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Né altra Né questa: La sfida al Labirinto | Intervista con Giovanna Silva

Il tema del prossimo Padiglione Italia non poteva che essere più calzante in una città come Venezia: il labirinto. Città eternamente sfuggente e imprevedibile, farà da perfetto sfondo alla mostra che porta la firma dei uno dei curatori che, come la città lagunare, è ben definibile come imprevedibile. Milovan Farronato ci ha raccontato alcune settimane […]

Il tema del prossimo Padiglione Italia non poteva che essere più calzante in una città come Venezia: il labirinto. Città eternamente sfuggente e imprevedibile, farà da perfetto sfondo alla mostra che porta la firma dei uno dei curatori che, come la città lagunare, è ben definibile come imprevedibile. Milovan Farronato ci ha raccontato alcune settimane fa il suo Padiglione Italia, Né altra Né questa: La sfida al Labirinto, in cui ha invitato a cui partecipano, con lavori inediti e opere storiche, tre artisti italiani: Enrico David, Chiara Fumai e Liliana Moro.
“Il labirinto è un sistema di display, all’interno del quale creare una narrativa spezzata e non lineare. Sarà l’osservatore a dover scegliere quale strada percorrere per poi magari tornare sui propri passi”. 
Passando attraverso l’antinomia tra metafora della complessità, vista nei termini di un arricchimento continuo e costante, e figura perfetta e razionale, il labirinto manifesta la propria iperbolica natura paradossale in cui la perdita di punti di riferimento spazio-temporali è funzionale al ritrovamento di nuove coordinate.

Il sottotitolo della mostra allude a “La sfida al labirinto”, saggio di Italo Calvino del 1962, a cui il curatore ha scelto di trarre ispirazione. In questo saggio, pubblicato per la prima volta sul Menabò – rivista da lui fondata con Elio Vittorini nel ’59 – lo scrittore cerca di definire i termini di un progetto culturale che cerca una letteratu­ra aperta “a tutti i linguaggi possibili”; per rappresentare la non  linearità del mondo contemporaneo propone l’efficace metafora, cara anche allo scrittore argentino Jorge Luis Borges, del labi­rinto: un miscuglio di linee, forme, tendenze a prima vista in disaccordo, in realtà costruito se­condo regole severe che solo l’intelletto emotivo riesce a distinguere.

La letteratura, sembra suggerire Calvino, e l’arte, aggiungiamo noi,  non deve riprodurre l’apparenza intricata e caotica del labirinto, ma ha il compito di tracciare la mappa, “la più particolareggiata possibile”, del complesso mondo di oggi; per, aiutare gli uomini a orientarsi. Scrive Calvino, “Quel che la letteratura può fare è definire l’atteggiamento mi­gliore per trovare la via d’uscita, anche se questa via d’uscita non sarà altro che il passaggio da un la­birinto all’altro. È la sfida al labirinto che vogliamo salvare, è una letteratura della sfida al labirinto che vogliamo enucleare e distinguere dalla letteratura della resa al labirinto”.

Foto tratte dal sito del Padiglione Italia 2019 – Né altra Né questa La sfida al Labirinto, Biennale di Venezia 2019

Spetta quindi alla letteratura, e in questo caso all’arte,  la continua e ardua ricerca di un metodo, un modo di dialogare con il caos senza per questo illudersi che sia possibile eliminarlo.
Interpretando tale linea di pensiero in chiave artistica, Né altra Né questa mette in scena un percorso espositivo non lineare e non riducibile ad un insieme di traiettorie chiare e prevedibili. I percorsi per attraversarlo,  dunque, saranno esponenzialmente legate alle  interpretazioni che lo spettatore sarà libero di immaginare. Perché la scelta curatoriale sembra essere fondata propria sulla decisione ci mette al centro lo spettatore che avrà un ruolo attivo nel determinare il proprio itinerario e mettersi così a confronto con l’esito delle proprie scelte, contemplando il dubbio e l’indeterminatezza come parti ineludibili della conoscenza.

Un accenno su ciò che sarà il labirintico Padiglione Italia è dato dalla struttura del sito. Presentato come un ‘labirinto  virtuale interattivo”, il sito offre un’esperienza visiva che si dirama tra le immagini del visual essay di Giovanna Silva. Le fotografie, in parte prodotte da Silva – che si troveranno anche in catalogo (Ed. Humboldt Books ) – raccontano di labirinti, fisici e metaforici, sparsi in Italia: Il Cretto di Gibellina di Alberto Burri; il topos letterario della selva orrorifica; l’Archivio Storico delle Arte Contemporanee di Venezia (Asac); le architetture labirintiche di Giancarlo De Carlo di Urbino; i depositi archeologici di Pompei; lo studio d’artista di Carol Rama; gli intricati urbani di Matera ecc.

