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Covo-Nius learning to fly | Intervista con Pamela Gori ed Eva Sauer

[nemus_slider id=”69900″] — E’ in corso fino al 27 ottobre Covo-Nius learning to fly, il progetto ospitato e realizzato negli spazi dell’associazione Artforms – realtà dinamica e intraprendente della Prato contemporanea – in occasione del Puntocon Festival Prato. Ideato da Pamela Gori ed Eva Sauer, Covo-Nius learning to fly è un progetto che ha previsto […]

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E’ in corso fino al 27 ottobre Covo-Nius learning to fly, il progetto ospitato e realizzato negli spazi dell’associazione Artforms – realtà dinamica e intraprendente della Prato contemporanea – in occasione del Puntocon Festival Prato.
Ideato da Pamela Gori ed Eva Sauer, Covo-Nius learning to fly è un progetto che ha previsto la realizzazione di una nido-scultura, completata dalla performance sonora di Samantha Bertoldi. L’opera è stata concepita come  un’installazione orientata alla co-creazione e alla comprensione di diversificati elementi in una complessa e articolata processualità. Il nido si basa su una struttura verosimile qui a misura d’uomo, composto da rami misti e materiali eterogenei come fili di vari tessuti, e realizzato con un workshop rivolto ad un pubblico vasto ed diversificato.
La partecipazione incoraggia al senso pratico e intuitivo e a dare il proprio contributo mettendosi in gioco nei più imprevedibili ruoli: costruendo parti dell’opera, donando materiali che la comporranno o semplicemente assistendo o facendosi uditori. Custoditi da un ricovero artificiale che ricalca la stessa dinamica che si verifica in natura, dove a poco a poco ognuno mette la sua parte, si stabiliscono contatti, relazioni e sodalizi. (da CS)

Seguono alcune domande a Pamela Gori ed Eva Sauer —

ATP: Dove e nata e come avete sviluppato l’idea del progetto  Covo-Nius?

Il progetto Covo-Nius è nato successivamente all’esperienza conseguita durante i workshop di land-art che abbiamo ideato per le scuole negli ultimi due anni e mezzo. Dopo una lunga serie di riflessioni sia personali che professionali emerse durante i nostri incontri, abbiamo sentito l’esigenza di raccontarci attraverso la realizzazione di un’opera che portasse in se l’idea di un percorso di condivisione intrapreso insieme, fatto di similitudini e talvolta di contrasti. Il covo / nido ci sembrava perfetto perché poteva fungere da contenitore e incubatore per tutte le nostre riflessioni scaturite durante i nostri incontri. Da qui l’idea di ricreare a dimensione d’uomo, un nido-scultura, traendo ispirazione da ciò che esiste e viene creato costantemente in natura.

ATP: Mi raccontate come avete concepito la forma di questo grande nido?

Abbiamo pensato ad una forma che fosse circolare e avvolgente con una dinamica esterna quasi vorticosa, sfruttando la sinuosità dei materiali trovati. L’opera è stata realizzata, per lo più, mediante l’intreccio di rami aggiungendo, come impariamo dagli uccelli, materiali trovati come strisce di tessuto o fili di lana. Abbiamo seguito un metodo di costruzione “primitivo” a tratti apparentemente casuale, che ricorda il lento e incessante lavorio della natura, e che crea forme talvolta sorprendentemente originali.

ATP: L’opera ha un forte valore metaforico. Mi raccontate quali significati avete dato a questo lavoro?

Il Covo/Nido è in primis metafora di rifugio primordiale che dona calore, accudisce e nutre. Ci ricollega ad un sentire istintivo di protezione primigenio-archetipico, piuttosto che ad un pensiero razionale legato al concetto comune di casa, ma che, in questo caso, ci fa comunque “sentire profondamente a casa”.
Come scelta sia strutturale che estetica, l’opera porta in se aspetti di ambivalenza: da una parte l’immagine chiusa oscura e concava del covo e dall’altra quella aperta e avvolgente del nido. Ed è questa ambivalenza che ci spinge all’ascolto di ciò che potrebbe accadere dentro e fuori il nostro universo interiore. Un continuo ripetersi tra “stare dentro” e “stare fuori” dove la relazione tra esterno/interno si alterna, passando dalla necessità di relazionarsi con il mondo fuori, in una società contemporanea sempre più esigente, alla necessità di proteggersi, talvolta anche da una quantità di stimoli che supera il limite di ricezione possibile. L’atto di ritirarsi in una stasi che diventa rigeneratrice, in taluni casi può stimolare l’incontro con le proprie inquietudini, paure e insicurezze, evidenziando la natura duale dell’esistenza, dalla quale poter attingere, in una continua alternanza tra regressione distruzione e necessaria ricostruzione.
A questa domanda vorremmo inoltre rispondere con due nostre citazioni:

