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Fiore aperto fiore chiuso | In conversazione con Maurizio Bongiovanni e Giulio Catelli

In occasione della doppia personale Fiore aperto fiore chiuso, ospitata fino al 24 gennaio 2020 alla Galleria Richter di Roma, abbiamo posto alcune domande ai due artisti Maurizio Bongiovanni e Giulio Catelli. Segue l’intervista di Elena Bordignon Elena Bordignon: L’intento di questa mostra alla Galleria Richter è quello di mettere in relazione due diversi ‘discorsi […]

Richter Fine Art – Maurizio Bongiovanni e Giulio Catelli_Siamo Amici – photo credits Giorgio Benni

In occasione della doppia personale Fiore aperto fiore chiuso, ospitata fino al 24 gennaio 2020 alla Galleria Richter di Roma, abbiamo posto alcune domande ai due artisti Maurizio Bongiovanni e Giulio Catelli.
Segue l’intervista di Elena Bordignon

Elena Bordignon: L’intento di questa mostra alla Galleria Richter è quello di mettere in relazione due diversi ‘discorsi pittorici’. Come hai vissuto questo confronto? Che reazione hai avuto rispetto all’opera di Giulio Catelli?

Maurizio Bongiovanni: Personalmente vivo con molta gioia i confronti, nel caso di Giulio ho vissuto fin da subito una forte sintonia. É stato tutto molto spontaneo. La sua ricerca mi ha sempre affascinato per molteplici ragioni: è luminosa, fresca e onirica.
La cosa che gli invidio è sicuramente la sua capacità di poter dipingere ovunque, persino in una barchetta.

EB: E la tua reazione rispetto al lavoro di Maurizio Bongiovanni?

Giulio Catelli: Quando Tommaso Richter mi ha proposto la mostra a due, oltre all’entusiasmo, c’è stato anche un certo senso di disorientamento. La difficoltà iniziale è stata quella di immaginare la pittura estroversa e cangiante di Maurizio, accanto a quella un po’ criptica, che porto avanti negli ultimi anni.  Lo stimolo è stato quello di mettere alla prova il proprio armamentario e di perseguire una certa asciuttezza, forse proprio a contrasto con i lavori del mio collega. Non sono mancate, prima di questo progetto romano, le occasioni di confronto. Un anno fa, ci siamo trovati fianco a fianco in un happening pittorico a cura di Lorenza Boisi a Milano e in seguito siamo rimasti in contatto per la collaborazione alla piattaforma digitale de Il piccolo Giotto, dove sono apparsi per la prima volta i nostri disegni, spesso abbinati, come in dialogo.
Sulla produzione grafica di Maurizio bisognerebbe dedicare mostre a parte, animata com’è da una felicità esaltante, spontaneo come l’acqua di polla e irrefrenabile come in uno stato di trance. Della sua opera è la parte che forse mi coinvolge di più. Non è un caso che il grande disegno a quattro mani, esposto al piano inferiore della galleria sia nato in poco più di un’ora, associando i reciproci repertori, in un esito inatteso a noi stessi. Punto di partenza per riflessioni ed elaborazioni future, è un foglio che festeggia un’amicizia, le immagini sono seguite le une alle altre, innestandosi in un crescendo complesso e fantastico.

Richter Fine Art – Maurizio Bongiovanni – Scary world theory, olio su tela, 2019_photo credits Giorgio Benni
Richter Fine Art_Giulio Catelli – Passeri dell’isola bella, 40x40cm, olio su tela, 2019_photo credits Giorgio Benni

EB: Vi siete ‘incontrati’ in un giardino. Cosa vi ha colpito di questo luogo?  Quali caratteristiche di questo spazio all’aperto ha stimolato il vostro lavoro?

Maurizio Bongiovanni: Le nostre lunghe telefonate con scambi di foto, musiche e disegni hanno generato un giardino mentale. In questo luogo abbiamo visualizzato poche cose, inizialmente steli di rose recise, elementi cari alla mia poetica, o giovani nudi che si rotolavano tra i rovi come San Francesco per sfuggire alla tentazione del diavolo. Successivamente siamo passati all’ascolto di vecchie canzoni come “Le rose rosse” di Carlo Buti.

Giulio Catelli: In realtà è stata la fantasia iperbolica di Maurizio a creare questo luogo. Dovendo immaginare un titolo per la mostra, vedevamo che erano le figure naturali a ripresentarsi. Più che altro, siamo stati a lungo al telefono, stimolandoci e talvolta mettendoci in crisi. Potrei azzardare che il giardino non sia stato evocato a caso e che possa identificarsi per Maurizio, in un meraviglioso Eden popolato di efebi; per me lo spazio all’aperto coincide con quello della pittura, al libero spontaneo contatto, con la luce e con le cose.

EB: Il titolo della mostra – Fiore aperto fiore chiuso – allude a “due diversi registri del sentire”. In quale ti riconosci e perché?

