Originale e copia | Le riflessioni di Davide Allieri

Intervista con il curatore Daniele Perra — "Allieri è influenzato dalla cultura classica già a partire da un materiale che da sempre lo accompagna: la grafite, che è un elemento “classico” nella storia dell’arte."
31 Gennaio 2017
Davide Allieri,   Beautiful People #1 #2,   2015,   collage,   fotografia,   pigmento nero su carta,   60x40 cm

Davide Allieri, Beautiful People #1 #2, 2015, collage, fotografia, pigmento nero su carta, 60×40 cm

Ispirato dalle idee filosofiche di alcuni tra i più importanti filosofi del nostro tempo, Davide Allieri presenta la sua ultima produzione nella personale Duet, ospitata alla Ritaurso Artopiagallery dal 2 febbraio al 15 marzo. Come suggerisce il titolo, è come ci spiega il curatore della mostra Daniele Perra nell’intervista che segue, il progetto che l’artista approfondisce è quello della dicotomia intrinseca al concetto di doppio e, in particolare, alla complessa relazione tra l’originale e la copia. “Osservando le sue opere ho avuto la conferma che questa dualità fosse il suo filo conduttore, ” spiega Perra. “Sono rimasto sorpreso nel costatare che, nel suo percorso, abbia sempre agito spontaneamente, senza alcuna forzata e sistematica pianificazione. Un gesto, molto probabilmente involontario, inconsapevole, spontaneo e quindi autentico.”
In mostra una eterogeneo selezione di opere composte da una coppia speculare di vetrine svuotate del loro contenuto, un dittico fotografico che, a distanza, sembra un dipinto antico; una coppia di due grandi pastelli su tela; una foto di due statue antiche; una coppia identica di filiformi parallelepipedi; una serie di moduli, repliche quasi identiche, all’apparenza grezzi ma arricchiti nel loro interno.

Segue un’intervista con il curatore Daniele Perra —

ATP: La mostra di Davide Allieri si sviluppa seguendo una costante: la dicotomia tra opposti. Vuoto e pieno, positivo e negativo, vita e morte: opposizioni nette, ma decisamente complesse da esprimere. Mi racconti il tuo punto di vista su questa dualità insita nella ricerca dell’artista?

Daniele Perra: Nutro da sempre una morbosa fascinazione per gli opposti, ma soprattutto per il doppio nelle sue infinite declinazioni: cliniche, filosofiche, mitologiche, letterarie, artistiche. Penso ai disturbi bipolari che provocano gravi alterazioni dell’umore, quindi una persona può sentirsi al settimo cielo in un periodo e in un altro in preda alla completa disperazione, passando dal paradiso, nella condizione maniacale, all’inferno nella fase depressiva. Narciso s’innamora della sua stessa immagine riflessa in uno specchio d’acqua e per una punizione divina muore cadendo nel fiume in cui si specchiava. I poli si attraggono e si respingono. Il vuoto è la condizione prima del pieno o viceversa? Ho trovato nella ricerca di Allieri un forte interesse per il concetto di doppio, di relazione tra originale e copia. Osservando le sue opere ho avuto la conferma che questa dualità fosse il suo filo conduttore. E sono rimasto sorpreso nel costatare che, nel suo percorso, abbia sempre agito spontaneamente, senza alcuna forzata e sistematica pianificazione. Un gesto, molto probabilmente involontario, inconsapevole, spontaneo e quindi autentico. Autenticità che non è sfuggita a Rita Urso, sempre attenta a intercettare talenti, che ha deciso di ospitare nella sua galleria la prima personale di Allieri a Milano. Un approccio concettuale ma interconnesso col fare e non col delegare. La mostra è stata costruita interamente sul concetto di contrapposizione, sulla dicotomia tra pieno e vuoto.

ATP: Gli opposti implicano, inevitabilmente, il concetto di ‘doppio’. In mostra ci sono molte opere duplicate, speculari, riprodotte ecc. Citi Georges Didi-Huberman nel tuo testo: “Una copia non risulta mai identica all’originale. Seppur perfetta, avrà sempre quel minimo di scarto che la rende unica”. Mi introduci la relazione dell’artista con il concetto di ‘copia’?

