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In conversazione con Like a little disaster e Roberta Mansueto

Testo di Martina Matteucci — “Pensando a noi stessi e alle comunità come acquatiche, possiamo disancorarci in modi produttivi…Possiamo aprire all’alterità: agli altri corpi, agli altri modi di essere e agire nel mondo – nel riconoscimento simultaneo che questa alterità fluisce anche attraverso di noi” (Astrida Neimanis – Hydrofemminism)  Like A Little Disaster è un collettivo […]

5.Dripping in crocodile tears, 2019, exhibition view, at Foothold/Like a Little Disaster. Ph. Like a Little Disaster
Dripping in crocodile tears, 2019, exhibition view, at Foothold/Like a Little Disaster. Ph. Like a Little Disaster

Testo di Martina Matteucci

Pensando a noi stessi e alle comunità come acquatiche, possiamo disancorarci in modi produttiviPossiamo aprire all’alterità: agli altri corpi, agli altri modi di essere e agire nel mondo – nel riconoscimento simultaneo che questa alterità fluisce anche attraverso di noi”
(Astrida Neimanis – Hydrofemminism)

 Like A Little Disaster è un collettivo di ricerca artistica e curatoriale fondato nel 2014 da Giuseppe Pinto e Paolo Modugno. Con il tempo il gruppo si è allargato e si sono aggiunti Marika Dandi, Lysa Neufville, Benedetta Screti e tutti gli artisti e curatori che si aggregano e alternano in base alle specificità dei singoli progetti. Dopo una prima fase nomadica che li ha visti operare in diversi spazi reali e virtuali, da marzo 2016 la gran parte delle azioni di L.A.L.D. si concretizzano nello spazio Foothold, un project space situato a Polignano a Mare in provincia di Bari. “Foothold” è un termine prelevato dal mondo del climbing e significa “punto d’appoggio momentaneo ma sicuro”. È in questo contesto e spazio che Roberta Mansueto ha curato Dripping in crocodile tears, mostra collettiva che fa parte del progetto Talea, promosso e coordinato da Like a little disaster.

Martina Matteucci ha intervistato i fondatori del progetto L.A.L.D e Roberta Mansueto —

Martina Matteucci: Cos’è e come nasce Like a Little Disaster?

L.A.L.D.: Like A Little Disaster è un’entità multipla con un’unica visione. Indaga il concetto di perdita dell’individualità-unicità attraverso la costante comunicazione-interazione con l’Altro. In questa prospettiva, il sé esiste solo perchè parte di un gruppo più grande. Attraverso la scomparsa dell’Io e il divenire Noi, composto da diversi background, pensieri, motivazioni inconsce, desideri e paure, il progetto tenta di riflettere e interpretare la società presente e futura. L.A.L.D. si muove in quel flusso sociale dove l’idea di avere un’identità definita e fissa è sempre meno necessaria. La dinamica delle varie identità che si sciolgono e fondono nella creazione di un’unica pratica si manifesta attraverso forze attrattive e repulsive che cercano di trovare un equilibrio provvisorio e fragile. Il confronto, la critica, e il contrasto delle idee è una costante del processo collaborativo. Abbandoniamo l’ego per il beneficio dell’idea collettiva.

5.Dripping in crocodile tears, 2019, exhibition view, at Foothold/Like a Little Disaster. Ph. Like a Little Disaster
Dripping in crocodile tears, 2019, exhibition view, at Foothold/Like a Little Disaster. Ph. Like a Little Disaster
Giulio Scalisi, graphite on paper, stencil, 2019. Ph. Like a Little Disaster
Giulio Scalisi, graphite on paper, stencil, 2019. Ph. Like a Little Disaster

MM: Definite la vostra pratica “collaborativa, mutualistica e multicentrata”.

L.A.L.D: Nel nostro panorama verità multiple possono coesistere e co-evolvere senza un ordine lineare o definitivo, non vi è gerarchia tra oggetti e soggetti. In questo senso, il concetto di techno-animismo ha influenzato la nostra ricerca fin dall’inizio, portandoci a rispondere a domande che coinvolgono la relazione e l’equilibrio tra l’umano, la tecnologia e l’ambiente. Siamo molto interessati alla nozione di realtà alternata, in cui dimensioni multiple si mescolano perennemente tra loro. Questo interesse è parzialmente collegato alle recenti scoperte scientifiche sul multiverso; un’ipotesi che postula l’esistenza di universi coesistenti fuori dal nostro spazio-tempo. È un approccio che può cambiare radicalmente la nostra convinzione storica dell’unicità.

MM: Come si inserisce il progetto TALEA in questo discorso?

