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English text below
In occasione della mostra di Antonio Catelani “REDOX”, visibile da RITAURSO artopia gallery fino al 18 dicembre, abbiamo posto alcune domande alla curatrice Daria Filardo.
ATP: Il titolo della serie opere che Antonio Catelani presenta in mostra, suona molto poetico: Abwesenheiten in Preu?isch Blau (Assenze in Blu di Prussia). Mi introduci le motivazioni dell’artista per questa scelta?
Daria Filardo: Il titolo Abwesenheiten in Preu?isch Blau (Assenze in Blu di Prussia) individua una serie di quadri di piccola dimensione, blu di Prussia. Questi quadri sono degli oggetti instabili che si trasformeranno. Il colore blu è infatti un composto altamente instabile che a contatto con la luce solare e con la preparazione della tela seguirà un processo di ossidazione virando fino a raggiungere i toni ruggine. Il blu di Prussia, presenza forte e iniziale, nel tempo di vita del quadro sparirà.
La poesia del titolo, a mio giudizio, individua una durata, un passaggio. L’oggetto pittorico, il quadro, esonda dalla sua dimensione ‘eterna’ per diventare materia del mondo che subisce il cambiamento e diventa altro da sé.
ATP: Emerso nella metà degli anni ’80, Antonio Catelani ha sviluppato una ricerca che sembrava divergere da quella dominante della Transavanguardia. All’irruenza della corrente pittorica, la leggerezza e lievità delle sue installazioni. Ci sono delle caratteristiche del suo lavoro di allora rintracciabili anche nella produzione recente?
DF: Certamente la ricerca di Antonio Catelani ha mantenuto un nucleo forte e coerente legato all’idea di costruzione del quadro nelle superfici pittoriche che lo compongono che si trasformano in oggetto e presenza fuori dal quadro. L’oscillazione fra quadro e scultura, la sua natura costruttiva fatta di parti minimali sono state per l’artista un lavoro di indagine e una riflessione costante.
Credo che gli anni recenti mettano in luce le crepe di queste ‘certezze’ indagate negli anni scorsi e lascino spazio alla crisi, alla fragilità, ai processi di trasformazione non controllabili completamente dall’artista. Antonio Catelani lavora sulla forma come presenza dipendente dalla materia di cui è costituita e sulle sue caratteristiche nascoste e simboliche. Non è un caso che scelga in questi ultimi anni materiali fragili, duttili o che si ossidano, in modo da spostare l’accento dall’oggetto al processo, dalla costruzione fatta di parti all’organicità come insieme complesso e non completamente determinabile.
ATP: Mi racconti il tuo punto di vista sull’ultima produzione pittorica che Catelani presenta nella mostra milanese?
DF: I lavori di Antonio Catelani di questi ultimi anni sono oggetti testimoni di azioni di trasformazione che mettono in gioco le categorie di pittura e scultura, di gesto costruttivo e decostruttivo. La forma è determinata dalla materia di cui l’opera è costituita, e nella materia avviene la trasformazione, che rende la forma aperta, vulnerabile, intensa. In questo processo non sono solo le categorie concettuali ad essere messe in discussione ma con esse la loro natura fisica, molecolare. È tutto molto instabile. La scultura e la pittura. Il colore e la forma. Il margine del quadro e il gesto impresso dentro. La forma della scultura che cede e si accascia lasciando tracce del movimento prodotto dalla natura del materiale e dalla forza di gravità. Nelle due serie presentate in mostra Abwesenheiten in Preu?isch Blau (Assenze in Blu di Prussia) e Stannum diventa evidente come lo scorrere del tempo sposti l’idea di finitezza dell’opera verso una dimensione organica e dilatata.
REDOX, titolo della mostra, indica il processo di ossidoriduzione e ci invita ad osservare il mutamento da uno stato della materia ad un altro, la relazione fra il naturale (la materia) e l’artificiale (le categorie dell’arte) che intersecandosi si muovono in un equilibrio e in una tensione costante.
ATP: Nel testo introduttivo che hai scritto in occasione di questa mostra, annoti “gesti minimi”, “instabilità”, “finitezza”… Quali sono, soprattutto in merito alle sculture esposte, le principali peculiarità della sua ricerca, sia formale che materica?
DF: Queste parole mi aiutano a sottolineare la crisi della natura costruttiva e minimalista che aveva caratterizzato il lavoro di Antonio Catelani, che adesso ha spostato il suo interesse verso la ‘certezza della crisi e della trasformazione’. Anche le dimensioni delle opere sono importanti, non sono oggetti grandi o impositivi quanto piuttosto piccoli segni che invitano ad un’osservazione lenta, alla capacità dell’osservatore di registrare i movimenti minimi della materia del colore blu che diventa marrone o dello stagno delle sculture che si accascia e lascia segni sul muro.
