ATP DIARY

La stanza di Proust ospita Donato Piccolo| Fondazione Arnaldo Pomodoro

Il primo appuntamento del nuovo ciclo delle Project Room della Fondazione Arnaldo Pomodoro – l’iniziativa che promuove i giovani curatori e artisti che si confrontano con le ultime tendenze della scultura contemporanea – è dedicato a Donato Piccolo (Roma 1976) con la mostra Imprévisible. La curatela delle Project Room 2018 è stata affidata a Flavio […]

Donato Piccolo - Imprévisible - Installation view at Fondazione Pomodoro, Milano 2018
Donato Piccolo – Imprévisible – Installation view at Fondazione Pomodoro, Milano 2018

Il primo appuntamento del nuovo ciclo delle Project Room della Fondazione Arnaldo Pomodoro – l’iniziativa che promuove i giovani curatori e artisti che si confrontano con le ultime tendenze della scultura contemporanea – è dedicato a Donato Piccolo (Roma 1976) con la mostra Imprévisible.

La curatela delle Project Room 2018 è stata affidata a Flavio Arensi, che ha costruito un progetto in tre atti, La stanza di Proust: pretesto per guardare gli accadimenti della società e dell’uomo attraverso i suoni, le assenze e le presenze, del passato come del futuro. I tre momenti che si susseguiranno in questa stanza formeranno un’unica riflessione sul ruolo della scultura in questo momento storico.
Per il primo dei tre appuntamenti, Donato Piccolo presenta un gruppo di opere inedite che ben sintetizza il cortocircuito tra natura e artificio che caratterizza le macchine-insetto dell’artista romano.

Seguono alcune domande al curatore sia in merito al progetto La stanza di Proust, sia per approfondire alcuni aspetti della ricerca Donato Piccolo —

ATP: Per la Project Room della Fondazione Arnaldo Pomodoro, hai pensato a un progetto che si svilupperà in tre atti. Curioso – e ambizioso – il titolo: “La Stanza di Proust”. Mi racconti la gestazione di questa trilogia?

Flavio Arensi: Ho immaginato l’iniziativa come un’unica mostra che sviluppa in tempi diversi, dove si vedranno tre modi alternativi di pensare la scultura in rapporto con lo spazio. Sono partito dall’esperienza di Arnaldo Pomodoro nel concepire il suo labirinto come scultura da vivere, o meglio ancora luogo in cui vivere la scultura. Con questi artisti abbiamo fatto un passo ulteriore, ossia cerchiamo di rendere l’ambiente uno spazio di relazione in cui l’osservatore partecipa come parte del lavoro, pur in modalità differenti. Da qui anche il titolo, che richiama non solo la stanza foderata di sughero di Proust in cui lo scrittore s’isolava dal mondo, ma quella parte della Ricerca in cui il protagonista, ospite di amici, proprio dal pensiero della camera che abitava ha cominciato a far affiorare la memoria di tutte le stanze e con esse le esperienze vissute in quel momento di esistenza.

Donato Piccolo - Imprévisible - Installation view at Fondazione Pomodoro, Milano 2018.
Donato Piccolo – Imprévisible – Installation view at Fondazione Pomodoro, Milano 2018.

ATP: Al centro del progetto c’è il linguaggio scultoreo come espressione della contemporaneità. I tre artisti invitati non guarderanno al passato, non utilizzeranno materiali tradizionali, bensì legati alle nuove tecnologie. Perché questa scelta?

FA: Il problema dei materiali è un non problema, in verità. Gli artisti che usavano il marmo o il bronzo negli anni che consacravano l’arte povera erano emarginati come accademici; ci sono voluti gli anni ottanta per tornare alla libertà creativa e molti degli autori che non avrebbero mai usato il marmo negli anni settanta, oggi lo sfruttano tranquillamente, forse più per interessi di mercato. Altro discorso sono le possibilità tecnologiche che abbiamo in questo momento storico, che tuttavia non possono essere il fine ma appunto un mezzo che Piccolo e Pugliese declinano per le necessità linguistiche. Fanari ne è totalmente lontano. Queste sono mostre di autori che usano la scultura come necessità espressiva per parlare al pubblico, come si faceva nelle grotte di Lascaux e come si farà sempre.