Giulio Catelli: Per natura, poi per scelta, fiore chiuso! Il mio temperamento introverso e anche variamente indisciplinato, mi ha portato a prediligere un registro espressivo feriale, un contenuto che si sveli lentamente. Influisce anche il sospetto, in linea di massima, per ciò che squaderni a colpo d’occhio i propri contenuti estetici, emotivi, saturando la possibilità di lettura dell’immagine. Con Maurizio abbiamo visto che l’idea del fiore contenuta nel titolo della mostra, con le sue connotazioni stereotipate, di grammofono gracchiante, si prestava a una lettura ambivalente, adatta a smorzare ogni presupposto liricizzante.  Anche questo è stato un punto di grande sintonia: entrambi viviamo con sospetto ogni intento d’atmosfera poetica ed attingiamo a repertori i più disparati, senza alcuna preclusione.

Maurizio Bongiovanni: Abbiamo scherzato molto su questo titolo, e ancora oggi lo facciamo. Penso proprio che sia un titolo semplice ed efficace, se abbinato alla riflessione pittorica.
Il fiore può essere inteso come un occhio che osserva il mondo, mentre quando è chiuso esplora il suo universo interiore.
In questo momento la mia pittura vuole essere un fiore aperto, in grado di attirare o respingere lo spettatore. Mi interessa molto l’ambiguità. Mi piace ricordare la frase di Kundera: “Non c’è erotismo autentico senza l’arte dell’ambiguità; più l’ambiguità è potente, più è viva l’eccitazione”.

Richter Fine Art – Fiore aperto fiore chiuso – Giulio Catelli, Maurizio Bongiovanni – Photo credits Giorgio Benni
Richter Fine Art – Fiore aperto fiore chiuso – Giulio Catelli, Maurizio Bongiovanni – Photo credits Giorgio Benni

EB: Nello scarto tra le due vostre visioni, nelle differenze che vi contraddistinguono, come racconteresti la ricerca pittorica di Giulio Catelli?

Maurizio Bongiovanni: La racconterei disteso in una spiaggia, in un litorale segreto amato da Cicerone. Bevendo una bibita fredda al limone, dopo aver fatto una lunga ed estenuante nuotata.
Con i capelli ancora bagnati e pieni di sale, inizierei a pensare al suo spettro pittorico: gentile ma mai calmo.

EB: E tu, Giulio, come la racconteresti?

Giulio Catelli: La pittura di Maurizio com’è oggi, popolata da figure conturbanti, arriva da un percorso molto articolato. Nei suoi dipinti entrano in campo riflessioni sulle immagini digitali, sui social network, con slanci fantastici e surreali, di uno splendore erotico e cromatico spaesante.  Ciò che mi attrae, di un discorso impostato su termini quasi agli antipodi è anche lo sviluppo del lavoro di Maurizio; dagli uccellini coloratissimi di qualche anno fa, alle figure di oggi, fino all’apparente contraddizione dei disegni, che liberano le forme in una pratica affine all’automatismo psichico. Questo svolgimento aperto e multiforme, indica una gestione dei processi affine al mio modo di intendere la pittura, spesso animata dal dubbio e più volte percorsa dai ripensamenti.

EB: Mentre Giulio Catelli racconta la realtà per frammenti, per forme accennate, la tua ricerca pittorica è più dettagliata, ma non per questa meno ambigua. Parli di “uomini portatori di caos”. A cosa ti riferisci nello specifico?

Maurizio Bongiovanni: Non ho un riferimento preciso, penso solo che attraverso la loro effimera esistenza, cercano di sfidare un labirinto interiore.

EB: Maurizio Bongiovanni mette in scena uomini portatori di caos; le tue tele, invece, suggeriscono atmosfere quotidiane sfumate, accennate. Come scegli i tuoi soggetti e le loro dimensioni esistenziali?

Giulio Catelli: Le immagini che appaiono nei miei dipinti si riferiscono ad una sfera privata, ad oggi convivono diverse dimensioni e forse due sono prevalenti: quella più propriamente narrativa e un’altra, in cui i termini oggettuali tendono ad essere rimessi in discussione e ad essere visti in sé. Momenti, potrei dire, di un complessivo approccio diaristico. Per come concepisco la pittura, un quadro è una presenza che contiene una dimensione dialogica, un oggetto con cui convivere… che in fin dei conti è sempre una prova rilevante! In genere i soggetti hanno bisogno di una sedimentazione piuttosto lenta ma l’esecuzione è rapida, accennata, la mia aspirazione è la chiarezza, un’ambizione tutto sommato diversa dalla definizione ottenuta col cesello.
Il frammento, il flash visivo è al momento il modo più agile ad evocare attraverso una parte un tutto, un racconto; aprirsi alla diversità degli stimoli, rimanere aderenti a se stessi, evolversi, reinventarsi.

Fiore aperto fiore chiuso
Mostra di Maurizio Bongiovanni e Giulio Catelli
Fino al 24 gennaio 2020
Galleria Richter, Roma

Richter Fine Art – Giulio Catelli – Festa induista, olio su tela, 2019_photo credits Giorgio Benni
Galleria Richter Fine Art – Giulio Catelli – Untiled 1, 24x30cm, olio su tela, 2019 – Photo credits Giorgio Benni
Richter Fine Art – Maurizio Bongiovanni – Fiore, olio su tela, 2019 – Photo credits Giorgio Benni