ATP: L’installazione Stannum è realizzata con opere – raccolte assieme per la prima volta – del 2011. Mi racconti come nasce questo lavoro?
DF: Stannum è il nome latino dello stagno: alla natura e alle “attitudini” di questo metallo si riferisce la filiforme scultura. Alcune barre di stagno sono stare unite ad uno speciale tubo da conduttura idrica per semplice analogia di “comportamento” tra i due materiali. Entrambi hanno infatti una natura duttile si deformano o ammaccano al minimo contatto, mostrando una apparente debolezza che li accomuna. Il tubolare funziona da involucro, corpo o guaina, per le parti metalliche che da esso fuoriescono come fossero dita, appendici, tentacoli ecc. L’ossido di stagno produce intossicazione nell’uomo provocando debilitazione e problemi al sistema nervoso centrale e subentra una forte debolezza. Ciò pare accadere anche a questa “scultura” che non si regge letteralmente “in piedi “ (pare pure difficile definirla “scultura” per la sua fisicità ridotta ad un minimo volume, insolito). Essa striscia come una radice, cerca appoggio alla parete e per mezzo di essa prova a sollevarsi come un rampicante, talvolta ricadendo su se stessa producendo uno schiacciamento della guaina, una stroncatura e infine scivolando al pavimento e lasciando traccia “scritta” sulla parete. Infatti lo stagno, come pure l’argento, scrive come fosse una matita, lasciando un segno, graffio, su di un muro o su altre superfici.
RITAURSO artopiagallery presents the first gallery solo show by Antonio Catelani (Florence, 1962), internationally active artist, belonging to the generation of Italian artists who started their career in the mid ‘80s. Catelani exhibits on this occasion a series of paintings realised specifically for the show, which title is Abwesenheiten in Preu?isch Blau (Absences in Prussian Blue). Prussian blue is a highly unstable colour, destined to chromatic change and oxidation. The chemical compound, named ferric ferrocyanide, gives life to a very particular blue, also known as Eisenblau (iron blue) which, under the action of sunlight and in contact with the prepared canvas, changes colour, assuming a shimmering look, and finally comes back to its irony nature, literally rusting. These paintings are the most recent outcome of a wider cycle, started in Berlin (where the artist lives and works since 2007), where the monochrome is reconfigured on the precarious border between image and objectification of the pictorial surface.
On the upper floor of the gallery will also be presented a new installation composed of a group of sculptures characterized by a very reduced physicalness, which title is Stannum. Made out of metal (tin bars) and synthetic pipeline, these works created in 2011 are collected and exposed together for the first time on this occasion. Stannum is the Latin name of tin: a ductile metal, apt to alloy and tie, which is also a very good electric conductor. The sculpture that bears the name of this metal shows its different peculiarities, not even concealing its innate weakness.
Daria Filardo writes: “In the recent works by Antonio Catelani the thought on painting categories is focused on duration, on attention, on the minimal gesture that shifts the idea of finiteness of the work and pushes it towards its transformation point. Everything is really unstable. Sculpture and painting. Color and shape. The edge of the painting and the gesture which is impressed on it. The shape of sculpture that collapses and falls leaving traces of the movement produced by the nature of the material and by gravity force.
The sculptures presented in the exhibition are threadlike, malleable, broken shapes appearing like waste or roots that move looking for balance. The paintings are canvases where Prussian blue will not always be blue but, becoming oxidized, will change its nature. In every work by Catelani minimal references live together with organic and processual nature, and suggest a strong attitude to concentration on the matter and on its symbolic and formal relationships. Everything is really variable, everything is changing, everything look fragile in its nature and it is from this fragility that spring out a movement, another shape, a gaze which can not stop at the recorded figure because it will become, with time, another work.”
Antonio Catelani (1962, Florence) lives and works in Berlin. He studied at Florence Academy of Fine Arts and Akademie Schloss Solitude in Stuttgart.
His works have been exhibited in various international institutions, among which XLIII Biennale di Venezia; Berlinische Galerie/Martin-Gropius-Bau, Berlin; Künstlerhaus Villa Romana, Florence; MUMOK, Wien; Quadriennale d’Arte di Roma, Rome; Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Rome; PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea, Milan; Museo Marino Marini, Florence; MoCA, Shanghai; Museo Pecci, Prato; Polo Museale – Galleria dell’Accademia, Florence.