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Jacopo Benassi | Paris in Asia | The Vampire Manifesto

[nemus_slider id=”70311″] — Cara Elena, eccomi ancora a scriverti. Questa volta lo faccio per parlare di due libri in cui sono indirettamente e direttamente coinvolto, entrambi dell’artista Jacopo Benassi, entrambi relativi alla figura di Asia Argento, entrambi pubblicati dall’ottimo editore veneziano Bruno. Il primo libro è uscito da alcuni giorni e ha una genesi complessa. […]

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Cara Elena, eccomi ancora a scriverti.

Questa volta lo faccio per parlare di due libri in cui sono indirettamente e direttamente coinvolto, entrambi dell’artista Jacopo Benassi, entrambi relativi alla figura di Asia Argento, entrambi pubblicati dall’ottimo editore veneziano Bruno.

Il primo libro è uscito da alcuni giorni e ha una genesi complessa. Jacopo e Asia qualche tempo fa sono stati coinvolti da un noto magazine per realizzare un servizio fotografico a Parigi, il racconto di una notte intera, in cui è coinvolta anche la cantante e attrice Soko. Alla fine il servizio non è mai stato pubblicato, ma il risultato degli scatti era davvero molto buono, e i due hanno deciso di farci un libro: Paris in Asia.

Il lavoro di Jacopo Benassi è molto interessante, soprattutto nel contesto italiano, visto come vi si discosta pur attraversandolo. E’ prevalentemente fotografo, ma nell’ultimo periodo ha anche fatto performance e utilizzato altri linguaggi. Viene da un mondo legato alle sottoculture punk, soprattutto quella musicale, e questo si sente nel suo approccio, perché da quel mondo prende il desiderio e l’abilità nel creare un percorso artistico che possa essere colto, non addomesticabile e digeribile facilmente, ma che riesca anche a comunicare a chi non è un addetto ai lavori, fuori dal ghetto talvolta troppo chiuso dell’arte contemporanea. C’è in lui un desiderio di fermare nei suoi lavori e sulla pellicola la realtà che lo (e ci) circonda, negli aspetti anche più semplici della vita di tutti i giorni, anche in quelli più personali e intimi; un modo di agire che raramente si trova nel mondo dell’arte (come ho già troppe volte scritto) in cui sembra vi sia l’obbligo di affrontare solo tematiche molto astratte e lontane, o impegnate politicamente, e di non andare mai sul personale (cosa che invece la musica e il cinema, anche nei loro esempi più alti, riescono benissimo a fare).

Jacopo Benassi - Paris in Asia - bruno 2017
Jacopo Benassi – Paris in Asia – bruno 2017

E’ probabilmente uno dei più grandi ritrattisti italiani dell’ultima generazione, e nelle sue immagini troviamo persone a lui vicine o semplicemente dal volto interessante, ma anche star internazionali, grandi artisti, attori, imprenditori, cantanti. Fare un ritratto non vuol dire semplicemente rappresentare un volto, bensì un volto dotato di un nome e un cognome ben precisi, che sia in grado di portare con sé un senso, un significato, di raccontare una storia e talvolta di incidere (poco o tanto) nella “storia”. E lo vediamo anche in questo caso, visto che il soggetto (Asia) è di una grande potenza di fuoco. Non è una cosa democratica, non tutti meritano un ritratto. E non è nemmeno così comune perché, a rifletterci, in Italia il genere del ritratto è quasi del tutto sparito dalla produzione degli artisti dell’ultima generazione. Fare ritratti significa maneggiare il materiale caldo e molle del presente, implica sporcarsi le mani, creare una scala di valori, modellare la storia collettiva di una comunità viva attraverso i volti di solo alcune persone. E raramente gli artisti italiani vogliono fare questo, lo notiamo anche nel caso di coloro che sono più impegnati politicamente ma che preferiscono parlare della politica italiana degli anni sessanta o settanta, così chic, così lontana, così innocua.Si vede come Jacopo sia in grado di tenere il dito sul nervo scoperto dell’oggi, anche per le sue collaborazioni, non solo questa con Asia Argento. Ha prodotto un libro a quattro mani con Paolo Sorrentino, che a tutti gli effetti è un libro d’artista – anche se in Italia si fa fatica a concepire che un libro d’artista possa essere stampato da Mondadori e vendere più di 20 copie (nei fatti ha venduto più di 30.000 copie) – e rinnova una tradizione di collaborazione tra artisti e grandi registi o intellettuali, tradizione che in Italia ha avuto punti molto alti ma che si è persa quasi completamente.

