ANAGOOR MMXX – un album, un libro e un film

Gli Anagoor festeggiano i primi vent’anni. Pubblichiamo la conversazione con Simone Derai - fondatore degli Anagoor assieme a Paola Dallan – per scoprire quali sono le tappe del nuovo viaggio dopo la riapertura del mondo dello spettacolo.
7 Luglio 2020

Intervista di Eliza Oanca —

Per ‘festeggiare’ questo anniversario importante, gli Anagoor stanno lavorando alla produzione di un doppio vinile (Liber I e Liber II), archivio delle memorie delle creazioni teatrali incise da Mauro Martinuz, sound designer, e trasmesse da Marco Menegoni, entrambi membri di Anagoor sin dagli esordi. Così, spettacoli come Magnificat, Lingua Imperii, Socrate il Sopravvissuto e Orestea, potranno essere fruiti quando e dove vogliamo. Una festa tra noi e i morti, sull’Orestea di Eschilo, è il titolo del libro scritto da Simone Derai editato da Cronopio, portavoce della produzione di Orestea/ Agamennone, Schiavi, Conversio che ha debuttato alla Biennale Teatro di Venezia nel 2018. Un lavoro drammaturgico e di traduzione che Derai assieme a Patrizia Vercesi hanno condotto sull’opera.

Imminente il debutto di Mephistopheles il prossimo 2 luglio al Napoli Teatro Festival all’interno del Cortile d’Onore di Palazzo Reale. Un film-concerto musicato in un live set elettronico da Mauro Martinuz: viaggio per immagini di cui Anagoor ne raduna il materiale raccolto tra il 2012 e il 2018. A fare da cornice ci saranno una serie di eventi live presso la Conigliera, atelier artistico della compagnia, che aprirà le sue porte per l’intero mese di settembre ad amici e artisti invitati a partecipare ad un rito collettivo.

E’ stato lanciato un crowfunding che, a quanti vorranno contribuire, darà la possibilità di partecipare direttamente alla creazione delle opere, all’incisione del doppio vinile, alla pubblicazione del saggio, alla produzione del film, alla realizzazione degli eventi live, alla preservazione della memoria della produzione artistica del gruppo, al sostegno della Conigliera. 


Tempo e spazio sono le due coordinate che sviluppano l’azione performativa, per noi un tempo del quotidiano condiviso e del tempo della scena, uno spazio, quello della Conigliera, che ci ha visti collaborare sin dai primi laboratori del liceo fino alle produzioni più recenti. La conigliera che si presta come una sorta di white cube funzionale ad ospitare lavori dalle svariate estetiche. Luogo protetto e privilegiato dove nasce un percorso di creazione: come la possiamo “decorare” per questa grande festa che celebrerà i vent’anni di Anagoor?

Prima della pandemia l’idea delle celebrazioni del ventennale di Anagoor in Conigliera era già in fase di progettazione. Ora si tratta di ripensarle, di immaginare nuove possibilità in base alla situazione contingente. Vorremmo che questa fosse un’occasione di tributo al percorso della compagnia, con la presentazione di alcune delle creazioni che ne hanno segnato la storia, ma che avesse anche la dimensione di una festa condivisa. La fruizione dello spazio interno della Conigliera sarà ovviamente soggetta a limitazioni e restrizioni, ma queste stesse restrizioni ci offrono l’opportunità di estendere l’orizzonte, di aprirci all’esterno. La Conigliera è circondata dai campi, immersa in una campagna che offre tanti angoli nascosti e sconosciuti ai più, ma ricchi di fascino, luoghi della memoria di una comunità che li ha ormai quasi dimenticati. È lì che ci piacerebbe invitare amici e artisti, in un rito collettivo di riappropriazione e riscoperta che trovi nello spazio aperto sia il rispetto del distanziamento sia il suo superamento.

Per trattenere lo stato effimero del teatro Anagoor costruisce un’architettura in grado di conservare la memoria, un archivio del teatro che vuole sperimentare mettendo la lingua su un supporto vinilico. Quali sono gli altri stati in cui il linguaggio vuole manifestarsi e come nasce la campagna crowdfunding?

Sentivamo la necessità di lasciare un’orma, un’incisione per l’appunto. Più oggetti che concettualizzassero l’impossibile archivio memoriale della più effimera delle arti, il suo eterno sfuggire ad ogni presa, il suo mutare pelle, il suo permanere in forme diverse, il suo ripresentarsi. Il teatro sceglie per sé la natura stessa dell’umano, di qui la sua fragilità e la sua forza: l’essere evento ribelle a qualsiasi tentativo di pietrificazione. E’ nata così l’idea di sviluppare alcuni progetti che rielaborassero in forma diversa il tema dell’impossibile archivio: la pubblicazione di un libro che racconta la nostra Orestea a partire dai problemi di traduzione e di relazione archeologica con l’opera antica; l’incisione di un doppio vinile con una selezione dei soundscape composti da Mauro Martinuz per Anagoor in un disco e l’incisione della performance di Marco Menegoni in Virgilio Brucia, evento memorabile registrato nel 2016 al Piccolo Teatro di Milano; la produzione di Mephistopheles, un concerto cum figuris che nasce proprio dall’idea dell’archivio e, in un dialogo teatrale tra immagini video e suono, riapre e rielabora una lunga serie di progetti di raccolta di immagini che per sei anni ci ha condotto dentro gli istituti di assistenza per anziani, nei musei, negli spazi del sacro, dentro e fuori gli inferni dell’allevamento intensivo e del macello, volando sopra la devastazione della terra fin su sulla vetta del Vesuvio.
Se Mephistopheles ha avuto una lunga genesi e un supporto produttivo ben definito, gli altri progetti nascevano senza una copertura economica. È da questa necessità che nasce l’idea di una campagna di crowdfunding, una chiamata alla collettività per un sostegno diretto alla creazione artistica.

