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That’s IT! Confini, identità e conquiste della giovane arte italiana

[nemus_slider id=”76492″] — In un momento storico, politico e sociale segnato dalla crisi e dalla paura dell’altro, il concetto di nazionalità risuona nei comizi elettorali, sulle pagine dei giornali e tra le chiacchiere al bar. Viene chiesto a gran voce, o forse è meglio dire a “voce grossa”, di chiudere i confini e di occuparsi […]

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In un momento storico, politico e sociale segnato dalla crisi e dalla paura dell’altro, il concetto di nazionalità risuona nei comizi elettorali, sulle pagine dei giornali e tra le chiacchiere al bar. Viene chiesto a gran voce, o forse è meglio dire a “voce grossa”, di chiudere i confini e di occuparsi prima degli italiani. Ma cosa significa confine? Non è forse un termine geopolitico inventato a tavolino da potenti che hanno diviso popoli affini e unito altri storicamente rivali? E cosa significa essere italiano? Non ci avevano detto che la globalizzazione ci aveva trasformato in cittadini del mondo?

That’s IT! Sull’ultima generazione di artisti in Italia e a un metro e ottanta dal confine: la prima mostra curata dal neo-direttore di MAMbo – Museo d’Arte Moderna di BolognaLorenzo Balbi a circa un anno dalla sua nomina, si pone non come risposta a tale quesiti, ma come elemento di ulteriore indagine e messa in discussione di concetti predefiniti e di situazioni conosciute. Ad essere trasformato è prima di tutto il museo stesso in quanto luogo. La Sala delle Ciminiere, che ha ospitato negli ultimi anni mostre temporanee organizzate da enti esterni, torna ad essere spazio vivo ed espressione della missione dell’unico museo di arte contemporanea della città nato da un’esperienza unica quale era la GAM (Galleria d’Arte Moderna). Eliminate dunque tutte le sovrastrutture realizzate in questi anni, la sala torna al suo stato originale: uno spazio più ampio che permette collegamenti visivi tra le opere e si apre visivamente alla città grazie alle porte vetrate che si affacciano su uno degli elementi caratterizzanti di Bologna, i portici. A cambiare in questo senso non è solo la struttura architettonica del museo, ma la sua funzione sociale, la sua posizione nei confronti di un pubblico variegato e, si spera, sempre più ampio.

That’s IT! Sull’ultima generazione di artisti in Italia e a un metro e ottanta dal confine On the newest generation of artists in Italy and one meter eighty from the border - installation view at MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna - photo E&B Photo
That’s IT! Sull’ultima generazione di artisti in Italia e a un metro e ottanta dal confine On the newest generation of artists in Italy and one meter eighty from the border – installation view at MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna – photo E&B Photo

Modificano il tradizionale concetto di spazio museale anche le opere dislocate in tutti gli ambienti dell’ex forno del pane e non solo. Mentre il live set “Persona” di Lorenzo Senni ha portato la mostra negli spazi del sottostante Parco del Cavaticcio in occasione dell’inaugurazione, ad accogliere il fruitore sono l’installazione sonora di Diego Marcon e l’intervento “Come fare un buco nell’acqua” di Marco Giordano attraverso il quale una pellicola blu riveste completamente le vetrate del museo in una sorta di strato protettivo che se da una parte mette in luce la fragilità del luogo, dall’altra ne evidenzia la capacità di dialogo con l’esterno. Anche il bookshop, forse sempre troppo separato dal museo non solo fisicamente, diventa parte integrante della mostra con i due tappeti di libri dell’artista bolzanino Nicolò Degiorgis presente con un’altra opera sul tema dell’integrazione e dell’immigrazione anche nella Sala delle Ciminiere. Ruolo opposto ha da ormai vent’anni il Dipartimento Educativo strettamente connesso alle attività museali nelle cui sale l’opera di Adelita Husni-Bey viene riutilizzata e riattivata in collaborazione con l’artista. L’esposizione si  espande anche nelle sale immediatamente precedenti all’ingresso ufficiale con le opere di Ian Tweedy nel foyer e di Riccardo Benassi, Francesco Bertocco e Roberto Fassone. Si trasforma in opera d’arte anche il catalogo della mostra che oltre a testi critici ospita interventi realizzati da ad hoc dagli artisti a partire dalla struttura stessa e dalla font utilizzata.

