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Suits, Pants, Soap (le sculture di NaOH)
In questo momento storico dove tutti viviamo la distanza, il distacco, la costrizione, e dove l’igiene sembra l’unica via d’uscita, ho deciso di raccontarvi un lavoro scultoreo sul corpo, e parte del progetto NaOH (sigla che sta per l’idrossido di sodio), che apre alcune riflessioni in questa direzione.
Nella regione più buia della piramide sociale, l’emarginato, il condannato, il pazzo, il migrante, il disagiato disegnano la figura simmetrica e inversa al Re. Il “corpo minimo” quindi si contrappone al “corpo doppio” del Sovrano.
La definizione di questo “corpo minimo” è il punto di interesse su cui ho sviluppato la mia ricerca artistica: analizzando l’elenco di oggetti forniti dai kit di Centri di Accoglienza, sia per rifugiati, sia per senza tetto o persone ai margini della società, ho potuto riscontrare analogie.
Si tratta di analogie che descrivono e richiedono una prestazione del corpo ai minimi termini .
Il kit, che deve essere fornito all’arrivo a tutti, in buste individuali, contiene i seguenti oggetti: 1 dentifricio, 1 spazzolino, 1 shampoo, 1 doccia schiuma o/e sapone, 1 sapone, 1 pettine, 1 tagliaunghie, 1 rasoio e schiuma, assorbenti femminili, 1 mutanda, canottiera, 2 calzini, 1 tuta.
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Mi interessava evidenziare quali sono i necessari elementi, così come i gesti coinvolti nella preparazione del corpo, per essere ammessi nella nostra società: pulire, deodorare, vestire, pettinare, tagliare, contenere, presentare.
Ciò che è in gioco, non è tanto la cornice troppo standardizzata di richieste legate alla pulizia e al decoro, piuttosto mi riferisco all’obbligo di conformità ai codici occidentali come vettore di potere e controllo sul corpo (in contrapposizione alle diverse identità e tradizioni accompagnate alla complessità dell’anima, che non si riesce a mascherare).
Quando penso al controllo non mi interessa riflettere sulle grandi masse, piuttosto mi interessa riflettere, prima di tutto, sulla scala del controllo: non si tratta di intervenire sul corpo in massa, ma di lavorare nel dettaglio. Movimenti, gesti, attitudini, rituali quotidiani richiesti: il solo gesto davvero importante è l’esercizio. Il corpo umano entra così in un ingranaggio di potere che lo fruga, lo distrugge e lo ricompone nella sua anatomia politica.
Suits, Pants, Soap èdedicato al gesto minimo e quotidiano di controllo sul corpo: lavarsi i denti, pettinarsi, detergersi con il sapone, abbigliarsi.
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Il materiale utilizzato è il bronzo bianco, ogni elemento scultoreo riprende sia la forma dell’oggetto presente nella nostra lista del kit (il positivo del calco), ma anche la forma del corpo stesso coinvolto nella ritualità (il negativo del calco).
Il gesto apparentemente quotidiano, conosciuto e rassicurante, tradotto in metallo, assumerà un suo peso specifico, legato al vincolo che il corpo ha verso questi codici prestabiliti dalla società.
La dualità della forma (il gesto di cui si ha la forma negativa, in relazione all’oggetto di forma positiva) sottolinea l’importanza dell’oggetto a discapito del corpo e quindi della persona, di cui si ha solo la traccia, ma non la presenza.
Dal 2016 al 2018, ho portato avanti una ricerca artistica legata al “corpo minimo”, nella sua gestualità più semplice. Da questa ricerca sono nate due opere (le sculture in bronzo appena descritte e una performance intitolata The forgetting of air) che attualmente dialogano nella mostra Risentimento ospitata presso il Kunst Museum di Merano, a cura di Christiane Rekade. La mostra è una partecipazione per il Premio Level 0, tra Kunst Merano e la Galleria Umberto Di Marino.
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Ha collaborato alla rubrica Irene Sofia Comi
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I (never) explain è uno spazio che ATPdiary dedica
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