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I (never) explain #100 – Caterina Silva

VERSIONE DALL’ACCADICO (1414-2014)Illegibile, intraducibile, dimenticata.VERSIONE A Mi capita spesso di fare confusione tra arte e vita, realtà e rappresentazione, volontà e caso.Credo che in generale oggi sia facile confondersi.La mia pratica pittorica è affiancata dalla scrittura. Il modo in cui scrivo è speculare a come dipingo: interrompo lo scorrere del pensiero, mischio le lingue, cerco […]

VERSIONE DALL’ACCADICO (1414-2014)
Illegibile, intraducibile, dimenticata.
VERSIONE A

Mi capita spesso di fare confusione tra arte e vita, realtà e rappresentazione, volontà e caso.
Credo che in generale oggi sia facile confondersi.
La mia pratica pittorica è affiancata dalla scrittura. Il modo in cui scrivo è speculare a come dipingo: interrompo lo scorrere del pensiero, mischio le lingue, cerco di evitare configurazioni. Ogni evento, sensazione o movimento leggibile del pensiero è tradotto simultaneamente in altro da sè.  Il sistema di produzione di senso è opacizzato, spinto verso una zona d’indecidibilità e indistinzione. Il mio obiettivo è creare una lingua inaccessibile attraverso una scrittura (pittura) non codificabile. Amo le parole scritte ma ne conosco il potere, di vita ma anche di morte. Le parole ci penetrano nel cervello, scolpiscono lì il loro corpo e restano immobili a guardarci. Sono immagini ma sono anche cose di cui non è semplice liberarsi. 

Caterina Silva, STORIA DI CRY 1

Lasciando le cose in uno stato d’inizio, in potenza, cerco di creare una lingua viva, non co-optabile dal sistema, in rigenerazione perpetua. Una lingua clandestina che non può essere ricondotta a discorso o una contro-lingua che rifiuta di parlare con i termini dell’avversario e non può essere tradotta nel contesto di un linguaggio normativo. 
Non essere co-optata significa restare viva e libera ma anche irriducibilmente muta.

Ho coniugato al presente questo processo, ma potrebbe riguardare il passato.

Il quadro Cry, in mostra fino a dicembre nella galleria Richter di Roma,  è stato realizzato a Londra nell’estate del 2019 su una tela iniziata a Cape Town nel 2018 durante una crisi idrica.
Fa parte del ciclo Forme di non-potere. 
Tutti i quadri di questa serie non sono titolati da me.
Sottrarmi all’azione del titolare, del nominare, è un tentativo ulteriore di spostarmi da me stessa e fare spazio ad altro. Come dipingere è un modo di disfarmi di automatismi e sovrastrutture. Un auto-sabotaggio che mi porta a cercare quello che non è possibile esprimere e quindi a identificarmi con chi non ha voce.  

Caterina Silva, STORIA DI CRY 2

Dipingendo posso confrontarmi con quello che non conosco, senza ricondurlo a quello che conosco. E’ una forma di meditazione molto fisica in cui scompare la differenza tra soggetto e oggetto, tra nome e cosa, tra azione e sua conseguenza. 
Accettando il titolo Cry, apro l’immagine a un senso tra i tanti possibili e ne abbraccio il significato come se fosse quello che io stessa avrei voluto dargli.

La tela è una stoffa a terra, senza telaio, che viene aggredita sui bordi. Non c’è mai una relazione frontale con il quadro e il corpo è costretto a movimenti scomodi per raggiungerne il centro. Si susseguono una serie di azioni che scrivono lo spazio e il tempo della tela. Sono accumuli di gesti, sputi, formule magiche, canti di gioia, cose pesanti, segni amputati che coesistono senza gerarchie. 
La parte della mia mente coinvolta nel processo è una parte silenziosa, è la parte che non assoggetta, la parte senza potere.  Il centro è un vuoto maggiore, percorribile, è il vuoto che si crea quando tutti gli oggetti sono stati rimossi e anche il soggetto è assente. 
E’ un portale, uno sprofondamento e un atto di nascita.

Caterina Silva, STORIA DI CRY 3

(Durante il pranzo il tempio di Alice è crollato a cannonate di fiori)
Non costruire, non avere un sistema. E allo stesso tempo averlo e demolirlo quotidianamente.
Poi uscire di soppiatto da questa dialettica.


L’artista è attualmente in mostra nella collettiva “Due quadri e un tavolo”, ospitata nella Galleria Richter di Roma. Il progetto mette in relazione le poetiche di tre artisti: Luca Grechi (Grosseto,1985), Marta Mancini (Roma, 1981) e Caterina Silva (Roma, 1983).


Per leggere gli altri interventi di I (never) explain

I (never) explain – ideato da Elena Bordignon – è uno spazio che ATPdiary dedica ai racconti più o meno lunghi degli artisti e nasce con l’intento di chiedere loro di scegliere una sola opera – recente o molto indietro del tempo – da raccontare. Una rubrica pensata per dare risalto a tutti gli aspetti di un singolo lavoro, dalla sua origine al processo creativo, alla sua realizzazione.