Una volta varcata la soglia di ingresso ufficiale, quella valicabile solo se in possesso del tradizionale biglietto (ndr per la prima volta gratuito per tutti gli studenti e non solo quelli dell’Accademia), i visitatori sono invitati a fruire attivamente di cataloghi e pubblicazioni, inerenti agli artisti in mostra, allestiti dal collettivo di architetti Parasite 2.0 in un sistema di strutture mobili e modulari. Un’area  relazionale che introduce il pubblico ad una mostra che accoglie 56 artisti, tra singoli e collettivi, legati da una sola prerogativa: essere nati dopo il 1980, la generazione dei cosiddetti “Millenials” cresciuti negli anni del boom tecnologico e di Internet che i confini li ha spalancati. Essere artisti italiani diventa allora non più una questione legata al luogo di nascita, ma una sorta di impronta, di elemento caratteristico della visione che influenza anche chi dall’Italia se n’è andato e chi dall’estero è invece venuto nel Bel Paese a lavorare oppure a studiare grazie ad un programma Erasmus o di residenza artistica. I linguaggi utilizzati si moltiplicano spaziando dalla pittura al video, dalla fotografia all’installazione, dal suono al disegno. Nella pluralità di medium utilizzati e tematiche affrontate, tre sono le macro aree che sembrano delinearsi.

That’s IT! Sull’ultima generazione di artisti in Italia e a un metro e ottanta dal confine On the newest generation of artists in Italy and one meter eighty from the border - installation view at MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna - photo E&B Photo
That’s IT! Sull’ultima generazione di artisti in Italia e a un metro e ottanta dal confine On the newest generation of artists in Italy and one meter eighty from the border – installation view at MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna – photo E&B Photo

Prima fra tutte, forse per immediatezza di impatto visivo, è la relazione con il passato e i linguaggi più propriamente tradizionali quali pittura e scultura. Andrea Kvas ne indaga ad esempio le proprietà materiche, spaziali e oggettuali decostruendo la bidimensionalità della pittura che nelle sue opere diventa strumento autonomo e non mezzo per rappresentare la realtà. Margherita Raso sfida invece le possibilità del mezzo scultoreo esasperando i confini della tecniche dalla fusione a cera persa riproducendo il fronte e il retro di un’opera in tessuto della quale si è ormai perso tutto a causa proprio del processo di realizzazione del calco. Rompe i limiti convenzionali anche Alice Ronchi che trasforma le forme monumentali dei templi in sculture dalle proporzioni umane accentuando così la connessione tra architettura e spettatore. Superficie pittorica e scultorea sembrano combinarsi nella pratica artistica di Caterina Morigi che con le sue lastre di ceramica mette in luce da una parte l’esasperazione dell’utilizzo dell’effetto marmoreo in campo commerciale e dall’altro la capacità del marmo stesso di essere spesso così simile e vicino alla superficie corporea.

