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Present arms, absent arm: AFELIO di Gaia De Megni

Testo di Paolo Gabriotti Domenica 24 settembre, in piazza VIII Agosto a Bologna, Xing ha presentato AFELIO, una performance di Gaia De Megni, con Gloria Dorliguzzo e Marta Tabacchi, nuova proposta del formato Holes, il ciclo di live che appaiono nella città come buchi, aprendo a una ridefinizione temporanea dello spazio pubblico. AFELIO è un’azione […]

AFELIO – performance di Gaia De Megni con Gloria Dorliguzzo e Marta Tabacco (première Bologna 24.9.2023, Xing Hole, Piazza VII Agosto) fotografo Luca Ghedini, courtesy Xing

Testo di Paolo Gabriotti

Domenica 24 settembre, in piazza VIII Agosto a Bologna, Xing ha presentato AFELIO, una performance di Gaia De Megni, con Gloria Dorliguzzo e Marta Tabacchi, nuova proposta del formato Holes, il ciclo di live che appaiono nella città come buchi, aprendo a una ridefinizione temporanea dello spazio pubblico. AFELIO è un’azione coreografica che elabora il motivo del drill militare, appropriandosi della sua ritualità e riserva di gesti, ma che ha per oggetto uno spettro, un movimento finalizzato a un vuoto d’immagine.

La performance, che prende il titolo da un termine astronomico (l’afelio è il punto di massima distanza di un corpo celeste dalla sua stella), domenica ha disegnato nella piazza un’orbita, tornando in posizione allo scoccare di ogni ora. Un protocollo, che si è ripetuto identico dalle cinque alle nove di sera. A turno, due figure militari si presentano dai parcheggi sotterranei, a un lato della piazza. La prima, che porta un fucile in vetro, trasparente e quasi bidimensionale, si dichiara con un urlo marziale, dirigendosi al centro della piazza in una marcia lenta, simile a una slow motion cintematografica, seguita dalla seconda che ne duplica i movimenti. Faccia a faccia, le due guardie danno luogo a un’articolata coreografia, della durata di circa dieci minuti, incentrata sull’arma, che viene spettacolarmente ispezionata, manipolata e ceduta. Un’azione di verifica, che il soldato compie non solo sull’oggetto ma anche su di sé e sull’altro – di cui controlla la divisa, la postura, la presa – che viene replicata specularmente dalla guardia montante. Compiuto il cambio, le due militari si affiancano e danno il via a una nuova marcia ralenti, che si ritira nei locali sotterranei, all’altro lato della piazza.

AFELIO nasce dallo studio di un rito marziale esistente, il cambio della guardia dell’Arlington National Cemetery in Viriginia, sede del principale monumento statunitense al milite ignoto e teatro di una guardia perenne, di cui l’artista ha ricalcato il disciplinare, adattandolo, grazie alla collaborazione con la coreografa Gloria Dorliguzzo. Non è la prima opera in cui Gaia De Megni fa uso di elementi tratti dal contesto militare, la presenza della figura del soldato ricorre ormai in diverse sue produzioni. La più prossima è forse la performance Il mito dell’eroe (2021), dove il soldato mette in scena una marcia sul posto sopra a un palco nero lucido, a metà tra piedistallo e schermo, in una sorta di scroll infinito che mette in associazione disciplina marziale e data performance. Nell’appropriazione dell’immaginario militare, Gaia De Megni opera per astrazioni, anche minime, che sovvertono il significato di tali simboli e gesti, senza darne però la direzione di un immediato commento sociale, inscrivendole piuttosto in una personale riflessione sullo statuto dell’immagine: “tra monumento e movimento”. A questa partecipano spesso anche riferimenti alla storia del cinema, alla statuaria e all’immagine mediale, tra cui il loro utilizzo militare e politico. Progetti che vengono declinati dall’artista in un complesso di performance, scultura e video, mettendo in atto un cortocircuito tra di esse, tra immagine, mezzo e spettatorialità.

AFELIO – performance di Gaia De Megni con Gloria Dorliguzzo e Marta Tabacco (première Bologna 24.9.2023, Xing Hole, Piazza VII Agosto) fotografo Luca Ghedini, courtesy Xing

Adottando lo stesso sguardo circospetto delle due guardie, in AFELIO si potevano notare alcuni dettagli di indisciplina, dalla scelta di due danzatrici rispetto alla tradizione maschile del monumento, alle uniformi militari, ridotte al grado zero e decorate da elementi glitterati e medaglie trasparenti. Protagonista della performance è però l’arma custodita dalle due guardie, un calco del mitra M16A2, un fucile letale ormai “relegato a mero oggetto di galateo”, ulteriormente tradito dall’artista, che ne propone un’icona in vetro, materialmente fragile e spettrale. Sottraendo l’arma, l’artista opera sui codici estetici della celebrazione marziale, votata alla ricerca di effetti esemplari. La presenza invisibile, stealth, del fucile mette in luce lo spettacolo motorio che fonda il rito militare, la sua guerra a colpi d’occhio, aprendo a suggestioni desacralizzanti, tra balistica e ballo: due soldati, che si spostano solo in moonwalk e scambiano passi stilizzati, faccia a faccia, come in una battle di hip hop. Il fucile di AFELIO è un oggetto dalla presenza strana. È una scultura, che sembra però rimandare – al pari degli schermi in marmo presenti in molte opere di Gaia De Megni – all’oggetto digitale: non è esattamente il calco dell’arma, ma la matrice dell’immagine di un fucile, una silhouette png, che in questo suo sottrarsi come per un comando di photoshop, appare inoltre capace di far coincidere immagine attuale e virtuale, accordando la percezione della performance a quella di un video – lo stesso studio coreograficodi AFELIO è partito dai filmati online dell’originale, replicando a specchio le immagini nello schermo. Un fucile performante, non per la capacità di fuoco, ma per quella di produrre dinamiche di astrazione, evocando la spettacolarizzazione della guerra, la sua estensione per via ottica, l’apparato militare di immagini che opera sul piano civile e che è sua parte sua integrante. Quella che Paul Virilio, studiando il rapporto tra dispositivi di guerra e dell’immagine – la loro “logica della distribuzione” – chiamava una “fatale coincidenza di occhio e arma”. 

AFELIO chiama in causa diverse forme di incarnazione culturale della guerra, aprendo a questioni di politica delle immagini, indagando la performatività – o la “sorgente civica” per usare le parole dell’artista – dell’arma e della sua religione di stato. E lo fa per mezzo di una sottrazione, in atto nella stessa performance, che ne incorpora il vuoto di immagine. Il suo movimento orbitale che si fa scansione temporale dello spazio pubblico, istituisce una posizione che è di distanza (l’afelio), materializzando quella coincidenza fatale di arma e occhio in forma di vuoto: “un buco nel terreno come un buco nel tempo”. Come se assistere alla performance, la stessa presenza del pubblico, coincidesse con i guanti bianchi delle guardie che manipolavano e ispezionavano quell’oggetto elusivo, eppure pesante e fragile. Un’assenza che si fa presente, perché negando l’immagine esercita gravità, mostrandosi dalle interferenze che produce. Insistendo sulla metafora astronomica del titolo, si può dire che AFELIO è come un buco nero, che assume il flusso d’immagine, restituendo uno spettro.

AFELIO – performance di Gaia De Megni con Gloria Dorliguzzo e Marta Tabacco (première Bologna 24.9.2023, Xing Hole, Piazza VII Agosto) fotografo Luca Ghedini, courtesy Xing
Foto Gaia De Megni – AFELIO – Xing
Foto portrait Gaia De Megni