Pausa ciclica dai molteplici stimoli ai quali la nostra partecipazione alla vita ci sottopone incessantemente. Lo si può considerare un esonero dalla “militanza attiva della vita”. Non è apatia, ma al contrario diventa incubatore e generatore di nuovi stimoli. P.Gori

Non esiste un “interiore protetto” perchè sei alla mercé di te stessa, quindi resta tutto molto ambivalente e sospeso. La natura esteriore o interiore che sia, è sempre ambigua. Si proietta dall’interno all’esterno e si cattura e si porta l’esterno nella tana. E. Sauer

Covo-Nius learning to fly - Artforms, Prato - Installation view Foto Mario Guidi (IoGim)
Covo-Nius learning to fly – Artforms, Prato – Installation view Foto Mario Guidi (IoGim)

ATP: Che relazione si è instaurato tra il nido-scultura e la performance sonora di Samantha Bertoldi? Perché avete sentito la necessità di completare il progetto con questa collaborazione?

Samantha Bertoldi è una vecchia conoscenza con la quale avevamo già avuto collaborazioni per altri progetti artistici attraverso l’associazione Artforms. Fin dall’inizio il Covo era stato concepito come opera sensoriale, sentivamo l’esigenza di stimolare il fruitore su più livelli, in modo da recuperare un paesaggio sia visivo che sonoro quasi dimenticato attraverso la sollecitazione di più sensi. Fuori dall’opera, nello spazio circostante, è stata rappresentata un’immagine sonora neutra, preparatoria per il momento all’ingresso nel Covo (o per l’uscita). Una volta dentro, l’immagine sonora cambia completamente, attraverso l’utilizzo di frequenze, suoni e vibrazioni, cadenzate da respiri e parole appena sussurrate, che stimolano una modalità altra di ascolto, con l’intento di guidare il fruitore in una dimensione più intima e selvaggia allo stesso tempo.

ATP: Il nido-scultura è una grande opera partecipata, dove è sostanziale la collaborazione e l’interazione tra le persone. Come avete organizzato il lavoro di costruzione?

La realizzazione del nido è stata un’azione performativa work in progress che ha messo in gioco dinamiche di partecipazione e interazione con il pubblico. Le persone oltre che ad assistervi, hanno contribuito sia alla realizzazione dell’opera in modo attivo, sia attraverso il semplice gesto del dono di materiali portati da casa, come strisce di tessuto, fili di lana o vecchie maglie, materiali destinati ad essere gettati, ma che in questo caso hanno ritrovato nuova vita diventando parte integrante dell’opera, lasciando una traccia del vissuto di ogni singolo partecipante.
In questo modo abbiamo creato un legame tra il pubblico co-creatore   e Covo-Nius. L’appello dell’open call è stato raccolto da molti, ma soprattutto dagli studenti sia del liceo che delle medie, stimolati dai propri insegnati. Durante le varie fasi di realizzazione, sia i visitatori che gli studenti sono tornati più volte con la voglia di partecipare e allo stesso tempo   osservare come via via stesse evolvendo la struttura, cosa fosse rimasto del loro gesto, e in fine in cosa si fosse trasformata. Abbiamo voluto fortemente creare un’opera aperta, che avesse un significato profondo di inclusione.
Difatti, all’inaugurazione, con la presenza di un pubblico numeroso ed eterogeneo, abbiamo potuto constatare al meglio come le persone stanche di relazioni fugaci che spesso si instaurano durante eventi come in questo caso un vernissage, preferissero ritrovarsi in una “dimensione più umana” all’ interno della scultura-architettura. L’alternarsi di gruppi formati da circa 5/6 persone sedute in cerchio, evocava scenari primordiali di focolari domestici. Ed è stato interessante osservare al contempo come le due dimensioni di apertura e chiusura potessero coesistere in unico momento in unica serata. La riluttanza di alcuni ad uscire dal Covo-Nius è stato il miglior complimento che avessimo potuto ricevere.

Covo-Nius learning to fly - Artforms, Prato - Installation view Foto Mario Guidi (IoGim)
Covo-Nius learning to fly – Artforms, Prato – Installation view Foto Mario Guidi (IoGim)
Covo-Nius learning to fly - Artforms, Prato - Installation view Foto Mario Guidi (IoGim)
Covo-Nius learning to fly – Artforms, Prato – Installation view Foto Mario Guidi (IoGim)