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Alchimie — Algorithmic signs | Fondazione Bevilacqua La Masa

[nemus_slider id=”70464″] — Testo di Lisa Andreani Avanti e indietro. Indietro e avanti. Sono questi i passi che sembra muovere la Fondazione Bevilacqua La Masa in seguito al nuovo ordinamento. Inutile non dire che i tempi siano cambiati mentre gli anni d’oro sembrano soltanto un miraggio lontano. Nonostante questo, le mostre inaugurate nelle appena trascorse […]

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Testo di Lisa Andreani

Avanti e indietro. Indietro e avanti.

Sono questi i passi che sembra muovere la Fondazione Bevilacqua La Masa in seguito al nuovo ordinamento. Inutile non dire che i tempi siano cambiati mentre gli anni d’oro sembrano soltanto un miraggio lontano. Nonostante questo, le mostre inaugurate nelle appena trascorse due settimane mostrano un movimento che vede nell’avanzare e nell’indietreggiare dei processi validi su cui fermarsi a ragionare. Partendo da questo retrocedere, che non deve essere inteso in un’accezione negativa, ci dirigiamo allo scorso 19 ottobre quando, nella sede di Piazza San Marco, è stata presentata Algorithmic signs, mostra dedicata all’arte generativa curata da Francesca Franco in collaborazione con Stefano Coletto.
Il panorama che cerca di rappresentare la mostra collettiva è un arco temporale che si apre dagli anni ’60 e cerca di raggiungere possibili influssi che questa pratica recupera dalla contemporaneità. Paradossale e curioso esprimere quanto ci si senta immobilizzati nelle sale, forse in parte a causa di un allestimento rigido e impeccabile, immersi in un processo statico di non avanzamento. Se si dovesse etichettare tutto ciò con una di quelle definizioni o magiche parole, che tanto piacciono al mondo dell’arte al passo con i tempi, bisognerebbe sforzarsi e usare un termine come downgrade. Le figure più significative del “movimento”, Ernest Edmonds, Manfred Mohr, Vera Molnár, Frieder Nake e Roman Verostko, appaiono quasi come intempestive. In un periodo come quello attuale caratterizzato da una accelerazione senza freni, le opere esposte sono il frutto di un retrocedere. Allontanandosi da quel gusto tecnologico, ormai condimento perfetto di qualsiasi piatto artistico, questi protagonisti mettono in scena un risultato che ad alta voce grida “rallentate”. Nella sperimentazione dell’uso dell’algoritmo, la generazione di forme astratte – principalmente su supporti cartacei – conduce alla sparizione del processo così fondamentale per la realizzazione dell’oggetto opera finale. L’estetica del mezzo tecnologico passa in secondo piano, nascosta dall’intromissione dell’artista nel processo casuale di successione numerica e algoritmica. Pertanto, se la spinta ci viene data sempre in avanti, blocchiamoci per un istante a riflettere se non sia il caso di riceverne una, in questo caso dagli artisti-algoristi in questione, che ci sposti all’indietro. Al contrario, Alchimie. Opere nell’incontro tra impresa e arte, inaugurata nella sua seconda edizione il 26 ottobre, evidenzia un processo di avanzamento che fa della collaborazione sinergica il punto centrale.

