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Intervista con Barbara Bologna / BB FW2021

Lo scorso febbraio, un’inviata speciale ha seguito un evento altrettanto ‘speciale’: la sfilata-performance “Tribù” di Barbara Bologna che avuto luogo a Milano. Abbiamo posto alcune domande all’artista e design italiana. Buona lettura ‘RESTANDO A CASA”! Da passerella a palcoscenico teatrale fino a diventare pista da ballo e, infine, show room dove i corpi di chi […]

Daniele Golia x BB, 2020

Lo scorso febbraio, un’inviata speciale ha seguito un evento altrettanto ‘speciale’: la sfilata-performance “Tribù” di Barbara Bologna che avuto luogo a Milano. Abbiamo posto alcune domande all’artista e design italiana.

Buona lettura ‘RESTANDO A CASA”!


Da passerella a palcoscenico teatrale fino a diventare pista da ballo e, infine, show room dove i corpi di chi sfila e di chi osserva si incontrano, si sfiorano e si toccano. In nome della libertà, dell’amore della fiducia e del rispetto reciproco. Il messaggio è chiaro: in questo luogo tutto è lecito. In questo spazio il pubblico diventa privato e viceversa. “Tu in che cosa vuoi mutare?”.  E sono davvero mutazioni genetiche quelle che vediamo avanzare in quella che, per convenzione, chiameremo passerella ma che è chiaro già dall’inizio che non si chiederà al pubblico di guardare e giudicare, ma di entrare in uno spazio comune. 

Cosa muove davvero questa necessità di rompere i confini non solo a parole ma mettendo in atto una dinamica reale?

Barbara Bologna. Ho sempre pensato che le parole non potessero cambiare davvero le situazioni preesistenti,  per quanto in grado di  fortificare gli animi  non avessero la forza di rendere reale quello che davvero di voleva cambiare o comunicare.
Mi espongo, creando di me quello che serve, senza paura di venire colpita o venerata, ma divenendo lo “strumento reale” per cercare di cambiare le cose.

Gaia Benedetti Perinetti Casoni x BB, 2020
Barbara Bologna Ph. Guido Mencari, Milano Area

All’entrata della sfilata la prima cosa che viene chiesta è di infilarsi una tuta bianca. La negoziazione avviene quasi senza urti, il primo patto è stato stipulato, così come il link tra il dentro e fuori. Una volta dentro la macchina è complessa, le luci mostrano solo alcuni lati dello spazio, la passerella si riempie e si svuota a ritmo di musiche travolgenti. Ed eccola la tribù di Barbara Bologna che comincia a svelarsi. La trama è quella del sogno, i cui confini tra utopia e distopia. Si è tutti catapultati in qualcosa di tanto artificioso quanto autentico. Quest’anno non solo avete scelto nuovamente il casting tramite Instagram, ricercando personalità e fisicità fuori dal comune, ma avete condiviso con loro mood, ispirazioni e messaggi.
Avete chiesto a ognuno di loro di rileggere i concept della sfilata e di reinterpretarli, facendo così avete dato voce alla comunità post-internet. 
VS: Quali sono le risposte che vi hanno più colpito? 

Josey Heyes 
“As for, “Save the Cheerleader, Save the World” , it makes me think of the contrast between the American Dream and Hyper-capitalization and the desire for freedom in a restricted world. It makes me think of joyful dancing in front of riot police, childish games in acid rain….Cheering on the revolution of the world

Steno
“Parlando di genetics tribù la prima cosa che mi viene in mente, riguarda un processo naturale in cui la metamorfosi avviene, una tribù in costante mutamento appunto genetico legata anche alle proprio peculiarità, un modo di essere legato al divenire di ognuno. Pensandoci a primo impatto vengono ovviamente in mente temi come il Gender e la fluidità sessuale,al terzo paradiso di Pistoletto. Un abbatimento delle etichette o meglio questo e quello a cui punto cio che sono, compenetrazione di energie maschili e femminili che fanno di me stesso me. Penso alla libertà di essere chi si è e al mutare sulla base della propria autenticità (la cosa più importante alla fine )

Alice Jones aka Ari J
“I Candy” to me sounds like a play on the phrase eye candy, usually a derogatory term referring to a person as a nice looking accessory which is dehumanising. I think your phrase is clever, it allows the subject to reclaim and wear the phrase themselves, making it powerful”

Drew Beckett
“I guess for genetic tribe I think of mutation – not only did I lose all my hair, but I have a lot of skin problems from my body constantly attacking itself. So I see a genetic tribe as something that has uniqueness – nothing can ever be truly duplicated or replicated, bit also which has conflict in it, and pain and discomfort. You also have to find beauty in things other people might ugly or scary. And then as a tribe you are bound together by being outsiders, and never really feeling as if you have a place to settle.”

Alessandro Lenzi
“Pensando a “ Run with me “ la prima cosa a cui ho pensato è lʼimmagine di una creatura ibrida forse avvicinabile alla figura di un angelo o forse un alieno, che cerca di trasmettere ad altre anime questa coscienza rivoluzionaria dellʼEsistere per la propria unicità per allontanarle dallʼomologazione e salvarle”

Valerie Pavesi
“Io sono caoticamente creativa, amo  giocare con con registri diversi, ma sempre estremizzati. Ho  elementi di femminilità estrema, mi piace giocare col trucco esagerato, parrucche, extension, ma ho anche un lato essenzialmente maschile altrettanto dominante. Insieme creano un androginia caotica. Mi è sempre piaciuta l’idea del decadente e degenerato, indossare un completo di tweed di Chanel che potrebbe pure essere di tua nonna ma tagliarlo a minigonna e vomitarci sopra”

Barbara Bologna Ph. Guido Mencari, Milano Area
Barbara Bologna Ph. Guido Mencari, Milano Area

Creature che sembrano uscite da romanzi mai scritti di John Ajvide Lindqvist o da film mai girati di Lucio Fulci, con caratteristiche che ci fanno pensare a codici di comportamento agli antipodi, eppure immaginati per essere parte di un’unica tribù: orecchie elfiche, canini appuntiti, bocche glassate, occhi capaci di vedere perfettamente anche al buio.
Tra il casting c’erano anche dei performer internazionali, quali arti live contemporanee sono soliti e solite praticare? E in quali contesti? Inoltre avete attivato collaborazioni con registi e artisti visivi, che cosa hanno prodotto le vostre visioni assemblate? 

