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Una personale o una retrospettiva spesso prendono il nome dell’artista cui sono dedicate, mentre il titolo di una collettiva si appoggia di solito al tema scelto dal curatore. Per la mostra Accrochage allora serve fare qualche passo all’interno della mostra di Punta della Dogana (fino al 20/11/2016), in modo da cogliere le regole della casa. In primis si nota infatti l’assenza di un tema, le opere non appartengono al medesimo periodo o movimento artistico; la curatrice, Caroline Bourgeois, ha deciso di scegliere “opere che sono la conseguenza di un gesto o di un pensiero minimale e che evocano la ricerca del vuoto o una mise en abyme di un aspetto o di un momento della storia dell’arte”.
Soffermandosi poi sui singoli lavori inizia ad essere chiara una seconda regola, e cioè la necessità di guardare realmente le opere e non semplicemente di vederle: è uno stimolo, ribadito dalla curatrice, per lo spettatore, cui viene suggerito di mettere in discussione ciò che ha di fronte volta per volta. Quest’operazione dialettica verso la mostra apre perciò un’altra porta nel momento in cui si scoprono i rimandi tra le opere, a partire, ad esempio, da un’ulteriore scelta curatoriale, ovvero quella di esporre lavori della Collezione Pinault mai esposti dopo aver fatto il loro ingresso nella collezione medesima.
E ancora, forse di più semplice rilevazione, altre due regole: la prima è la cromia che lega le opere, poichè tutte hanno in comune il colore bianco, direttamente o per contrasto; la seconda è la presentazione di artisti contemporanei riconosciuti di fianco a talenti emergenti. Manca ancora la spiegazione di aggancio, vero? Probabilmente è verso il termine della mostra che se ne coglie l’accezione precisa, rendendosi conto che tutte le opere viste fino a quel momento sono state un gancio per il visitatore, dei magneti in cui far convergere la propria sensibilità, dei punti cardinali delicatamente in secondo piano nel percorso di percezione, riflessione e conoscenza.
Accrochage prosegue poi anche nel catalogo, le cui scelte editoriali hanno messo in dialogo artisti (ove possibile) e curatrice nella richiesta ai primi di fornire delle citazioni inerenti i loro lavori: si crea perciò un altro percorso, su carta, contraddistinto da un approccio non critico ma bensì letterario. La mostra, aperta dal 17 aprile al 20 novembre, prevede una permanenza di una performance ad opera di Tino Sehgal per un periodo di sei settimane, inserita nello spazio dedicato a Philippe Parreno. I due artisti, d’accordo nell’ospitare vicendevolmente i propri lavori nel frangente di condivisione dello spazio, si inseriscono nel totale di trenta artisti, dei quali ventuno sono esposti per la prima volta all’interno della Collezione Pinault.