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In conversazione con Adelaide Cioni in occasione della mostra Ab ovo / On Patterns | Mimosa House, Londra

Lo spazio espositivo Mimosa House di Londra ospita fino al 25 aprile 2023 Ab ovo / On Patterns, la prima mostra personale nel Regno Unito di Adelaide Cioni. La mostra raccoglie un compendio delle ricerche che l’artista conduce da diversi anni sui motivi decorativi. Tema centrale di Ab ovo (letteralmente “dall’uovo, dall’inizio”) è la ricorrenza […]

Adelaide Cioni Costume for a Circle, Ab ovo : On Patterns – Installation view Mimosa House, Londra ph. Lewis Ronald
Adelaide Cioni – Ab ovo : On Patterns – Installation view Mimosa House, Londra ph. Lewis Ronald

Lo spazio espositivo Mimosa House di Londra ospita fino al 25 aprile 2023 Ab ovo / On Patterns, la prima mostra personale nel Regno Unito di Adelaide Cioni. La mostra raccoglie un compendio delle ricerche che l’artista conduce da diversi anni sui motivi decorativi. Tema centrale di Ab ovo (letteralmente “dall’uovo, dall’inizio”) è la ricorrenza di certi motivi decorativi astratti – strisce, triangoli, griglie, cerchi, foglie e stelle stilizzate – sia in manufatti artistici che in natura. Nella conversazione che segue abbiamo chiesto all’artista di raccontarci alcuni aspetti della mostra, sia per quanto riguarda i contenuti che le tecniche che utilizza. Una domanda verte sulla presentazione di una performance che indaga il modo in cui la musica e il corpo danzante rispondono ai motivi decorativi astratti presenti nelle sue opere. 

Elena Bordignon: Il tema centrale di Ab Ovo  / On Patterns è la ricorrenza di certi motivi decorativi astratti, sia in natura che in manufatti artistici. Ricorsivi e semplici, questi motivi sono presenti sia nell’immaginario non occidentale che nei sistemi iconografici più comuni e quotidiani. Ci racconti come li scegli e cosa ti attrae di questi elementi?

Adelaide Cioni: I criteri sono due, uno è quella della frequenza con cui li incontro, e l’altro è quanto risuonano con me personalmente. Sono quasi sempre pattern molto semplici, e vengono da reperti archeologici, ma anche da immagini medievali, ma anche rinascimentali, ma anche dalle decorazioni degli interni in Ghana, ma anche dalle coperte Navajo. Mi attrae la loro astrattezza, la loro semplicità e la loro forza. Ricordo al museo archeologico di Siracusa, dopo tantissime sale meravigliose di reperti greci e romani, in mezzo allo sfarzo finale dell’Ellenismo, improvvisamente compare la croce greca dei primi cristiani, visivamente è uno stacco netto, potente. Oppure l’immagine del pesce, due linee e basta. È molto forte. La croce greca per esempio compare anche in uno dei wall drawings di Sol Lewitt nella Torre Bonomo a Spoleto. 
Nel preparare la mostra da Mimosa qui a Londra ho deciso poi di cominciare una serie di pattern inventati da me, pur avendo dei rimandi a immagini che avevo già incontrato. Sono ispirati a elementi naturali e giocano sul confine sottile fra figurazione e astrazione. Qual è il punto in cui una fiamma diventa una serie di lingue rosse che corrono verso l’alto? O in cui il mare diventa un blocco di linee ondulate? 

Adelaide Cioni, Song – Ab ovo : On Patterns – Installation view Mimosa House, Londra ph. Lewis Ronald

EB: Alla base della tua pratica artistica ci sono il disegno, l’approccio femminista e un’assenza di narrazione. Come coniughi questi tre vettori? 

AC: Tutto il lavoro sul disegno è di fatto un lavoro sulla vibrazione individuale, e su come questa si riverberi all’esterno. La serie delle Songs presentata a Mimosa House parla proprio di questo, della possibilità di esprimere la propria unicità pur attenendosi a dei disegni che vengono condivisi e ripetuti uguali da millenni. C’è molto sulla traduzione in questo, quel processo per cui un individuo, ponendosi come filtro per parole o immagini non originariamente sue, le trasforma attraverso il proprio corpo in un’opera che è diversa ancora, unica. Il corpo è il grande traduttore. Alla fine Ab Ovo è un discorso sulla differenza, è una difesa della differenza e dei corpi.
L’approccio femminista è parte di me, ero nella pancia di mia madre quando lei partecipava alle assemblee femministe nel ‘76 a Bologna. Un suo collega voleva che mi chiamasse Anarchia.
Certo dire femminista oggi è estremamente generico, ci sono mille correnti che rientrano sotto questo nome. E allora per intenderci mi sento di appartenere alla sfera di pensiero di bell hooks, un femminismo che vuole liberare tutti, donne e uomini, non esclusivo, incentrato sulla cura e la sorellanza. Questo probabilmente si manifesta anche nelle scelte tematiche, i lavori sul corpo, le immagini secondarie, i pattern. Ursula K. Le Guin in The Carrier Bag Theory of Fiction parla della possibilità di una storia senza eroi. Questo per me assomiglia molto a un discorso sui pattern, laddove i pattern sono l’elemento meno eroico, meno protagonista di qualsiasi composizione visiva. Sono la voce più bassa all’interno della storia dell’arte. E siccome non narrano nulla ci trasferiscono in una dimensione atemporale, che si aggancia direttamente a un’idea di infinito.
L’assenza di narrazione rientra in questo discorso dei margini. E fa anche parte di una mia evoluzione legata alla traduzione. Io per molti anni ho lavorato con le parole, anzi con le parole di altri, traducevo letteratura. Quando lavori molto con le parole cominci a mettere in secondo piano l’aspetto narrativo, e le scelte lessicali e sintattiche emergono come blocchi autonomi, dotati di una propria forza. Forse per questo ho sviluppato un interesse spiccato verso il non narattivo, verso tutti quei modi sperimentali di usare la lingua che escono dalla linea del tempo, che non hanno una trama bensì un approccio senza protagonisti alla lingua, penso a Beckett, a Gertrude Stein, a tutto il nonsense. 

