Intervista con Andrea De Stefani – NOCTURAMA, Almanac Inn

"Credo che ogni entità a portata d’occhio sia ugualmente intelligibile e, per tanto, possibile fonte di comprensione rispetto al nostro essere qui, ora - roba grossa. Così, banalmente, tra le cose che mi interessa trasmettere c’è questa: non perdere di vista le cose ordinarie"
19 Dicembre 2015

  • Nocturama, installation view, photo: Oskar Proctor
  • Smash-Up Nocturama Edition / iron, glass, painted wood, asphalt (1966 Piaggio Green) - detail, photo: Oskar Proctor
  • Nocturama, installation view, photo: Oskar Proctor
  • Diminuendo in Blue / lambda print on dibond 70 x 110 cm - detail, photo: Oskar Proctor
  • Diminuendo in Blue / lambda print on dibond 70 x 110 cm, dried celosia cristata, iron, photo: Oskar Proctor

Si conclude oggi  Nocturama, mostra personale di Andrea De Stefani  nello spazio no profit torinese Almanac Inn.

Matteo Mottin in conversazione con l’artista.

ATP: Il titolo Nocturama sembra collocare in un ideale spazio temporale la mostra. 

Andrea De Stefani: Si, in effetti il titolo descrive una precisa ambientazione: il Nocturama è quel luogo in cui ci si reca per osservare la fauna notturna in cattività, in una situazione (tutt’altro che) ideale. Si tratta di una sintesi artificiale in cui il tempo è prima capovolto e poi congelato, dove è sempre notte in pieno giorno. E’ una mostra time-specific.

ATP: In mostra troviamo due animali: un cane e uno strano uccello acquatico. Mentre il primo richiama una serie di lavori che hai già presentato in altre mostre (sto pensando in particolare alla mostra da GUM), il secondo non è mai stato presentato. Me ne potresti parlare?

ADS: Forse troviamo due animali, forse uno e mezzo o forse 3 o 4, magari nessuno. Sebbene alcuni elementi in mostra siano più evocativi di altri, faccio ugualmente fatica a definirli a parole, credo che la definizione migliore coincida con la forma assunta da ogni opera nella testa di ogni visitatore. Ho alternato forme organiche e non, in ogni caso equivoche, incerte, fuori fuoco, sovrapposte, come fossero istantanee catturate lungo un tragitto da uno sguardo in movimento, in una situazione di luce ostile. In generale nella mia produzione, così come nel paesaggio urbano qui fuori, alcuni elementi si ripetono, altri sono variazione di se stessi, altri sono il peculiare risultato di contaminazioni.

ATP: Puoi dirmi qualcosa di più su questo “fuori”? Da dove hai preso maggiormente ispirazione per questa serie di lavori?

ADS: Per “fuori” intendo lo spazio della mia quotidianità, il paesaggio o i paesaggi che ogni giorno attraverso. Cerco di guardarmi attorno in modo critico, mi piace farlo, sia per non subire passivamente la pressione del contenitore in cui vivo sia perché gioco a trovare una infinità di aperture, di collegamenti, di situazioni e – a voler essere audaci – di verità. C’è una complessità e una stratificazione abissale a portata di sguardo, è lì che mi interessa posizionarmi. Forse varrebbe la pena di dare una seconda possibilità al termine realcore.

ATP: Per la mostra hai scelto una luce che richiama quella dei lampioni. La mostra è composta principalmente da gruppi scultorei che questa luce gialla quasi appiattisce. Era una tua precisa scelta rendere i lavori bidimensionali?

ADS: La scelta precisa è stata quella di ricostruire un ambiente che fosse letteralmente assimilabile alla mia esperienza abituale della notte. Nel paese in cui vivo, così come in molti altri paesi, le luminarie stradali sono prevalentemente di tonalità gialla o ambrata, è una soluzione funzionale. Per quanto questo possa aver senso, mi pare una scelta forte quella di condizionare la percezione di quasi 30.000 persone attraverso dei filtri colorati (e poi non si dica che su Instagram la realtà appare alterata…). Per questa mostra ho voluto adottare in sequenza due delle temperature di luce che più spesso ritrovo lungo le mie passeggiate notturne. Le sculture che abitano la mostra hanno dovuto subire questa decisione. Non ho voluto piegare l’ambiente per procurare un maggiore confort alle opere e viceversa le opere non si sono piegate all’ambiente ma hanno semplicemente reagito di conseguenza. Tirando le somme, l’opera principale è il risultato di questo incontro.

ATP: Una cosa che mi ha colpito visitando la mostra è il passaggio dalla strada allo spazio espositivo. In che modo definiresti questo passaggio?

ADS: Così a bruciapelo non trovo un modo per definire il passaggio dalla strada allo spazio espositivo, ma per come la vedo dovrebbe esserci continuità.

ATP: Mi ha sempre incuriosito il modo in cui riesci ad astrarre questo tuo interesse per lo spazio urbano. Troviamo forme ed elementi riconoscibili, ma non sempre riconducibili ad una strada o ad un’architettura particolare. Cosa ti interessa trasmettere di questa tua esperienza?

ADS: Lo spazio urbano mi stimola per una vasta serie di ragioni, è la mia passione salvifica e voglio condividerla. Per farlo non credo sia sufficiente usare l’indice, giusto per evidenziare i luoghi della mia ricerca. Sono più portato a mettere le mani in pasta fino ai gomiti per produrre un immaginario personale ex novo, perlopiù alimentato da elementi – formali e materiali – ordinari, a volte talmente ordinari da essere svuotati. Credo che ogni entità a portata d’occhio sia ugualmente intelligibile e, per tanto, possibile fonte di comprensione rispetto al nostro essere qui, ora – roba grossa. Così, banalmente, tra le cose che mi interessa trasmettere c’è questa: non perdere di vista le cose ordinarie.

ATP: Le forme e i materiali sembrano appunto compenetrarsi nei tuoi lavori. Penso alla vernice per automobili usata sul tronco, o al poster di cui ti sei appropriato e che hai modificato. L’idea per un nuovo lavoro è ispirata principalmente da una forma o da un materiale?

ADS: Direi un po’ dell’una e un po’ dell’altra, o meglio, un accavallarsi delle due qualità. Precedentemente parlavo di istantanee catturate lungo un tragitto da uno sguardo in movimento: ecco, credo che questa immagine descriva con semplicità il mio modus operandi. Cerco questo tipo di amalgama, come quando si osserva il paesaggio dal finestrino del treno e tutto scorre veloce e tutto si mischia.

 Smash-Up Nocturama Edition / iron,   glass,   painted wood (1966 Piaggio Green),   asphalt - detail,   photo: Oskar Proctor

Smash-Up Nocturama Edition / iron, glass, painted wood (1966 Piaggio Green), asphalt – detail, photo: Oskar Proctor

 Smash-Up Nocturama Edition / billboard (print on blueback paper),   iron,   glass,   painted wood (1966 PiaggioGreen),   asphalt / environmental dimensions,   photo: Oskar Proctor

Smash-Up Nocturama Edition / billboard (print on blueback paper), iron, glass, painted wood (1966 PiaggioGreen), asphalt / environmental dimensions, photo: Oskar Proctor

 Dry Landscape $exy Jackson / coins,   string,   clay,   bituminous waterproofing paint,   ash,   iron / 500 x 270 x 50 cm,   detail,   photo: Oskar Proctor

Dry Landscape $exy Jackson / coins, string, clay, bituminous waterproofing paint, ash, iron / 500 x 270 x 50 cm, detail, photo: Oskar Proctor

Theme developed by TouchSize - Premium WordPress Themes and Websites