L.A.L.D: Il progetto Talea è un effetto della pratica di L.A.L.D. Talea rappresenta una sorta di estensione – ai curatori – dell’interazione/collaborazione con gli artisti. Il progetto “Dripping in crocodile tears” segue “Heedfull Sight” (Talea#2) a cura di Mattia Giussani, con Joachin Coucke e Maurizio Vicerè e “First I Have to Put My Face On” (Talea#1) a cura di Christina Gigliotti, con Adam Cruces, Valinia Svoronou, Julia Colavita, Monia Ben Hamouda, Sung Tieu, Nicole Colombo, Barbora Fastrová, Mariantoinetta Bagliato, Jakub Choma e Pinar Marul. La talea è il frammento di una pianta usata per la propagazione vegetativa. Generalmente la talea viene sistemata nel terreno o nell’acqua per rigenerare le parti mancanti, dando così vita a una nuova forma di vita indipendente da chi l’ha originata. La talea è per noi l’immagine di una possibilità condivisa. Ci piace immaginare gli interventi dei vari curatori come frammenti o porzioni della loro pratica “posizionati” in uno spazio/ambiente capace di generare radici connettive e reti collettive.

9.Giuliana Rosso, Se non sai cosa dire, oil on canvas, 100x180cm, 2018. Ph. Like a Little Disaster
Giuliana Rosso, Se non sai cosa dire, oil on canvas, 100x180cm, 2018. Ph. Like a Little Disaster
20.Tania Fiaccadori, Leukothéa, detail, lycra, lures, salt water, 2019. Ph. Like a Little Disaster
Tania Fiaccadori, Leukothéa, detail, lycra, lures, salt water, 2019. Ph. Like a Little Disaster

MM: Si è da poco conclusa la mostra “Dripping in crocodile tears”, un’analisi sulla vita e l’origine dell’uomo che parte da un elemento che lo caratterizza: la lacrima. Ma è davvero così?

Roberta Mansueto: La mostra prende avvio dall’approfondimento di teorie scientifiche/biologiche, partendo proprio dalla lacrima considerata caratteristica peculiare nell’Homo Sapiens, anche se non tutti gli studiosi sono d’accordo con questa esclusività. Si è scoperto infatti che molti animali versano lacrime salate simili alle nostre, dagli occhi o del becco, come riscontrato nei coccodrilli, uccelli marini, elefanti e scimmie. Le lacrime rimangono però “not typical in animals but unique in Homo Sapiens”, per citare Ad Vingerhoets. Gli studiosi hanno cercato di spiegare il meccanismo delle lacrime come complessa interazione di sistemi fisiologici, psico-biologici, cognitivi e sociali, ma soprattutto concentrandosi sull’analisi delle emozioni. In The Expression of the Emotions in Man and Animals (1872) Charles Darwin spiegava che i comportamenti espressivi servivano inizialmente a specifiche funzioni per la propagazione della specie, ma che in seguito guadagnarono valore comunicativo nel corso dell’evoluzione.

MM: L’uomo quindi piange da sempre?

RM: Il mistero che ancora avvolge questa struttura liquida sono le sue origini: gli scienziati non hanno ancora determinato come e perché la lacrima riuscì a sopravvivere nella nostra evoluzione. Ed è qui che si inserisce la teoria della scimmia acquatica, nota con il nome di Aquatic Ape Theory e sviluppata negli anni ‘60 dal biologo marino Alister Hardy. Secondo lui, infatti, il progenitore dell’uomo sarebbe stato un primate che, a causa del clima africano e della deforestazione, avrebbe iniziato a stabilirsi presso habitat fluviali, per poi ritornare nella savana. La teoria offriva una lettura anche al fenomeno delle lacrime: in qualche modo esse rientravano in quei meccanismi di adattamento – espulsione di liquidi e sali, che ritroviamo negli animali marini. Per Morgan quindi piangere è un adattamento incipiente e non ci fu un’evoluzione a riguardo per l’uomo perché non restò acquatico sufficientemente a lungo. Questa teoria, anche se nei primi anni del duemila è stata nuovamente oggetto di approfondimenti e dimostrazioni soprattutto grazie al lavoro divulgativo e ostinato da parte della scrittrice e scienziata britannica Elaine Morgan, non è mai stata confermata dalla scienza.

17.Tania Fiaccadori, Leukothéa, detail, resin, enamel, eva foam, earplugs, candles, lycra, lures, sea monkeys, salt water, dimension variable, 2019. Ph. Like a Little Disaster
Tania Fiaccadori, Leukothéa, detail, resin, enamel, eva foam, earplugs, candles, lycra, lures, sea monkeys, salt water, dimension variable, 2019. Ph. Like a Little Disaster
13.Dripping in crocodile tears, 2019, exhibition view, at Foothold/Like a Little Disaster. Ph. Like a Little Disaster
Dripping in crocodile tears, 2019, exhibition view, at Foothold/Like a Little Disaster. Ph. Like a Little Disaster

MM: Il tema è complesso e diverse sono le teorie a riguardo. Come hanno affrontato la questione gli artisti in mostra?

