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“Anche il tempo scolpisce” – Calder al MASI di Lugano

E’ in corso fino al 6 ottobre 2024 “Calder. Sculpting Time” la prima grande monografica in un’istituzione pubblica svizzera. In mostra oltre 30 opere prodotte tra il 1930 e il 1960.
Veduta dell’allestimento “Calder. Sculpting Time,” MASI Lugano, Svizzera. Foto Luca Meneghel © 2024 Calder Foundation, New York / Artists Rights Society (ARS), New York

La leggerezza delle creazioni di Calder, l’ambiguità che assumono le forme delle sue sculture, la mutevolezza dei movimenti, hanno reso le sue creazioni fortemente poetiche. Ora come allora, non è possibile non restare affascinati dalla giocosa leggerezza delle sue forme in movimento. 
Inevitabile pensare che al di là delle tante esperienze che fece nella Parigi degli anni ’30, gli studi di ingegneria meccanica della giovinezza lasciarono sicuramente un segno, così le esperienze come ingegnere idraulico o come fochista in una nave che viaggiava da San Francisco a New York. 
Insoddisfatto, come tutte le menti aperte che non possono limitare la propria creatività alla vita pratica, Calder si trasferisce a New York per poi giungere a Parigi nel 1926. E’ qui che probabilmente attraversa l’esperienza che gli segnerà profondamente la vita: inizia a produrre giocattoli articolati. Con filo metallico, spago, gomma, stracci e oggetti di recupero dà vita al suo Circo Calder, un circo in miniatura che poteva essere contenuto in una valigia e che gli permise di viaggiare e tenere spettacoli un po’ dovunque. Incontri, casuali o mirati, studio e consapevolezza, hanno portato Calder a immergersi nella vita artistica e nella cultura della capitale francese: Joan Mirò, Jean Arp, Marcel Duchamp, Vasilij Kandinskij, fino all’incontro con Klee e Mondrian che lo fecero avvicinare all’Astrattismo. Da forme pregne di narrazione, come potevano essere le figure circensi, l’artista prosegue all’insegna dell’essenzialità e della riduzione delle forme.
Sperimentazione, sensibilità visionaria ma anche una forte propensione per l’aspetto ludico della realtà, hanno portato Calder a creare quelle prime sculture cinetiche, definite da Duchamp ‘mobiles’- sculture moventi, a volte azionate da manovelle e dischi girevoli.  Dai ‘mobiles’ ai ‘stabiles’ – come li definì Arp – il passo fu breve. Dalle strutture mobili e ‘meccaniche’ Calder inizia a sperimentare con forme immobili, autoportanti, dove spazio, materia e movimento entrano come elementi tanto importanti quanto la materia stessa che componeva le sculture.

Meraviglia e stupore connotano l’esperienza di attraversare letteralmente la ricerca di Calder nella bellissima mostra Calder. Sculpting Time ospitata al MASI Lugano (fino al 6/10/24). Curata da Carmen Giménez e Ana Mingot Comenge, la monografia – senza precedenti in un’istituzione pubblica svizzera negli ultimi cinquant’anni – presenta oltre 30 opere dell’artista prodotte tra il 1930 e il 1960. 

Alexander Calder Triple Gong c. 1948 Ottone, lastra di metallo, filo metallico e pittura 99.1 × 190.5 × 7 cm Calder Foundation, New York Photo courtesy Calder Foundation, New York / Art Resource, New York © 2024 Calder Foundation, New York / Artists Rights Society (ARS), New York

L’esperienza espositiva si può definire a tutti gli effetti emersiva, in quanto le curatrici hanno optato per un allestimento aperto e libero da pareti, in modo tale da darci la possibilità di avere una visione delle opere completa, ma non solo, di consentirci anche di vedere le sculture da nuove prospettive. Ecco allora che da una visione d’insieme, emerge quella che è la genialità del grande artista americano: aver inserito con rara sensibilità l’elemento immateriale: suono, luce, vuoto e movimento si inseriscono nel suo lavoro dando vita così a delle sculture-strumenti per misurare poeticamente la percezione del tempo e dello spazio. Alla cadenza nel nostro passo, in modo imprevedibile, muta la stessa percezione delle opere, dando vita a un continuo e costante variare delle forme. Scrivono le curatrici nell’approfondito saggio in catalogo (Silvana Editoriale): “Le infinite variazioni e le combinazioni aleatorie proposte dai mobiles chiamano in causa le circostanze personali dell’osservatore e scolpiscono il momento presente. Muovendosi liberamente e interagendo con l’ambiente circostante, sembrano quasi dare forma all’aria; cambiano continuamente, giocando con il tempo stesso. Tuttavia, come lo spazio, anche il tempo è percepito in modo soggettivo.”
Sono soprattutto gli anni ’30 che segnano radicalmente la ricerca di scultore di Calder: è all’inizio di questo decennio che l’artista si libera dei dettagli aneddotici che legavano la materia alle forme reali, passando così a creazioni realizzate con lastre di metallo, legno e filo metallico, spesso dipinte. 
Idealmente la mostra inizia con Croisière del 1931, scultura con cui l’artista ‘entra’ a pieno titolo nell’Astrattismo: quest’opera, essenziale e leggerissima, si caratterizza per l’intersecazione di due forme circolari in bilico su cui interviene con quelle che sembrano due gambette d’appoggio e un piccola testa sferica bianca. Sempre nella prima sala, Big Bird del 1937: una lastra di metallo sagomata le cui forme, colorate con uno squillante rosso e nero, danno forma a un grande uccello poggiato su tre gambe e dalle ali multiformi.
Apre, maestoso, la seconda sala, Eucalyptus del 1940, una delle opere più importanti e singolari di questo periodo: un imponente mobile caratterizzato da un elemento surreale di grandi dimensioni che pende dal soffitto, etereo e dalle forme aleatorie, che sembra muoversi con il nostro respiro o con delle onde impercettibili dell’atmosfera. Sempre al centro della stanza sembra fargli eco Arc of Petals (1941), altrettanto leggero e dalla struttura effimera. Caratterizzati da impercettibili movimenti, questi mobiles affascinano per l’estrema instabilità e per un altro fattore decisivo: le ombre giocano un ruolo importante nella smaterializzazione delle forme.