Si muove tra rapporto con il passato e quello con le nuove tecnologie – la seconda macro area – Tomaso De Luca la cui scultura “Hooded Soldier” nasce dalla riflessione sui presupposti formali e teorici del Modernismo e ne rappresenta infine la disfatta. L’opera, inizialmente montata in un materiale precario come il cartone, è una riproduzione in bioplastica realizzata da una stampante 3D che non riconoscendone la complessità ne ha modificato la forma creando così un oggetto diverso dall’originale.
In campo tecnologico è in particolare con Internet che i giovani artisti si confrontano. Dalla pratica di “unboxing”, tanto in voga in particolare su Youtube, letta in modo ironico e didascalico dal collettivo IOCOSE alla capacità di Google Street View di creare paesaggi inaspettati a causa di un errore, riportato subito in quanto anomalia dai navigatori del Web, ma immortalati in tempo dalle fotografie di Emilio Vavarella. Indagini artistiche che mettono in luce l’imperativo del “sempre connesso” e la capacità delle nuove tecnologie di unire e confondere realtà e finzione, comportamento naturale e costruzione, pubblico e privato. Danilo Correale ne svela i segreti rendendo visibile ciò che solitamente avviene dietro alle quinte di una produzione cinematografica realizzata con l’uso del Chroma Key, Irene Fenara si appropria delle immagini delle videocamera di sicurezza rompendone l’aurea di sicurezza e privatezza, e Filippo Bisagni accosta alle immagini delle torture di Abu Ghraib quelle di “Salò o 120 giornate di Sodoma” entrambe caratterizzate da una diffusione e fruizione del tutto anomale a causa proprio dell’incapacità del Web di avere limiti.

That’s IT! Sull’ultima generazione di artisti in Italia e a un metro e ottanta dal confine On the newest generation of artists in Italy and one meter eighty from the border - installation view at MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna - photo E&B Photo
That’s IT! Sull’ultima generazione di artisti in Italia e a un metro e ottanta dal confine On the newest generation of artists in Italy and one meter eighty from the border – installation view at MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna – photo E&B Photo

Un’opera quest’ultima che apre all’indagine, forse inevitabilmente dati gli anni di nascita, dei temi politici e sociali. Tra gli artisti c’è chi si rivolge alla propria terra come Petrit Halilaj nel cui lavoro ogni componente è sintomo del dialogo con le proprie origini; Riccardo Giacconi che con “Due” analizza il quartiere Milano 2 che all’apparenza può sembrare un’anonima periferia, ma che nei decenni del berlusconismo si è diffusa a livello nazionale trasformando radicalmente la cultura italiana; e Orestis Mavroudis che lavorando su materiale di archivio raccoglie le immagini delle sedute del parlamento greco dal 23 aprile 2010, inizio della crisi finanziaria greca, montate in ordine cronologico e privato di qualsiasi intervento dei parlamentari. Rivolgono il proprio sguardo alla situazione politica e sociale più globale le opere di Margherita Moscardini la cui installazione multischermo riflette proprio sul concetto di confine naturale e artificiale, di Stefano Serretta i cui piccoli idoli prodotti in serie realizzati per essere bruciati mette in luce la capitalizzazione del rapporto con il sacro e di Carlo Gabriele Tribbioli che, muovendosi da elementi teorici elaborati successivamente in ricerche ed indagini con lo scopo di creare opere installative, grafiche e filmiche, affronta la guerra in un percorso dall’antichità al presente. Un ponte quest’ultimo sottolineato dal museo stesso che dalla collezione permanente apre, fisicamente, una finestra sulla temporanea in un gioco di rimandi visivi tra passato e futuro.

A percorso espositivo ultimato gli spunti di riflessione sono tanti e la panoramica sull’arte contemporanea della penultima generazione, per quanto nata da una scelta personale di Lorenzo Balbi, esaustiva. Al pubblico non resta che concludere la volontà del museo di aprirsi alla città portando con sé curiosità e un nuovo spirito critico e di osservazione. E’ un peccato che una delle opere non abbia invaso il bar.

Intervista con il curatore della mostra Lorenzo Balbi 

That’s IT! Sull’ultima generazione di artisti in Italia e a un metro e ottanta dal confine On the newest generation of artists in Italy and one meter eighty from the border - installation view at MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna - photo E&B Photo
That’s IT! Sull’ultima generazione di artisti in Italia e a un metro e ottanta dal confine On the newest generation of artists in Italy and one meter eighty from the border – installation view at MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna – photo E&B Photo
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