RM: La mostra si compone di lavori inediti e di opere selezionate per poter offrire vari piani di lettura rispetto all’argomento trattato. Mi interessava portare il discorso evoluzionistico-biologico in parallelo con quello culturale poiché quest’ultimo viene spesso separato dal discorso scientifico, ma in realtà sono molto connessi. Ad esempio Rada Kozelj con Pravda (2019) s’interroga sul rapporto tra femminilità e pianto scoprendo, tra l’altro, un’attribuzione positiva alla lacrima in altre culture rispetto a quella dolorosa e remissiva occidentale. Il video-animazione Schipwrecked (2017) di Giulio Scalisi ci immerge per gradi nell’oceano, metafora della navigazione e virtualizzazione che viviamo ogni giorno sui nostri dispositivi, sulla cui superficie scorrono continui riflessi di noi e del mondo che narcisisticamente produciamo e consumiamo.
Legandosi ad alcune teorie secondo le quali il comportamento ludico dei bambini ricorda i comportamenti che hanno caratterizzato l’umanità nelle fasi iniziali della storia evolutiva, Giuliana Rosso invece mette in scena la metamorfosi di personaggi (bambini-adolescenti) con l’animale e con elementi naturali: la ragazza che si copre con i resti di un pesce (Se non sai cosa dire, 2018), due ragazzini in riva al mare di notte che indossano pinne da squalo-giocattolo (Plancton, 2018), e il gesto di scomparire e annullarsi nell’acqua verde di una piscina (Pool party, 2018). Plasticity (Grazia Mappa e Gabriele Leo) con Monkey bed (2019) parte dall’esigenza di un pensiero ecocentrico-radicale che sviluppa attraverso l’ideazione di nuovi prodotti di design. Il risultato appare come una porzione abitabile di foresta in cui l’uomo torna a dormire come faceva il suo antenato-scimmia. Tania Fiaccadori presenta Leukothéa (2019) riproduzione dell’action figure di Mom personaggio di Sea Monkeys, gioco per bambini diventato un vero cult mondiale. Infine Into perpetual night (2016), video di Valentina Furian, apre una finestra sulla storia scientifica: l’opera prende il titolo dall’ultimo capitolo del libro Half Mile Down (1934) di William Beebe noto alla scienza per esser stato il primo uomo a immergersi a 900 metri di profondità e per le prime descrizioni del biota marino e gli studi sull’ecologia marina tropicale.

Giuliana Rosso, Plancton, oil on canvas, 40x40cm, 2018. Ph. Like a Little Disaster
Giuliana Rosso, Plancton, oil on canvas, 40x40cm, 2018. Ph. Like a Little Disaster

MM: La mostra si sposa con la mission di Like a little disaster, ovvero “fornire un’alternativa”. Qual è l’urgenza che ha mosso te e gli artisti nell’indagare questo tema rispetto alla nostra contemporaneità?

RM: Morgan evidenziava il problema di un certo e noto ostruzionismo scientifico nel prendere in considerazione tesi differenti sull’evoluzione umana o nel ridiscutere la validità di ciò che è stato teorizzato dalla scienza decenni fa. La teoria della scimmia acquatica, e tutto il suo lavoro, riflette proprio sull’attività speculativa che è alla base del pensiero umano e anche scientifico: ogni tesi scientifica parte da supposizioni che non sempre appaiono logiche e che inizialmente possono sembrare più simili a racconti fantascientifici. La produzione letteraria di Morgan acquista forza per il suo intento critico, nel mettere in discussione teorie scientifiche, categorie e metodi, un’operazione estremamente necessaria oggi. Il suo lavoro è stato preso in considerazione anche dalla critica femminista in quanto più volte denuncia l’approccio maschio-centrico della scienza, ed oggi sappiamo bene che molte categorie esistenti, che agiscono sull’uomo a livello biologico-culturale-sociale-politico-economico, nascono proprio nell’ambito medico-scientifico.
Inoltre, nel contesto internazionale, l’elemento acquatico è stato preso in prestito e condiviso da moltissime teorie: l’acqua diventa metafora del pensiero femminista, queer, post-coloniale ed ecologico. Penso che approfondire e riprendere parola sulle questioni scientifiche possa contribuire a porre più attenzione e coscienza sugli equilibri vitali degli ecosistemi del nostro pianeta e delle specie viventi, dove l’azione dell’uomo è diventata causa agente di molti cambiamenti evolutivi o estremamente incisiva per i cambiamenti climatici. Credo che queste siano per tutti riflessioni molto urgenti oggi.

Foto relative alla mostra Dripping in crocodile tears, a cura di Roberta Mansueto –  24 Febbraio / 20 Marzo – 2019
Con opere di Tania Fiaccadori, Valentina Furian, Rada Kozelj, Plasticity, Giuliana Rosso, Giulio Scalisi.

Foothold / Like A Little Disaster
Polignano a Mare

25.Valentina Furian, Into perpetual night, video HD, 13’52”, 2016. Ph. Like a Little Disaster
Valentina Furian, Into perpetual night, video HD, 13’52”, 2016. Ph. Like a Little Disaster