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Alessandro Di Pietro — SHORT STORIES OF FIRES AND CARBON — Raum

Oggi, venerdi 14 dicembre alle 22, Alessandro Di Pietro presenta a Raum Short stories of Fires and Carbon, con il coinvolgimento performativo di Andrea Magnani, Costanza Candeloro, Riccardo Baruzzi e Riccardo Benassi. Le produzione xing si arricchiscono di questo progetto presentato come “una sequenza di 4 atti performativi...

Disegni Di Pietro - Short Stories
Disegni Di Pietro – Short Stories

Oggi, venerdi 14 dicembre alle 22, Alessandro Di Pietro presenta a Raum Short stories of Fires and Carbon, con il coinvolgimento performativo di Andrea Magnani, Costanza Candeloro, Riccardo Baruzzi e Riccardo Benassi. Le produzione xing si arricchiscono di questo progetto presentato come “una sequenza di 4 atti performativi accomunati dall’utilizzo di elementi semplici: la fiamma, la scintilla e il carbonio. Pensando alla scoperta e all’addomesticamento del fuoco come prima presa di controllo sull’intangibile e l’incombente, Short stories of Fires and Carbon adempie alla propria profezia della nascita dell’animale culturale.”
Per capire le ragioni di questa performance “sfuocata ma generosa”, abbiamo posto alcune domande a Di Pietro, che (sempre con generosità) ci racconta le premesse, le collaborazioni e le ‘oscurità’ di un’azione corale che ruota attorno all’ “innesco del fuoco”.

ATP: Tanta “carne sul fuoco”, mi viene da pensare. Short stories of Fires and Carbon, sembra un progetto costruito sulla discordanza tra il ‘farsi storia’ e la sua negazione; tra il guardare al passato (mi ricorda l’Angelo della storia di Benjamin) e lo stare qui e adesso dei ruggenti e squinternati anni ’70 (punk). In altre parole, la performance che presenterai a raum che tracce (non) vuole lasciare?

ADP: Short stories of Fires and Carbon è un progetto sfuocato, ma generoso. Si sviluppa in quattro atti nel tempo sempre più concatenati. Nonostante l’ambiente performativo e i display in algido carbonio, l’unica traccia che Short stories of Fires and Carbon, NON vuole lasciare è un feticcio artistico cinico e senza prospettiva. L’obiettivo è piuttosto quello di fornire una rappresentazione più reale possibile di una forma consistente e intoccabile, come quattro fiamme blu di propano / butano che per un istante, alla fine di questa performance emo e meccanica, rappresentano il prototipo di un “loro” come fossero una piccola comunità neonata, orfana e severa che ancora non ha conosciuto la cultura, la storia, i sentimenti e l’empatia secondo la quale, se si toccassero, ne scaturirebbe una fiamma più grande, nomade e distruttiva.

ATP: Citi la scoperta e l’addomesticamento del fuoco. Più che la sua scoperta, bisogna parlare del suo ‘controllo’ come una delle prime espressioni della svolta nell’evoluzione umana. Quanto questo aspetto ti ha affascinato nell’ideazione della performance?

ADP: Molto, è una delle prime nozioni scolastiche che ricordo. Non la capivo bene, allora come adesso, ma forse ora ha preso un corpo più simbolico.
Il controllo del fuoco è quel momento in cui mi piacerebbe che il mondo e il processo del “farsi storia” subissero un downgrade e che riprendesse il via da un’idea di desiderio e di immaginario di nuovo, di una nuova collettività e, ancora una volta di nuovi occhi, per guardare un’immagine senza un significato, di provare dei sentimenti senza doverli spiegare a se stessi.
Mi piace pensare che il controllo è il desiderio di un’umanità progettata per essere appassionata e in balia del suo panico.
Controllare il fuoco significa anche saperlo riprodurre in diversi modi bizzarri per dare il via a qualcosa che andrà da solo e prenderà forse una forma che già conosciamo, ma speriamo percepita come stupefacente. Così ho pensato di interpretare RAUM come un’architettura e non come uno stage.

ATP: Con te, Andrea Magnani, Costanza Candeloro, Riccardo Baruzzi e Riccardo Benassi. Cosa rappresentano e che ruolo hanno nell’opera Short stories of Fires and Carbon?

ADP: Ho deciso nel tempo di dedicare alcune occasioni “perfomative” – per me una novità rispetto al mio percorso artistico – ad operazioni collettive, non per una particolare tendenza alla condivisione, ma perché reputo fondamentale collaborare tra artisti e realtà produttive indipendenti che seguo da molto tempo come Siliqoon.
Sento il bisogno di contribuire alla formazione di un coro.
La scena artistica italiana è bella affascinante e oscura a molti.
Ho chiesto loro di partecipare e hanno detto sì e per questo li ringrazio. Nessuna leadership ,solo rispetto di un idea di partenza da me diretta: l’innesco del fuoco.

Nella costruzione di questa performance, così come in FELIX (Milano, Marsèlleria, 2018) ho deciso di avere un ruolo principalmente registico e di portare avanti 4 rapporti con i quattro artisti. Selezionando aspetti fondanti delle pratiche e delle attitudini dei quattro artisti ho cercato di esaltarli e utilizzarli concatenandoli e accettando alcune proposte sulla base delle mie scelte iniziali e costruendo o rispettando a modi “ready made” i cambiamenti che inevitabilmente sono scaturiti con il tempo e il coinvolgimento degli artisti stessi all’interno della progetto.

Cinismo, Tempo, Caos e Orfananza sono i minimi termini necessari alla ideazione delle azioni Andrea Magnani, Costanza Candeloro, Riccardo Baruzzi e Riccardo Benassi, artisti strettamente legati alla realtà artistica bolognese; sono quattro romantici da sempre e li ho incontrati tutti attorno al 2015 anno in cui partecipai alla mostra curata proprio grazie a XING HPSCHD 1969>2015 al MAMbo di Bologna.

In Short stories of Fires and Carbon i quattro performeranno loro stessi oltre loro stessi e troveranno un organicità all’interno della performance su mia direzione e sotto il sound design del progetto duo Mostri contro Fantasmi, mio e di Enrico Boccioletti, di recente lanciato tramite l’omonima performance alle OGR di Torino.
Il progetto Siliqoon invece (Andrea Magnani e Zoe De Luca) è stato fondamentale per la produzione dei due display “consolle” in carbonio che sono stati disegnati su misura rispetto alle azioni di Baruzzi e Magnani.

ATP: Mi ha colpito, nel testo che accompagna la presentazione dell’opera, questa frase che suona come un monito: “Quindi vedete di adempiere al vostro dovere di essere profondamente inutili a voi stesse e agli altri, non producete esperienza e memoria così da non produrre la storia e le sue gerarchie; siate reali e senza prova.”
Da sempre gli artisti vogliono lasciare tracce, segni, gesti nella storia dell’arte. Tanto più la loro opera è inconsistente, invisibile, non–documentabile o ‘vendibile’ (penso ai contratti di Tino Sehgal), tanto diventano incisivi e memorabili. Qual è il tuo punto di vista?

ATP: Che sia oggetto o azione, l’unica traccia che mi interessa è un buon aneddoto.

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