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8 artiste norvegesi alla galleria APalazzo

[nemus_slider id=”56649″] Indaga lo iato tra forma e materia la collettiva ospitata alla galleria bresciana APalazzo, Form Matters, Matters Forms. Citando (nientepopodimeno che) la Metafisica di Aristotele – “Di ogni cosa si puo? parlare in quanto ha una forma, e non per il suo aspetto materiale in quanto tale” – la mostra presenta le opere, […]

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Indaga lo iato tra forma e materia la collettiva ospitata alla galleria bresciana APalazzo, Form Matters, Matters Forms. Citando (nientepopodimeno che) la Metafisica di Aristotele – “Di ogni cosa si puo? parlare in quanto ha una forma, e non per il suo aspetto materiale in quanto tale” – la mostra presenta le opere, realizzate quasi tutte per questo progetto, di otto artiste norvegesi: Ann Iren Buan, Marte Eknæs, Ane Graff, Tiril Hasselknippe, Johanne Hestvold, Ane Mette Hol, Marianne Hurum e Toril Johannessen.

Alla base della loro ricerca una serie di domande: Quali sono i modi in cui si puo? materializzare una forma? Come incide la forma sulla materia? Come incide la materia sulla forma?

La tensione, dunque, creatasi tra le ricerche materiche e quelle formali ha dato vita a risultati molto diversi e complementari. Lo sfondo delle opere, la seicentesca location, caratterizzata da alti soffitti, stucchi e affreschi. Ottimo esempio di relazione tra spazio, opera e materiale è l’installazione “Still” di Ann Iren Buan. L’artista ha sviluppato in altezza una grande superficie di carta di colore scuro, sostenuta da nastro in trazione. La leggerezza della materia si scontra con il colore materico che rende l’inconsistenza della carta greve. Mimetico e quasi impercettibile il lavoro di Ane Mette Hol Untitled “Drawing for floor #9”: attraverso l’utilizzo di materiali, come gesso, pastelli, matite colorate, penne, colla e carta, l’artista riproduce, in una sorta di trompe-l’oeil scultoreo, un rotolo di carta lungo 6 metri.

Tra le opere più appariscenti, invece, quelle installate da Tiril Hasselknippe. Attraverso intrecci, incastri e abili lavori di saldature l’artista crea delle forme “sfuggenti”. Le grandi sculture sospese nel vuoto della sala principale della galleria, risultano caratterizzate da forme inafferrabili: girovagando nella stanza le siluette delle sculture si fanno ambigue, il metallo riflettente, il gioco di intrecci, le chiusure-aperture dei foglie metallici rendono le forme continuamente modificabili.

Essenziali gli interventi di Johanne Hestvold. L’artista – citando apertamente il minimalismo – propone una misteriosa combinazione concettuale tra forme costruite con tubi piegati e superfici curve riflettenti. “La non linearita?, la non-essenza ci guida fuori dal significato convenzionale e dalla conoscenza della presenza di un oggetto. Le sculture diventano intersezioni entro reti di contenuto che derivano da materiali, forme e simboli. L’artista presenta in mostra una serie di nuovi lavori che proseguono l’indagine su materiali e oggetti mondani.” (da CS) Le opere di Marte Eknæs ci accolgono già dall’entrata della galleria. L’artista ha installato “Better furnished, more fortunate”, delle lunghe file di spatole: dei prelevamenti dal quotidiano che, persa la loro funzione, acquistano altri valori formali e concettuali. “Gli impercettibili slittamenti di significato oltrepassano il confine tra pubblico e privato, e svelano le stratificazioni e la problematizzazione dei concetti modernisti di forma, di materiale e di spazio urbano.” Dentro alla galleria Eknæs presenta anche una scultura del 2012 “Conflation Situation”, un nuovo lavoro a muro della serie Perpendicular Pictures che consiste in una stampa su plexiglass di una porta metallica girevole.

Dai prelevamenti del già fatto, alle indagini sulla materia pittorica di Marianne Hurum. L’attenzione primaria dell’artista si rivolge a colore, forma e composizione, e si accompagna ad una sperimentazione sui confini della pittura, nella sua interazione con lo spazio in cui prende forma. I pigmenti si mescolano per per dar vita a paesaggi astratti dove però rimangono delle allusioni alla realtà. L’indagine portata avanti da Ane Graff, invece, è rivolta alla memoria intrinseca dei materiali. “L’indagine sulla natura della materia e? condotta attraverso una serie di processi di cambiamento, di divenire, di mutamento, di interazione e di trasformazione, che imprimono nella materia le forme di una memoria che e? ad un tempo permanenza e divenire.”

L’unico lavoro che forse esula dal tema della mostra è quello di Toril Johannessen. L’artista presenta una serie di opere grafiche dove compie una ricerca su una selezione di riviste e pubblicazioni accademiche. Johannessen seleziona parole che appaiono a prima vista estranee all’ambito di ciascuna ricerca scientifica, evidenziandone e mappandone la frequenza di utilizzo.

MARTE EKNÆS Angel Pubes (liberated corners) 2016 - Courtesy the artist and APALAZZOGALLERY Photo Andrea Rossetti
MARTE EKNÆS Angel Pubes (liberated corners) 2016 – Courtesy the artist and APALAZZOGALLERY Photo Andrea Rossetti
ANE GRAFF The Body Of The Delocalized and The Chrysalis Stage 2016 - Courtesy the artist and APALAZZOGALLEY - Photo ROSSPEC
ANE GRAFF The Body Of The Delocalized and The Chrysalis Stage 2016 – Courtesy the artist and APALAZZOGALLEY – Photo ROSSPEC
TIRIL HASSELKNIPPE Balcony (scudi e lance) Balcony (onde) Balcony (angoli arrotondati) 2016 - Courtesy the artist and APALAZZOGALLERY Photo Andrea Rossetti
TIRIL HASSELKNIPPE Balcony (scudi e lance) Balcony (onde) Balcony (angoli arrotondati) 2016 – Courtesy the artist and APALAZZOGALLERY Photo Andrea Rossetti
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