Veduta dell’allestimento “Calder. Sculpting Time,” MASI Lugano, Svizzera. Foto Luca Meneghel © 2024 Calder Foundation, New York / Artists Rights Society (ARS), New York

Le sculture non appese ma installate a terra, come Yucca (1941), Aluminum Leaves, Red Post (1941) e Untitled, sempre del 1941, si ammantano di ambiguità non solo per il gioco che si crea con la parte fissa delle sculture, ma anche per la danza leggera che le ombre creano attorno alle forme. Ecco che fiorescenze, peduncoli o rami sottili si dipanano dalla base delle sculture moltiplicandone le forme come se avessero il potere di crescere e svilupparsi. Altro esempio di sculture fondamentali per capire la poetica di scultore di Calder, le constellation. Nel periodo del secondo conflitto mondiale, l’artista introduce una nuova serie di lavori astratti al suo repertorio, le constellation, termine coniato ancora una volta da Duchamp. La serie nasce da esigenze pratiche: le lastre di metallo erano pressoché introvabili, così l’artista è costretto a ripiegare sui fili e sul legno, materiale più facilmente reperibile. In mostra abbiamo alcuni eccellenti esempi di questo tipo di scultura, come Constellation (1943) e Black Constellation (1943). Queste opere sembrano riflettere la fascinazione dell’artista per il movimento delle stelle e dei pianeti. “Il senso della forma alla base del mio lavoro è stato il sistema dell’Universo, o parte di esso”, ha spiegato l’artista. “Ciò che intendo è l’idea di corpi staccati che fluttuano nello spazio, di diverse dimensioni e densità, di diversi colori e temperature; alcuni a riposo mentre altri si muovono in modi imprevedibili. Il movimento dei pianeti, mi sembra la fonte ideale della forma.”
Chiudono il percorso, nell’ultima sala caratterizzata dalla grande apertura che mostra il bellissimo lago di Lugano, le sculture Red Lily Pads del 1956 e Funghi Neri del 1957. Mentre la prima sembra una strana mutazione di una pianta rampicante rosso vivo, installata nel soffitto, l’imponente Funghi Neri, nella sua solidità e totalmente dipinta di nero, sembra farsi sentinella di queste fragili ma immortali creature scultoree. 
Volgendo le spalle al lago e ripercorrendo lo spazio animato e vivificato da queste magnifiche creature scultoree, capiamo finalmente il senso del titolo della mostra, Sculpting Time: immergendoci nell’atmosfera ‘calderiana’ scopriamo che per conoscere il vero significato delle opere dobbiamo trascorrere del tempo con loro, dobbiamo girarci attorno, fermarci ad osservare i lievi movimenti atmosferici che attraversano le sculture e solo così riusciamo a intuire la vera essenza di queste magnifiche creature. 
Spiegano le curatrici: “Mettendo in movimento una forma d’arte statica, Calder introduce la dimensione del tempo, trascendendo i confini tradizionali della scultura e spingendosi oltre il visivo, nella sfera temporale. Per lui si può quindi dire che ‘anche il tempo scolpisce’. Figlio e nipote di artisti, Calder è riuscito ad andare oltre il peso di questa eredità per rivoluzionare una forma d’arte che, nel tempo, ha subito numerose trasformazioni. 

Alexander Calder Constellation 1943 Legno, filo metallico e pittura 83.8 × 91.4 × 35.6 cm Calder Foundation, New York Photograph by Tom Powel Imaging © Calder Foundation, New York. Photo courtesy of Calder Foundation, New York / Art Resource, New York © 2024 Calder Foundation, New York / Artists Rights Society (ARS), New York
Veduta dell’allestimento “Calder. Sculpting Time,” MASI Lugano, Svizzera. Foto Luca Meneghel © 2024 Calder Foundation, New York / Artists Rights Society (ARS), New York