ATP: In merito al primo appuntamento, la mostra di Donato Piccolo, “Imprévisibile”. Mi introduci la sua ricerca e le motivazione che ti hanno portato a coinvolgerlo per “La Stanza di Proust”?

FA: Donato è un artista interessante il cui percorso seguo da anni. Nella sua follia creativa riesce a mettere insieme la neuroscienza, le teorie astrofisiche e le sue esperienze nello studio di Giacinto Cerone. Da sempre mi piace ragionare sull’uomo con le mie mostre e quando la Fondazione mi ha chiesto un progetto per la Project ho pensato di farlo attraverso un artista che l’uomo lo ama a tal punto da voler far imparare alle macchine di essere come noi. Se dovessi immaginarmi il creatore dell’androide Data di Star Treck non potrebbe essere che lui, perché possiede quella sensibilità speciale che vorrebbe donare a un pezzo di ferro la coscienza, una specie di Geppetto 9.0.

Donato Piccolo - Imprévisible - Installation view at Fondazione Pomodoro, Milano 2018.
Donato Piccolo – Imprévisible – Installation view at Fondazione Pomodoro, Milano 2018.

ATP: Le sue sculture robotiche interagiranno con i visitatori. In che modo lo faranno? Quale scelta concettuale si cela dietro alla decisione di far interagire la scultura con il pubblico?

FA: I sistemi d’intelligenza artificiali che realizza Donato non li ho mai capiti fino in fondo. Nelle nostre conversazioni, come credono facciano tutti gli altri, annuisco fingendo capacità intellettuali che non ho, quindi come funzionano lo sa solo lui. A parte gli scherzi, riesce con dei sensori a far lavorare le sue macchine robotiche in modo che registrino le azioni dei visitatori (ma anche degli animali che sono coinvolti) e da questi traggano insegnamento. Una specie di memoria proustiana che si attiva attraverso i microchip. Il consiglio, comunque, è quello di fare esperienza delle installazioni di Donato, più che leggerne.

ATP: “Le sculture di Piccolo, che sembrano imparare e agire in maniera autonoma, definiscono il campo dell’assenza umana.” Mi spieghi cosa intende l’artista con l’assenza-sparizione dell’uomo in relazione alle sue sculture?

FA: In un futuro – che spero lontano – la tecnologia avrà un peso sempre più profondo, fino a fare immaginare a molti scrittori o registi un sistema dominato dalle macchine o dai software. Questa possibilità esclude di fatto l’uomo. Quello che stiamo sperimentando in questi anni è il cambio delle esperienze di relazione, che sono intermediate da applicazioni e social. Qualche settimana fa, a una conferenza cui partecipavo, un ragazzo appassionato di tecnologia sognava un’applicazione capace di guidarci nel traffico, magari proiettando sul parabrezza un drago che sputa fuoco dalla parte in cui dobbiamo svoltare. Ecco io non voglio questo mondo, non voglio nessun stupido drago in 3d, e rimpiango quando viaggiavo con mia moglie delegando a lei la lettura delle mappe, con momenti di smarrimento straordinario, litigate, ma soprattutto la possibilità di trovare per caso un luogo bello e non indicato dagli atlanti e dalle guide pop. A me interessa la relazione, e in questo sistema sociale capire come questo rapporto possa instaurarsi con le macchine; mi interessa molto come spunto di riflessione su quello che siamo e quello che vogliamo essere.

Donato Piccolo - Imprévisible - Fondazione Pomodoro, Milano 2018.
Donato Piccolo – Imprévisible – Fondazione Pomodoro, Milano 2018.
Donato Piccolo - Imprévisible - Fondazione Pomodoro, Milano 2018.
Donato Piccolo – Imprévisible – Fondazione Pomodoro, Milano 2018.