BB: Tutta la tribu’ si è nutrita di contaminazioni e collaborazioni. Quando creo, sono connessa a più persone e diversi sentire, in uno scambio che abbraccia la totalità.
Cosi le creazioni dei “mutanti” di Mark Sodeberg (artista visivo californiano) sono diventate i volti del mood Genetisc Tribu, e le grafiche della tattoo artist Dalida Iardella, la perfetta rappresentazione di quello che volevo dire con Public Sex, finita con l’atto della tatuatrice di trasformare -pubblicamente durante lo show- la mia pelle in seta stampata, imprimendomi come tatuaggio una delle figure scelte per la collezione.
Con i ragazzi e le ragazze del casting, la scelta è sempre istintuale. Vedo i loro profili, in qualche modo le loro vite, cominciamo a comunicare a distanza e comincia la magia.
Durante queste sessioni di dialogo per scegliere il casting per la sfilata scopro che Drew Backett, ha lavorato per anni nella scena undeground della performance art a Londra, che Ari J è la front woman di un gruppo punk tutto al femminile (Pussyliquor), che Cosmic Cat sta portando avanti, seppur giovanissima, uno suo personale progetto di ibridazione tra music design e performance che ha già attirato l’attenzione dei media britannici.
E ancora che Germana Stella Sebastianelli che è una fotografa italiana, Berlin based, Josey Heyes una musicista e compositrice di musica elettronica (workforce) al debutto con il primo album prodotto a Berlino. Insomma, ognuno di loro ha un background di ricerca e azione in cui mi rispecchio: trovano sempre il tempo di nutrire la loro creatività spaziando in ambiti e discipline apparentemente distanti, che successivamente riversano nelle loro azioni artistiche, siano performative, musicali, fotografiche o altro. 
La collaborazione con Ced ed Elisabetta -ideatori e registi dei video creati ad hoc per la sfilata- è stata un dialogo serrato, dove ci si è capiti da subito, attraverso miliardi di suggestioni visive , dai  mood che avevo pensato, ai mini clip video che mi mandavano in risposta, e siamo andati avanti cosi quasi fino alla fine.
Ci siamo lasciati vicendevolmente molto  , sentendoci tutti di nuovo ed ancora a casa. Oltre il lavoro di visual art che avete viso allo show, il progetto è più esteso, e a breve ne uscirà un medio metraggio che presenteremo nei festival dedicati.

Le tracce musicali sembrano discordare dal mood degli abiti proposti, ma addizionandosi e sovrapponendosi di continuo rendono perfettamente le parole di Walt Whitman “Do I contradict myself? Very well, then I contradict myself, I am large, I contain multitudes.”
Ma quali sono le contraddizioni e le moltitudini che sottendono i codici di questa nuova tribù? 

BB: Quanto il vecchio è veramente vecchio oppure può addizionarsi  in una nuova progressione?  Quello che noi sentiamo discordante è semplicemente perché non abbiamo la capacita di sentirlo .

Anna Santarelli x BB, Barbara Bologna, Milano 2020

La tuta bianca fatta indossare all’entrata, pensata come indumento neutro sul quale proiettare i video dell’artista Ced Pakusevskij dello studio Fullscream basato tra Milano e Los Angeles, diventa a un tratto una seconda pelle di cui liberarsi, un modo per poter fare la muta e ritrovare la forma voluta, prima e durante l’incontro ravvicinato e reale con le creature della tribù di Barbara Bologna. Per la prima volta gli abiti visti in passerella possono essere osservati da vicino, toccati, annusati. Quanta fiducia è stata messa in campo per permettere di toccare e avvicinarsi così tanto ai preziosi abiti della sfilata da parte del pubblico? Trasformare una pista da ballo in un vero e proprio show-room, permettendo al pubblico di vedere da vicino le creazioni è il performativo che diventa reale cambiando anche il rapporto tra chi sfila e chi osserva? 

BB: Non esiste collezione se non si può davvero indossare e toccare, mi sono chiesta perché non diminuire la spazio fisico fra pubblico e modelli / performer, perché non neutralizzarlo in un flusso di gioia e di coinvolgimento, nella danza nella liberazione, dove gli abiti avrebbero preso il loro migliore senso , dato dall’energia di chi li portava.  Volevo una tribù, e ho cercato di espanderla facendone arrivare tutto il suo respiro, senza confini.

VS: Le sete stampate con motivi cari ai nerd e agli appassionati di fantasy e fantascienza, i cotoni rilavati dall’estetica country, i preziosi tulle plissettati e le lane morbidissime, ogni cosa è vicina e alla luce di uno show-room improvviso a decretare la fine del rapporto instaurato durate la performance. Vi siete fidati, siete stati al gioco, ecco, ora siamo noi a fidarci di voi. Tutti insieme in un’unica grande tribù. Era questo il messaggio finale? 

BB: Si era perfettamente questo. Amateci, perché cercheremo di essere un migliore futuro, insieme a voi.

Barbara Bologna Ph. Guido Mencari, Milano Area
Barbara Bologna Ph. Guido Mencari, Milano Area