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Testo di Costanza Sartoris
Giovedì 27 aprile Pirelli HangarBicocca presenta FROM ONE TO INFINITE, il primo appuntamento del Public Program I Miroslaw Balka, che ha la forma inedita di una “passeggiata” attraverso la mostra “CROSSOVER/S” in compagnia dell’artista e di Julian Heynen, critico e curatore che da anni segue e interpreta il lavoro di Balka. Il titolo è suggerito dal numero delle opere in mostra, 18, che secondo l’artista contiene in sé la dualità tra singolare (uno) e collettivo (l’otto, che è anche segno dell’infinito), un tema chiave per comprendere la poetica di Balka.
La scelta di dialogare davanti e intorno alle diciotto opere che formano la mostra deriva dalla convinzione di Balka che solo nella relazione fisica diretta con suoi lavori nasca la possibilità di interpretarne il senso in modo ogni volta unico e nuovo. La mostra “CROSSOVER/S”, costellata di rimandi spaziali, cromatici, sonori, olfattivi e tattili, diventa così lo spunto per un itinerario le cui tappe sono scandite dal ritmo non lineare della conversazione tra l’artista e il suo interlocutore e dai movimenti delle persone nello spazio.
Data l’eccezionalità di questo appuntamento, che prevede la partecipazione diretta di un numero ristretto di partecipanti, invitiamo il pubblico a presentarsi entro le ore 17 presso l’Info Point dello spazio espositivo per il ritiro delle cuffie.
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Segue il testo di Costanza Sartoris —
Quello che più stupisce entrando negli ampi spazi della mostra CROSSOVER/S di Miroslaw Balka presso l’Hangar Bicocca, è il buio che pervade l’ambiente. È in questa oscurità che si materializzano le installazioni dell’artista polacco: con luci spot che le individuano, le opere emergono dal buio accompagnate da diversi suoni, quali l’incessante scorrere dell’acqua e un costante e duro tintinnio di catene in rotazione, nonché odori e cambi di temperatura che di volta in volta risvegliano i sensi.
Catalizzando l’ambiente con delle installazioni prima di tutto sensoriali, l’artista ci invita subito a riflettere sulla nostra sensibilità. La sua ricerca si basa infatti sulla dicotomia rappresentata dal vissuto intimo rispetto a quello collettivo, soprattutto in termini di memoria e oblio. La figura umana, rappresentata dallo stesso artista, è la chiave di questo rapporto: spesso le opere sono costruite prendendo come unità di misura le proporzioni dello stesso corpo di Balka e, non di rado, sono intitolate proprio riportando queste proporzioni. Il corpo dell’artista è così protagonista implicito della ricerca: una presenza assenza che si avvicina allo spettatore per mezzo dei materiali scelti per le installazioni, sapone o sale che, come il corpo umano, si presentano organici e precari. Parallelamente Balka introduce nella sua ricerca il ritualismo intimo quotidiano, stravolgendolo al punto da mostrarne la sua faccia collettiva. Come nella memoria storica dell’olocausto difficilmente si dimenticheranno le pile di denti o di occhiali sequestrati agli ebrei nei campi di concentramento, così Balka, prelevando dalla quotidianità dei suoi concittadini oggetti semplici come le saponette usate o gli zerbini di casa, in cambio di nuovi, ci porta a riflettere su quanto incombe nel nostro presente un passato dai tratti onirici e quasi rimossi. Memoria e oblio sono infatti due facce della stessa medaglia per l’artista, così come lo spazio pubblico e quello privato, la dimensione collettiva e quella intima, individuale.
Di particolare impatto le opere Common Gound e 7 x 7 x 1010 che, grazie ai materiali che le compongono, vecchi zerbini in Common Gound e saponette usate in 7 x 7 x 1010, ci portano a riflettere rispettivamente sul concetto di soglia tra spazio pubblico e privato, e sulle tracce corporee del nostro passaggio che ogni giorno senza pensare lasciamo, quali i solchi delle mani sul sapone.
Imponente anche la scultura Wege zur Behandlung von Schmerzen, un’enorme vasca metallica in cui scorre acqua nera. Metafora capovolta della fontana, che da luogo ameno di incontro e rinascita diventa un monumento di rifiuto all’idea di spazio pubblico, l’opera ci porta a riflettere, dal titolo in tedesco, sui “percorsi per il trattamento del dolore”, che solo se mostrati e ricordati possono essere realmente superati.
Chiude la mostra l’installazione Yellow Nerve basata sulla quasi totale smaterializzazione dell’opera: un sottile filo di cotone giallo attraversa l’enorme sala del Cubo. Con gli spostamenti dei visitatori l’opera oscillerà muovendosi nello spazio, diventando metafora del legame che intercorre tra l’uomo e la storia, che bene esprime il concetto di contemporaneità secondo Balka: “Non esiste una dimensione temporale della contemporaneità. Ogni volta che ci proiettiamo verso il futuro ci riferiamo comunque al passato. È questa la condizione delle mie sculture. Tutto ciò che tocchiamo proviene dal nostro passato, ci mette in connessione con la morte. Attraverso la mia arte cerco di cogliere questa consapevolezza della vita”.