova figurazione” come la definisce il critico Cesare Vivaldi, è rintracciabile nelle immagini della nascente realtà, la società dei consumi che guarda il nuovo continente: l’America. 

Fabio Mauri, Senza titolo [Apocalisse], 1983, tecnica mista su carta, cm 70×100, courtesy Viasaterna, Hauser and Wirth and Studio Fabio Mauri
Fabio Mauri – Installation view Fabio Mauri Opere dall’Apocalisse, Viasaterna, Milano 2021 photo credits: Carola Merello

È il 1960 e Fabio Mauri inizia a ricercare quella “nuova figurazione” dapprima nei collage, realizzando assemblaggi di fumetti, arrivando poi a soluzioni singolari come la realizzazione dello Schermo, opera del 1960 ritrovabile oggi in mostra. Si tratta di una superficie monocroma che assorbe la ricerca verso una nuova oggettualità, riproduzione di un simbolo che inizia ad essere ricorrente nelle case degli italiani: lo schermo della tv. Questo oggetto, su cui tuona la scritta, The end, è il simulacro della contemporaneità che allude ad una realtà che si sta definendo attraverso il progresso, legata al culto del cinema e alla nascente televisione. Quest’opera, che troviamo ricostruita più volte, è un vero e proprio simbolo della produzione di Mauri che segna una chiara presa di posizione dell’artista nei confronti della Pop art, infatti pur servendosi di un repertorio legato alla contemporaneità, mostra nella realizzazione dello schermo non la riproduzione fredda e distaccata dell’oggetto “in serie”, di memoria duchampiana, bensì una costruzione artigianale di esso, servendosi, attraverso il proprio “fare artistico” di materiali quali carta e di acrilico. 

Dal 1964 anno in cui la Pop art si afferma ufficialmente in Italia con vittoria alla Biennale di Venezia di Robert Rauschenberg, Mauri inizia ad elaborare un linguaggio personale e di riflessione politica, una storia segnata dalle memorie della guerra e del regime totalitario, ricordi lontani che riaffiorano riportando alla luce un doloroso vissuto non solo personale ma collettivo. È nei primissimi anni Settanta che con maggiore coscienza Mauri inizia a riparlare di quei mostri e di quei tormenti che segneranno per sempre la sua produzione artistica: “la falsa ideologia” di un regime totalitario, la guerra e le persecuzioni ebraiche. Questi dolorosi temi, trovano terreno fertile nelle performance che in maniera asciutta denunciano “La Bugia”, così da lui definita. Mauri ricostruisce un “Museo delle Cere” esorcizzando un dramma attraverso l’uso della performance secondo una modalità collettiva, sociale, condivisa, l’artista ricostruisce un’azione servendosi di un corpo nudo, indifeso al massimo della sua vulnerabilità. Si tratta di Ebrea una donna nuda ricostruisce su uno specchio, la stella di Davide servendosi del materiale organico dei capelli, un’immagine fredda, silenziosa ma piena di riferimenti. In mostra si celebra questa performance in un prezioso scatto che ritrae la modella nelle vesti di Ebrea.

Fabio Mauri, è un artista poliedrico, “turista di tutte le arti” come lo ha definito la storica dell’arte Lea Vergine, ha percorso molteplici strade e ha sempre seguito un modus operandi mirato a ricostruire le cose del mondo attraverso i disegni, gli schermi e le performance. Le opere esposte in questa curatissima mostra, visitabile per poche altre settimane, ricostruiscono un intero trascorso scandito da diverse fasi di produzione, dagli anni Sessanta ai Duemila.  Un periodo tradotto in immagini che costruisce una carriera percorsa da emozioni e turbamenti che solo un uomo del Novecento, profondo e sensibile com’è Mauri può aver elaborato artisticamente.

Fabio Mauri, Senza titolo 3, 1980, tecnica mista su carta, cm 50×35, courtesy Viasaterna, Hauser and Wirth and Studio Fabio Mauri
Fabio Mauri, Senza titolo 3 [Apocalisse], 1980, tecnica mista su carta, cm 48×33, courtesy Viasaterna, Hauser and Wirth and Studio Fabio Mauri
Fabio Mauri, Senza titolo 8 [Apocalisse], 1980, tecnica mista su carta, cm 65×50, courtesy Viasaterna, Hauser and Wirth and Studio Fabio Mauri
Fabio Mauri, The End, 1960 – acrilico su carta, cm 50×70 – Courtesy Viasaterna – Hauser and Wirth and Archivio Fabio Mauri
Theme developed by TouchSize - Premium WordPress Themes and Websites