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Testo e intervista di Giuseppe Amedeo Arnesano — La redazione di questo breve scritto giunge nello stesso momento in cui il mondo dell’arte ha appreso dell’inaspettata e sconcertante morte del Maestro, ricoverato da circa un mese all’ospedale San Raffaele di Milano per delle complicazioni di salute dovute al Coronavirus. Il 1967 fu l’anno della svolta, […]

Galleria Lia Rumma, via Stilicone, Milano; Courtesy Galleria Lia Rumma Milano – Napoli

Testo e intervista di Giuseppe Amedeo Arnesano —

La redazione di questo breve scritto giunge nello stesso momento in cui il mondo dell’arte ha appreso dell’inaspettata e sconcertante morte del Maestro, ricoverato da circa un mese all’ospedale San Raffaele di Milano per delle complicazioni di salute dovute al Coronavirus.

Il 1967 fu l’anno della svolta, l’atto di nascita dell’Arte Povera, definizione coniata da Germano Celant sulle pagine di Flash Art n°5 che, in occasione della mostra presso la Galleria La Bertesca di Genova, riuniva per la prima volta un gruppo di giovani artisti italiani come Alighiero Boetti, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Giulio Paolini, Pino Pascali ed Emilio Prini. Nell’ottobre dell’anno successivo, quel fatidico e sovversivo 1968, Marcello e Lia Rumma promossero la Rassegna d’Arte Internazionale invitando un giovanissimo Celant a curare, negli spazi pubblici dell’Arsenale di Amalfi, la mostra Arte Povera più Azioni Povere. In quell’occasione anche altri artisti italiani come: Mario Merz, Marisa Merz, Michelangelo Pistoletto, Gilberto Zorio, Ableo, Paolo Icaro, Pietro Lista, Gino Marotta e Gianni Piacentino si unirono all’iniziativa insieme a Richard Long, Jan Dibbets e Ger van Elk. Durante i tre giorni della manifestazione, che riunì le voci più importanti del dibattito critico di quegli anni come lo stesso Rumma, Achille Bonito Oliva, Gillo Dorfles, Piero Gilardi, Filiberto Menna, Angelo Trimarco e Tommaso Trini, si consacrò per sempre quell’eterogeneo e avanguardistico movimento artistico, come l’atto concreto di un processo nuovo e rappresentativo in continuo mutamento, consapevole dell’indipendenza identitaria dell’essere e che negli anni avrebbe contraddistinto l’arte italiana nel mondo.

Nel 1971, dopo la prematura morte del marito Marcello, Lia Rumma apre la sua galleria a Napoli inaugurando con la mostra dell’allora ventiseienne Joseph Kosuth. Con grande curiosità, intuizione e rispetto per gli artisti, nel corso della sua attività di ricerca Lia Rumma si è sempre distinta per audacia e voglia di rinnovamento, guardando con interesse alle sperimentazioni del Minimalismo, della Land Art e dell’Arte concettuale. Dagli anni ’70 ad oggi numerosi sono gli artisti che hanno esposto in galleria e tanti sono i successi nazionali e internazionali collezionati nel corso della sua carriera, come nel caso dell’installazione I Sette Palazzi Celesti realizzata in modo permanente nel 2004 da Anselm Kiefer presso l’Hangar Bicocca di Milano, presente anche al San Francisco Museum. Sempre a Milano nel 2010 con una mostra dedicata a Ettore Spalletti, Lia Rumma inaugura, vicino la Fabbrica del Vapore, un nuovo spazio costruito in un’ex struttura industriale. Attualmente le gallerie sono chiuse, ma il programma comprendeva la mostra di William Kentridge a Milano e la personale di Luca Monterastelli a Napoli.

Installation view della mostra personale di Gary Hill Ghost Chance, Galleria Lia Rumma, Napoli, 2019 Photo Credit Danilo Donzelli; Courtesy Galleria Lia Rumma Milano – Napoli
Installation view della mostra collettiva Grado Zero, Galleria Lia Rumma, Milano, 2019 (ground floor) nella foto: opere di Thomas Ruff, David Lamelas e Gilberto Zorio Photo Credit Robert Marossi; Courtesy Galleria Lia Rumma Milano – Napoli
Installation view della mostra personale di Reinhard Mucha #REINHARD MUCHA ®MILANO SCHNELLER WERDEN OHNE ZEITVERLUST, Galleria Lia Rumma, Milano, 2016 (ground floor) Photo Credit Agostino Osio; Courtesy Galleria Lia Rumma Milano – Napoli

Giuseppe Amedeo Arnesano: Viviamo in stallo da due mesi. In questo periodo come ha organizzato il lavoro nelle sedi di Napoli e Milano?

Lia Rumma. Se non fosse per le terribili circostanze che ci hanno messo in sosta obbligata troverei questa pausa rilassante e positiva. Lontano dal viavai del pubblico di galleria, dai mille impegni e dai continui viaggi, si ha più tempo per concentrarsi meglio nella quiete della propria dimora e far tesoro del grande supporto del digitale con cui giriamo il mondo a tavolino e nella frazione di un secondo, archiviamo una infinità di dati, comunichiamo.

GAA: La galleria attualmente è chiusa, come prosegue il rapporto lavorativo con il suo staff?