In merito alla sua partecipazione al progetto, abbiamo posto alcune domande a Giovanna Silva

Elena Bordignon: Il curatore del Padiglione Italia Milovan Farronato ha definito il tuo contributo al progetto editoriale del Padiglione Italia, come un ‘saggio visivo’. Mi racconti come ti sei confrontata ai luoghi che hai visitato in relazione al tema del labirinto?

Giovanna Silva: Con Milovan abbiamo a lungo parlato del libro. Entrambi – il curatore e l’editore – volevamo che fosse qualcosa di più di un semplice catalogo, pensavamo fosse necessario supportare i testi con immagini che espandessero il punto di vista sul labirinto e che non fossero solo e necessariamente quelle degli artisti. Abbiamo iniziato a stilare una lista di alcuni luoghi labirintici sparsi in giro per l’Italia, pescandoli dall’esperienza e dalla memoria. È stato un processo lungo che si è trasformato ed è cresciuto nel tempo, accogliendo spunti e suggestioni anche dall’esterno. Alcune fotografie vengono dal mio archivio di immagini, come quelle di Matera; altre, come i collegi di Urbino, sono state scattate una settimana prima di andare in stampa. Ma il regalo più bello che potesse farmi questo libro è stata la visita gli archivi di Pompei.

Foto tratte dal sito del Padiglione Italia 2019 – Né altra Né questa La sfida al Labirinto, Biennale di Venezia 2019

EB: Labirinti fisici e simbolici, la raccolta selezionata per “Né altra Nè questa: La sfida al Labirinto,” sembra raccontare il concetto in modo metaforico. Ciò che mi interessa è la ‘sfida’ che Milovan ha voluto inserire nel titolo. Come hai interpretato il taglio che ha voluto dare il curatore? E’ stato uno sguardo ‘di sfida’ quello che ti ha guidato in questo progetto? O cos’altro?

GS: Ho cercato per quanto possibile di accentuare la ‘labirinticità’ dei luoghi scelti, lavorando sia sull’inquadratura di ogni singola immagine sia sulla sequenza, attraverso ripetizioni e contrasti, per fare eco al progetto grafico del Padiglione di Valerio di Lucente. Le foto che abbiamo scelto sono in alcuni casi molto simili tra loro, amplificando l’effetto-specchio che guida l’immagine coordinata della mostra.

EB: Il Cretto di Gibellina di Burri, i depositi archeologici di Pompei, il labirinto Borges alla Fondazione Giorgio Cini sono alcuni dei luoghi che hai immortalato. Quali tra questi condensa, a tuo parere, il concetto di labirinto? Perché?

GS: Non saprei dire quale tra questi sia più labirintico. Di certo ogni labirinto lo è a modo suo ma nella loro diversità in tutti ho ritrovato, fotograficamente, la sensazione del bivio, delle diverse possibilità e degli innumerevoli percorsi. Questa è la prospettiva che ho cercato in quei luoghi di smarrimento reale come il Cretto di Burri a Gibellina e i Collegi di De Carlo a Urbino. Altri luoghi invece come gli archivi di Pompei e la casa di Carol Rama lo sono perché sono luoghi di accumulo, di stratificazione, dove ci si perde nella pienezza.

Ti conoscono come esperta e sensibile viaggiatrice. Hai attraversato luoghi estremi e, per molti versi, pericolosi. Significativo che il tuo sito si apra con una lista di città, stati, territori sparsi in tutto il pianeta: Afghanistan, Baghdad, Beirut, Berlin, Cambodia, Egypt, Ethiopia, Ho Chi Minh, Iceland, India, Jantar Mantar, Japan, Landscapes, Los Angeles, Libia, Niagara, Nightswimming, Nile Delta, Siria, Srilanka, Teheran, U.S.A., Vietnam, West, W.I.L.D.T. per citarne alcune.
Tra queste tappe, anche se esulano dal territorio italiano – confine a cui è stato dato lo spettro di immagini selezionate – quale inseriresti tra i luoghi inclusi nel catalogo di “Né altra Nè questa: La sfida al Labirinto”? Per quale ragione?

Jantar Mantar a Jaipur: è uno dei cinque complessi ‘astronomici’ fatti costruire nella prima metà del Settecento dal maharaja in tutta l’India. In questo sito le architetture funzionano come veri e propri strumenti astronomici che ancora meravigliano per la loro precisione. Ho visto che anche Milovan recentemente lo ha citato, dedicandogli un post su instagram. È un luogo magico che racchiude entrambi i ‘livelli’ labirintici sopra citati. Un labirinto reale, fisico, e uno mentale, che invita a perdersi.

Foto tratte dal sito del Padiglione Italia 2019 – Né altra Né questa La sfida al Labirinto, Biennale di Venezia 2019