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Spazio, Forma, Concetto – Quattro artisti e la fabbrica – Fondazione Kenta

Testo di Fabio Ippolito — Spazio. Forma. Concetto.Tre sostantivi che indicano le unità minime su cui si costruisce la prima mostra di Fondazione Kenta a Milano, visitabile fino al prossimo 5 Dicembre negli spazi di Via Sassetti 31, presso un ex stabilimento industriale tessile riconvertito.Gli indirizzi percorsi dell’esposizione e le scelte allestitive favoriscono il dialogo […]

Filippo Manzini – Veduta della mostra Spazio, Forma, Concetto – Fondazione Kenta, Milano
Hidetoshi Nagasawa – Veduta della mostra Spazio, Forma, Concetto – Fondazione Kenta, Milano

Testo di Fabio Ippolito —

Spazio. Forma. Concetto.
Tre sostantivi che indicano le unità minime su cui si costruisce la prima mostra di Fondazione Kenta a Milano, visitabile fino al prossimo 5 Dicembre negli spazi di Via Sassetti 31, presso un ex stabilimento industriale tessile riconvertito.
Gli indirizzi percorsi dell’esposizione e le scelte allestitive favoriscono il dialogo tra le opere in mostra e gli ambienti industriali della Fondazione, quelli di un vecchio lanificio degli anni ’30. Le opere di Sergio Limonta, Filippo Manzini, Federico De Leonardis e Hidetoshi Nagasawa danno vita a forme capaci di integrarsi e fondersi con lo spazio espositivo, pur segnalando l’intervento artistico e generando concetti diversi, legati alle singole personalità dei loro creatori.
Sono molteplici, infatti, le modalità di approccio all’ambiente industriale dei quattro artisti esposti. Le opere di De Leonardis e Nagasawa, entrambi architetti di formazione, impostano da subito il tono e il tema della mostra: il dialogo con gli spazi del vecchio lanificio e la storia degli ambienti della Fondazione. Le opere antigravitazionali di Nagasawa, dai materiali duri e pesanti, abitano indisturbate gli spazi industriali che le accolgono, costituendo quasi una presenza connaturata a essi. È il caso di Caos Vacilla (2011), costituita da bassi ceppi in ferro a delimitare un proprio spazio circolare, e di Barca (1983) scultura interamente costituita di ottone ma dall’apparente leggerezza, per via della copertura in carta di riso; una pesantezza impalpabile che si fonde cromaticamente con la parete su cui l’opera è installata.

L’interpretazione degli spazi industriali e del concetto di lavoro che ci viene da De Leonardis va oltre il dialogo con l’ambiente della fabbrica in sé, chiamando in causa il concetto di memoria. La poetica dell’artista relativa alla memoria degli oggetti si sviluppa soprattutto nelle due opere Muri III (Braghe schiacciate) (1988) e Vie minate II (1999).
Entrambe rimandano all’aspetto umano del lavoro industriale, all’uomo dietro al lavoro. I materiali che costituiscono le opere di De Leonardis vengono spesso prelevati dall’artista direttamente sui luoghi che hanno visto il loro impiego, nella fase ormai finale del loro utilizzo.
Essi ci parlano di chi li ha usati, fissano un momento, racchiuso ora nei guanti consunti di decine e decine di operai, ora nei fili di acciaio impiegati nell’estrazione del marmo dalle cave. Raccontano dell’ultimo gesto compiuto prima che venissero dismessi e riportati a nuova vita, in un secondo momento, mediante l’intervento artistico.

Le opere di Filippo Manzini, come Strenght (2020), e quelle di Sergio Limonta, come Nostalgica (2020), pensate appositamente per la mostra, sottolineano con maggiore forza il dialogo con gli spazi della vecchia fabbrica; ma dove Limonta focalizza l’attenzione dello spettatore sulla luce ipnotica dei suoi neon, richiamando le modalità di illuminazione classiche delle fabbriche e degli spazi della Fondazione, Manzini espone insolite strutture in legno, presenze intruse tra le fredde superfici degli spazi industriali. L’artista, facendo un grande utilizzo di uno dei materiali da costruzione più antichi, porta all’attenzione del visitatore un elemento alieno al contesto della fabbrica, che tuttavia riesce a fondersi nei suoi spazi, segnalando la presenza dell’artista anche nel suo voler scomparire dalla scena e nella sua fusione totale con l’ambiente circostante.

Spazio, Forma, Concetto mette in campo il dialogo tra l’opera e l’ambiente che l’accoglie, o che viene da essa definito. Le tre nozioni alla base della mostra, quasi asettiche nella loro semplicità, ci parlano di storie e memorie, incentrando il fulcro della mostra sull’origine degli spazi che la ospitano, ora spinti verso un nuovo impiego, un futuro ritrovato, per mezzo dell’arte.

SPAZIO, FORMA, CONCETTO
A cura di Giorgio Verzotti
Fino al 5 dicembre 2020
Fondazione Kenta, Milano

Sergio Limonta – Veduta della mostra Spazio, Forma, Concetto – Fondazione Kenta, Milano
Federico De Leonardis – Veduta della mostra Spazio, Forma, Concetto – Fondazione Kenta, Milano