LR: Tutte le mie collaboratrici operano in smart working ed entrambe le gallerie, sebbene fisicamente chiuse, rimangono attive e funzionanti.

GAA: Ancor prima della pandemia si è sempre parlato del mondo dell’arte come di un settore in crisi. Qual è il motivo fondamentale di questo malcontento generalizzato?

LR: Nel mondo dell’Arte si sono aperti confini immensi e questo può far capire come siano cambiate le modalità e le strategie. Oggi ci sono migliaia di artisti, migliaia di galleristi, di collezionisti, di fiere, di Musei, di Case d’asta sempre più agguerrite e dominanti. Oggi anche il mondo dell’Arte è un Virus!!! E dunque? E dunque essendo tutti infetti ci portiamo il male e il bene di questa malattia. C’è chi è soddisfatto e chi si lamenta; c’è chi vive e chi muore! Se i nostri anticorpi sono sani, le nostre case di cura ben attrezzate e organizzate e i nostri medici sapienti, sopravvivremo più forti di prima, altrimenti moriremo!

GAA: Quale sarà il futuro dei musei?

LR: I musei sono luoghi preziosi in cui viene conservata la Storia e sostenuta la nostra Cultura, sono nevralgici e fondamentali centri di conoscenza.

GAA: Dopo il lockdown bisognerà reinventare il sistema dell’arte?

LR: Non credo! Dobbiamo soprattutto fare i conti con noi stessi e usare buonsenso. Non si inventa così, dall’oggi al domani, “un sistema dell’Arte”! Sono questioni, queste, strettamente legate alla storia, alla cultura, al grado di evoluzione culturale ed economica di un paese. È da qui che si parte!

Installation view della mostra collettiva Grado Zero, Galleria Lia Rumma, Milano, 2019 (first floor) nella foto: opere di Ettore Spalletti, Dadamaino e Luca Monterastelli Photo Credit Robert Marossi; Courtesy Galleria Lia Rumma Milano – Napoli
Installation view della mostra personale di Domenico Antonio Mancini Landscapes, Galleria Lia Rumma, Napoli, 2019 Photo Credit Danilo Donzelli; Courtesy Galleria Lia Rumma Milano – Napoli
Installation view della mostra personale di Joseph Kosuth Existential Time, Galleria Lia Rumma, Milano, 2019 (ground floor) Photo Credit Robert Marossi; Courtesy Galleria Lia Rumma Milano – Napoli

GAA: Dagli anni 70 a oggi in che maniera è cambiato il modo di fare arte in Italia?

LR: Internet è stato il grande Demiurgo che ha operato una totale rivoluzione nella nostra Vita, nell’Economia e nell’Arte. Abbiamo tutti pensato di conquistare il mondo, senza più ostacoli ne’ barriere! Verso una globalizzazione di cui, però, non sono stati valutati sufficientemente i tempi e quegli immensi problemi a tutt’oggi non risolti.

GAA: Quali sono i suoi programmi per l’immediato futuro?

LR: L’anno prossimo la mia attività galleristica compirà 50 anni e vorrei festeggiarli!

GAA: Perché oggi gli artisti italiani fanno fatica a emergere?

LR: Perché nel nostro paese non si crede abbastanza nella nostra arte. Non do colpa solo alla carenza delle Istituzioni (a Milano, capitale economica d’Italia, non esiste un Museo di Arte Contemporanea istituzionale) responsabili di non creare sufficienti strutture pubbliche a supporto della nostra cultura e dell’Arte italiana ma anche ad una mancanza di formazione e informazione, che sono le basi di una sana economia e dell’evoluzione di un paese. Andavo spesso a trovare Ettore Spalletti nella sua Cappelle sul Tavo e la sua domanda angosciante era sempre quella: ma chi difenderà l’Arte Italiana?

GAA: Chi?

LR: Germano Celant e Marcello Rumma hanno difeso l’Arte Italiana. La scomparsa di Germano non è solo motivo di dolore personale ma è anche motivo di un dolore corale, di tutta l’Arte Italiana, che in lui aveva un fautore e guardiano.

GAA: De Dominicis è una grande personalità. Che ricordo conserva come uomo e artista?

LR: De Dominicis si sarebbe posto la stessa domanda di Spalletti: chi difenderà oggi l’Arte Italiana?

Installation view della mostra personale di Alfredo Jaar Lament of the Images, Galleria Lia Rumma, Milano, 2018 (external view) Photo Credit Maki Ochoa; Courtesy Galleria Lia Rumma Milano – Napoli
Installation view della mostra personale di William Kentridge Triumphs, Laments and other Processions, Galleria Lia Rumma Milano, 2016 (ground floor) Photo Credit Robert Marossi; Courtesy Galleria Lia Rumma Milano – Napoli
Installation view della mostra personale di Luca Monterastelli Weightless, Galleria Lia Rumma, Napoli, 2020 Photo Credit Danilo Donzelli; Courtesy Galleria Lia Rumma Milano – Napoli In questa mostra le opere scultoree dell’artista presentano un legame profondo con la città di Napoli: «ho voluto concentrarmi – spiega l’artista – sulle storie minime delle persone che l’hanno abitata e le ho pensate come fantasmi, come tracce di chi non c’è più, e ho tradotto tale narratività indefinita in bassorilievi di cemento».
Lia Rumma; Photo Credit Danilo Ursini