The Cool Couple Turborage 2017
The Cool Couple Turborage 2017

Affiancante dalle aziende Agernteria Calegaro, Dolci Colori S.r.l, Palladio S.r.l., Lanificio Paoletti, Plastergo-Boschetto S.r.l. e Tiso Alfredo & Figli S.r.l, le voci dei sette artisti invitati si sono espresse a pieno titolo avvalendosi del sostegno della Fondazione che li ha seguiti nei loro progetti. In uno scambio collaborativo semplice e diretto, dove una risposta positiva ed efficiente all’esigenze artistiche non è venuta meno, Michele Bazzana, Andrea De Stefani, Elisabetta Di Maggio, Andrea Grotto, Rachele Maistrello, The Cool Couple e Serena Vestrucci hanno guidato le aziende più adatte ai propri lavori in percorsi in cui la meta definitiva era ancora qualcosa di impalpabile. Le necessità degli artisti, infatti, sono state prese in considerazione e soddisfatte proprio come afferma Rachele Maistrello durante la presentazione del suo lavoro Stella Maris, nome che riprende il centro per anziani non autosufficienti in cui l’artista ha trascorso un mese. La scelta del materiale è stata significativa per permettere alla sua scultura in acciaio di tradursi anche in un atlante in cui sono stati raccolti gli immaginari segnici dei pazienti. “Tutti la chiamano la Casa delle Ragazze”, progetto iniziato nel 2015 all’interno dell’appartamento veneziano condiviso con le amiche-artiste Justine Luce, Alice Modenesi, Barbara Prenka, Sultane Tusha e Nezka Zamar, si arricchisce, invece, di due opere realizzate all’interno dell’azienda Lanificio Paoletti. In One of Us Untitled #6, il camouflage in un mix di lane differenti ci immerge in un ameno paesaggio di Monet pieno di ninfee. Disarmante nella sua incredibile semplicità, il progetto che Serena Vestrucci, in questi giorni vincitrice del Premio Cairo 2017, ha fatto ruotare intorno al concetto di unione. Unione destinata ad un per sempre quasi infantile se racchiuso nelle dimensioni di una coppia di ciliegie gioiello, unione forzata ed unione difficile dove i nasi diffidano delle facce a seguito del gesto vandalico che da esse le ha separate.

Andrea De Stefani Dry Landscape Babylon Beach  gesso, dimensioni ambientali  2017
Andrea De Stefani, Dry Landscape Babylon Beach gesso, dimensioni ambientali 2017

Il restituire corpo autonomo alle rovine rimarca la loro indipendenza. La naturalezza del suo operare, scevra da qualsiasi costrutto e pretesa filosofeggiante, si materializza poi in un maglione per due, Bitter-Sweet, in cui la condivisione prende forma in una manica che impedisce il camminare solitario e che in qualche modo riecheggia le architetture di Jorge y Lucy Orta atte a evidenziare una interdipendenza tra le persone. Ad ogni modo tutti abbiamo sicuramente presente quando Italo Calvino dedicò una delle sue Lezioni americane alla leggerezza; molto di quelle parole affiora qui nelle giocose unioni di Vestrucci. Il nostro universo diviene, invece, improvvisamente stellato nel progetto realizzato da Andrea Grotto con il Lanificio Paoletti. La serie di cappotti magici dalle diverse gradazioni di blu, come il cielo d’inverno campionato dall’artista, nascondono sotto questa prima superficie un interno misterioso come il cosmo che ci abbraccia. Ritorna ad essere disarmante anche il progetto del duo The Cool Couple che con Turborage concede ironicamente al pubblico di liberarsi. Prendete la vostra mazza da baseball e colpite uno dei pilastri, è aperta la libera valvola di sfogo! Recuperando uno dei racconti che Gianni Rodari raccolse in Favole al telefono, l’immagine di questo Palazzo da rompere, oggetto che concesse al popolo di rivoltarsi e agire contro un gruppo di vandalici giovincelli, si traduce qui all’ingresso di Palazzo Tito in un invito che in realtà appare come un monito contro gli eventi violenti che si sovrappongono l’uno sull’altro nel mondo. Nei linguaggi eterogenei, la freschezza degli artisti ci porta ad essere speranzosi. Non resta quindi che attendere e vedere cosa la 101 Collettiva Giovani Artisti e la mostra di fine residenza ci mostreranno.

Andrea Grotto Sul blu d'inverno. Avvolti da uno spazio profondo serie di 4 cappotti di lana con fodera di cotone dipinta e ricamata dimensioni variabili 2017
Andrea Grotto Sul blu d’inverno. Avvolti da uno spazio profondo serie di 4 cappotti di lana con fodera di cotone dipinta e ricamata dimensioni variabili 2017
Rachele Maistrello Stella Maris #1, #2, #3 stampa cromogenica da negativo 10 cm x 12 cm  cornice 100 cm x 150 cm  ed. di 5, 2017  (in collaborazione con Marco Maria Zanin)
Rachele Maistrello Stella Maris #1, #2, #3 stampa cromogenica da negativo 10 cm x 12 cm cornice 100 cm x 150 cm ed. di 5, 2017 (in collaborazione con Marco Maria Zanin)