DP: Allieri si è appropriato e ha rielaborato di un concetto di Georges Didi-Huberman dopo aver letto il suo libro La somiglianza per contatto. In quel caso si parla d’impronta. L’impronta è una traccia, ha un’origine che però non sarà mai replicata perfettamente. L’artista mette in discussione il concetto stesso di copia, di unicità. Faccio un paio di esempi. Ha realizzato un dittico formato da due scatti fotografici all’apparenza identici. Se però li si osserva attentamente, da vicino, vi sono piccolissimi dettagli che li rendono unici. Quale dei due è l’originale e quale la copia? Sono entrambi originali? Questo non va frainteso con il concetto di replica e riproduzione fotografica. Sulla riproducibilità aveva già detto tutto Walter Benjamin.
In mostra saranno esposti anche due grandi pastelli su carta. Di primo acchito sembrano frettolosamente realizzati con la pittura spray, oppure immagini fotografiche o digitali, in realtà, osservandoli bene, sono il frutto di un lavoro lungo, manuale, preciso e maniacale. Affiancando i due lavori, si ha l’impressione che siano identici, ma non lo sono. E qui si pone nuovamente la questione dell’originale e della copia.

Davide Allieri,   The Green Ray,   2016,   disegno,   pastello su carta,   100x130 cm

Davide Allieri, The Green Ray, 2016, disegno, pastello su carta, 100×130 cm

ATP: Molte opere citano la cultura classica o si riferiscono all’antichità. Mi fai degli esempi e mi racconti a cosa alludono?

Allieri è influenzato dalla cultura classica già a partire da un materiale che da sempre lo accompagna: la grafite, che è un elemento “classico” nella storia dell’arte. Cita la cultura classica per creare dei cortocircuiti temporali, rimescolando le epoche, distorcendo la storia. Ad esempio, recuperando riproduzioni di dipinti storici in libri antichi e intervenendo su di essi con elementi di disturbo — come piccoli pianeti minacciosi pronti a entrare in collisione con la terra come in Melancholia di Lars von Trier — oppure “minando” i canoni della scultura classica.
Attinge dalla storia per manipolarla e depistarci.

ATP: Nella presentazione della mostra, si palesa l’interessa dell’artista per la filosofia contemporanea. Mi accenni a questo suo interesse? Si evince dalle opere?

DP: L’interesse per la filosofia non si formalizza necessariamente e palesemente nelle sue opere. La filosofia è uno strumento straordinario per leggere la realtà, tradurla, interpretarla. Dopo aver letto Cioran si ha meno paura della morte. In fondo moriamo, temporaneamente, ogni notte.

ATP: L’artista approfondisce anche un tema molto affascinante, quello dell’“immagine negata”. C’è un’opera in mostra che sviscera questo tema?

DP: In questo caso va esteso il concetto d’immagine. Parlerei di soggetto. Siamo abituati a vedere le sculture classiche frontalmente. Così come i ritratti. Allieri nega la frontalità, annulla il soggetto. Ad esempio scatta da dietro delle sculture classiche o delle figure in posa. Non mostrandoci il loro volto, nega la loro identità. Oppure realizza delle vetrine / teche vuote. Mostra l’involucro senza il contenuto. Qual è il soggetto? Quelle vetrine rappresentano il momento preciso in cui sono state appena svuotate oppure devono essere ancora riempite. Una vetrina, nel quotidiano, non è (quasi) mai vuota.

Davide Allieri,   Foundation,   2016,   installazione,   gesso,   colore,   ottone,   30x30x250 cm

Davide Allieri, Foundation, 2016, installazione, gesso, colore, ottone, 30x30x250 cm

Davide Allieri,   Solo,   2016,   fotografia,   colore,   stampa inkjet,   60x40 cm

Davide Allieri, Solo, 2016, fotografia, colore, stampa inkjet, 60×40 cm

Davide Allieri,   0.488,   2015,   installazione,   legno,   vetro,   200x100x90 cm

Davide Allieri, 0.488, 2015, installazione, legno, vetro, 200x100x90 cm

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