Oltretutto Jacopo, come quasi tutti quelli che fanno e amano la fotografia, è un incontinente creatore di libri e pubblicazioni cartacee.

Per tornare a noi allora, le foto che compongono il libro di cui ho appena parlato, Paris in Asia, sono state esposte alcuni mesi fa in un evento di tre giorni (anzi, di tre notti) a Parigi, nel Club Salò. Qui musicisti, registi, attori e intellettuali vicini a Asia Argento si sono avvicendati in una serie di performance. Io c’ero, l’evento è stato bellissimo e ho provato tanta invidia. Mi sono domandato come mai nel mondo dell’arte è impossibile creare una situazione così calda, così piacevole, così bella da vivere e così coinvolgente come quella che si può avere in un festival musicale, soprattutto quando è piccolo e intimo come in questo caso. Perché non riusciamo mai nelle nostre mostre o nei nostri appuntamenti a creare situazioni più informali e sfumate, in cui si possa anche sperimentare e magari sbagliare, invece di portare tutto su dei codici bloccati, seriosi e presuntuosamente professionalizzanti? Come possiamo lamentarci del disinteresse del grande pubblico se non riusciamo mai a essere piacevoli e dare godimento con ciò che facciamo?

Jacopo Benassi - The Vampire Manifesto - bruno 2017
Jacopo Benassi – The Vampire Manifesto – bruno 2017

Al Club Salò Jacopo aveva la sua macchina fotografica e ha scattato in continuazione, e, anche se non era previsto, ora le foto di quelle tre notti andranno a comporre un piccolo libro che accompagnerà il libro precedente e che uscirà nei prossimi giorni. Al suo interno vi è un mio testo, dal titolo The Vampire Manifesto, che si muove da una riflessione sulla fotografia a quelle che è la mia visione dell’arte più in generale. E’ un testo che avevo in mente da un po’ e che nasce in qualche modo dopo che ho visto Only Lovers Left Alive di Jarmush, ma anche in rapporto al Manifesto Antropofago (1928) del poeta brasiliano Oswald desAndrade.

The Vampire Manifesto parla del lavoro di Jacopo, e di quelle che a mio parere sono le due condizioni cardine delle sue foto. La prima è la presenza del buio, senza il quale il flash diventerebbe invisibile. Ho visto tante volte Jacopo cercare il buio, creare il buio, o muoversi verso un’ombra abbastanza scura in cui poter scattare. La seconda condizione fondamentale è quella della vicinanza: il soggetto deve essere vicino perché il flash lo possa avvolgere creando anche delle ombre alle sue spalle. E il concetto di vicino per un flash è davvero molto ridotto. Inevitabilmente, queste due condizioni da pratiche diventano anche simboliche e metaforiche: quella luce forte e impietosa ha un effetto incredibile sul soggetto, in particolare sui volti. Sembra una strana versione del dipinto di Dorian Gray: per alcuni le lancette vanno avanti, per altri indietro, nessuno ha la sua età, e quasi tutti quelli che vi si osservano provano un misto di spavento e piacere.

Antonio Grulli

Jacopo Benassi - Paris in Asia - bruno 2017
Jacopo Benassi – Paris in Asia – bruno 2017
Jacopo Benassi - Paris in Asia - bruno 2017
Jacopo Benassi – Paris in Asia – bruno 2017
Jacopo Benassi - The Vampire Manifesto - bruno 2017
Jacopo Benassi – The Vampire Manifesto – bruno 2017
Jacopo Benassi - The Vampire Manifesto - bruno 2017
Jacopo Benassi – The Vampire Manifesto – bruno 2017