Adelaide Cioni – Ab ovo : On Patterns – Installation view Mimosa House, Londra ph. Tim Smyth
Adelaide Cioni, I am a fish – Ab ovo : On Patterns – Installation view Mimosa House, Londra ph. Lewis Ronald

EB: Per alcuni giorni, nel periodo di apertura della mostra, presenti per la prima volta, una nuova performance che indaga il modo in cui la musica e il corpo danzante rispondono ai motivi decorativi astratti. Ci racconti di cosa si tratta? Come metti in relazione in disegno e la performance?

AC: La performance è una parte fondamentale della mostra. Ho invitato Dom Bouffard, musicista e compositore, e tre danzatrici, Typhaine Delaup, Temitope Ajose Cutting ed Evie Hart, a rispondere a tre forme e tre costumi diversi. È stato un lavoro intenso, abbiamo fatto molte prove, fino ad arrivare attraverso le improvvisazioni a tre danze molto diverse fra loro, e la musica è una parte importantissima di tutto il processo. La mostra è incentrata sull’idea di singolarità, di esprimere la vibrazione individuale di ciascuno. Come in un canto. Io l’ho fatto nei dipinti, nelle tele, nei costumi. Loro lo fanno nella danza e nella musica. La risposta del pubblico qui a Londra è stata straordinaria, di enorme entusiasmo, tanto che la curatrice Ilaria Puri Purini ha creato un Ab Ovo Performance Circle per organizzare delle repliche. 

EB: Il motivo decorativo, spieghi, “è ripetitivo e costante perché così è la base della vita: il cuore, i nostri organi interni sono ripetitivi e costanti.” Spesso ‘decorativo’ è utilizzato come sinonimo di sovrastruttura ornamentale, di basso valore dunque. Isolarlo e renderlo, per molti versi, speciale, non è un paradosso? Come eviti l’aspetto ‘banale’ dell’essenza dell’elemento decorativo?

AC: Non lo evito. Mi ci butto a capofitto. Trovo che il banale abbia in sé qualcosa di sublime se ci si entra dentro e lo si ingigantisce. La parola banale viene da un termine medievale francese con cui si indicava che qualcosa, attraverso un proclama del feudatario, diventava della comunità. Da qui poi il termine ha assorbito un’accezione sempre più negativa, ma il banale è veramente qualcosa che appartiene a tutti noi. Lo conosciamo, lo abbiamo nelle nostre vite, anche se preferiamo non ammetterlo. È proprio l’idea di qualcosa di semplicissimo che abbiamo tutti dentro che mi affascina. I triangoli, i quadrati i cerchi, le righe sono segni che ricorrono nella cultura figurativa di epoche e luoghi diversissimi, nelle kapa delle Hawai come nelle decorazioni etrusche. E li facevamo già migliaia di anni fa, quando non avevamo nulla, eravamo vestiti di pelli e disegnavamo triangolini e cerchi per decorare i pochi oggetti che avevamo. 

EB: Nella tua ricerca, ci sono degli artisti che senti particolarmente vicini? Perché?

Pino Pascali, perché giocava sempre, ininterrottamente.
Agnes Martin, perché ha avuto il coraggio di uscire dal senso.
Helio Oiticica, per la capacità di coinvolgere le persone nella gioia.
Mario Merz, per gli animali.
Gastone Novelli, per il disegno e l’uso del bianco.
L’architettura giapponese, per la leggerezza e la disponibilità a cambiare funzione ai luoghi e alle cose.


Il progetto è curato da Ilaria Puri Purini.Ab ovo / On Patterns è un progetto realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council (XI edizione, 2022), programma di promozione internazionale dell’arte italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. In partenariato con Fondazione Memmo, Roma, e in collaborazione con Gasworks, Londra. 

Adelaide Cioni, Song for the sea and Song for Sol, triangle – Ab ovo : On Patterns – Installation view Mimosa House, Londra ph. Lewis Ronald