Still da video – Mephistopheles, Anagoor, 2020
Still da video – Mephistopheles, Anagoor, 2020

Il racconto “Le mura di Anagoor” di Dino Buzzati narra le vicende di un viaggiatore che si trova  nella città di Tibesti a cui viene proposto di visitare la città di Anagoor. L’uomo, controllando le carte geografiche, si accorge che la città non è segnalata da nessuna parte, ma Magalon, una guida locale, riesce a convincerlo e i due si danno appuntamento per il giorno dopo, per partire prima dell’alba. Dopo un lungo viaggio in macchina attraverso il deserto, i due uomini giungono in prossimità di una città le cui mura, altissime e imponenti, si estendono per chilometri.

A proposito degli abitanti delle mura della città di Buzzati, come potremmo tracciare le tappe della compagnia e fare un ritratto dei suoi membri?

Riassumere vent’anni di relazioni non è semplice: Anagoor è un progetto nato per la polis, originariamente dedicato alla città di Castelfranco Veneto in un’idea di dialogo teatrale intrapreso con la concittadinanza. Dapprima cresciuto all’interno di un laboratorio teatrale scolastico, negli anni si è sviluppato attorno e grazie all’apporto di un gruppo di persone che si sono incontrate e riconosciute e che hanno nutrito la creazione artistica, nelle mille forme di cui si è articolato il percorso, fino a farla approdare ad un’esperienza internazionale.

Per usare la tua metafora, nel corso degli anni molti hanno attraversato le porte della città di Anagoor, l’hanno visitata, vissuta, abitata, hanno apportato il loro fondamentale contributo e resa ciò che è oggi. Alcuni di loro se ne sono andati, alcuni sono ancora al suo interno, altri sono arrivati da poco. Nominare ognuno di loro sarebbe impossibile, parlare soltanto di chi c’è oggi ingiusto. È la storia del rapporto tra tutte queste persone, del loro percorso individuale e collettivo a fare la storia di Anagoor. In questo la vocazione politica iniziale è diventata, nel tempo, la natura stessa della formazione: più città che famiglia, e un collettivo sui generis. La decisione di fondare un’esperienza comune in provincia, lontano dagli epicentri culturali maggiori, ha determinato il primo grande passo: trovare una “epicentro”. La Conigliera è tuttora il nostro atelier creativo e costituisce l’alveo e la culla di ogni creazione da oltre dodici anni. È lì che la grande mappa ramificata delle collaborazioni artistiche trova il suo punto di confluenza.

Ogni volta che penso all’esperienza teatrale in Anagoor potrei descriverla usando le parole di Baudrillard: “Tutta l’energia teatrale si trasferisce nella negazione dell’illusione scenica e nell’antiteatro in tutte le sue forme. Se c’è stato un periodo in cui la forma teatro e la forma del reale giocavano dialetticamente tra loro, oggi è la forma pura e vuota del teatro a giocare con la forma pura e vuota del reale. Messa a bando l’illusione, abolita la frattura della scena e della sala, il teatro scende nella strada e nella quotidianità, pretende di investire tutto il reale, di sciogliersi in esso e di trasfigurarlo”.  Penso alle scene ipermediali sugli schermi che, contraddistinguono l’estetica della compagnia e, come le finestre di un palazzo, presentano allo spettatore ciò che sta accadendo. Qual è la realtà che si vuole investire per dare spazio a nuove possibilità di presentazione?

La domanda è centrale. Ti ringrazio per averla posta. Tuttavia nel breve tempo di questa nostra conversazione posso solo dire che non è del tutto vera l’affermazione per cui l’illusione è completamente messa al bando nel teatro di Anagoor. La frattura fra scena e sala è sciolta per essere nuovamente dichiarata, illustrata, e messa in evidenza costantemente. Il gioco delle illusioni, della rappresentazione e della finzione è tanto esposto quanto partecipato, assumendone le regole con il candore dei bambini. Nel nostro teatro ci si può di colpo vestire all’antica e come per un’improvvisa fiammata si può affrescare una scena appartenente ad un altro tempo. Questo atto ha la natura del versipellis, delle creature che si trasformano. E il processo di metamorfosi, di mascheramento è sempre in vista e al tempo stesso è autenticamente sentito. Così lo spettatore di questo teatro non è dominato dalla frattura e dalla separazione, non subisce il potere dell’inganno, ma è invitato a partecipare al gioco con sapienza e capacità critica. Gli schermi pendenti, le proiezioni, le immagini a cristalli liquidi, spezzano l’unità della scena, moltiplicano i livelli di lettura, come un ipertesto, e aprono verso un orizzonte che la scena può solo evocare. Attraverso gli schermi dilaga imprevisto e prepotente un altro reale sulla scena. Ma è un reale fotografato, crudo ma distante, vivido ma impalpabile come le immagini dei sogni. La sua cruda ma bidimensionale autenticità si scontra con l’autenticità del reale dei corpi e dello spazio della scena. Quale delle due epifanie è reale?

Still da video – Mephistopheles, Anagoor, 2020
Still da video – Mephistopheles, Anagoor, 2020
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