Ha trent’anni, vive a New York e, dal suo curriculum, si direbbe un artista che farà strada. Come racconta nell’intervista che segue il curatore Michele Robecchi, la sua pittura non teme la sperimentazione, anzi, è un continuo banco di prova per nuove soluzioni formali e cromatiche. Reginald Sylvester II presenta, alle Fondazione Stelline di Milano fino al 1 aprile, sei grandi tele nella mostra dal titolo “The Rise and Fall of a People” (L’ascesa e la caduta di un popolo).
Dotato di un linguaggio pittorico ricco e versatile, l’artista si muove tra astrazione e figurazione, dove il gesto istintivo si traduce in una forma comunicativa immediata caratterizzata da una forte spiritualità.
Seguono alcune domande al curatore della mostra Michele Robecchi —
ATP: Come hai scoperto l’opera di Reginald Sylvester II? Cosa ti ha attratto della sua ricerca?
Michele Robecchi: Ho conosciuto il lavoro di Sylvester grazie a Max William, che lo rappresenta a livello globale, e che me ne ha parlato a più riprese con grande entusiasmo. Quando ho avuto finalmente modo di incontrare Sylvester di persona, sono rimasto colpito dalla sua energia oltre che dal suo talento. Sylvester è in un momento del suo percorso dove ogni possibilità è ancora sul tavolo. È libero da inibizioni o limitazioni formali, però ha anche una passione per la storia dell’arte e dell’umanità che lo spinge a essere molto critico con se stesso e con quello che fa.
ATP: Spesso le sue opere sono descritte come trionfi di colore ed energia. C’è un significato particolare che l’artista instilla nell’utilizzo dei colori?
MR: Sylvester usa dei toni cromatici piuttosto forti e non si sottrae dallo sperimentare con colori tradizionalmente considerati difficili. La pittura è un linguaggio difficile da interpretare. Bisogna fare i conti con centinaia di anni di storia, eppure c’è ancora tantissimo da inventare. Stockhausen, dopo aver sperimentato per anni con scale dodecafoniche, lasciò scritto su uno spartito “quanta buona musica si può ancora comporre in do maggiore”. Credo che per la pittura valga lo stesso ragionamento, e il lavoro di Sylvester lo dimostra.
ATP: La sua ricerca è a cavallo tra figurazione e astrazione. La tensione-relazione tra questi due poli ha una lunga storia che attraversa molte esperienze pittoriche di tutto il ‘900. Ci sono degli artisti a cui Reginald Sylvester II si ispira? Ci sono delle ricerche passate a cui assoceresti il suo lavoro?
MR: Agli inizi era molto influenzato dall’Espressionismo Astratto. È un capitolo importante nella storia dell’arte americana, forse il primo tentativo di creare qualcosa che potesse recidere il cordone ombelicale con l’Europa. Si tratta ovviamente di un esperimento riuscito solo in parte, ma alcuni dei principi fondanti sono riconoscibili nel lavoro di Sylvester. Nei lavori più recenti però si intravede anche una maggiore progettualità, dove all’introspezione si sta affiancando una maggiore attenzione per la realtà circostante.
ATP: Nella presentazione della sua opera si descrivono le forme come il risultato di una gestualità istintiva dettata da una forte spiritualità. Mi spieghi meglio questo aspetto ‘trascendentale’ della sua opera?
MR: Quello della spiritualità è un discorso da affrontare con una certa cautela perché si muove in un’area a cavallo tra dimensione pubblica e privata. Diciamo che c’è una fondamentale fiducia che le cose non avvengano per caso o necessità, ma che siano stabilite dall’alto. Per farti un esempio, Sylvester è interessato all’Antico Testamento e anche al lavoro di Andy Warhol. La Fondazione Stelline è accanto al Cenacolo Leonardesco, ed è anche l’edificio dove Warhol fece la sua ultima mostra nel gennaio 1987, L’Ultima Cena. Si tratta della prima mostra di arte contemporanea che ho visto. E Gennaio 1987 è anche la data in cui è nato Sylvester. Per molti sono solo coincidenze. Per Sylvester no.
ATP: Come allude il titolo, The Rise and Fall of a People (L’ascesa e la caduta di un popolo), le tematiche affrontate da Reginald Sylvester II stabiliscono un nesso tra soggetti biblici e la società contemporanea. Mi introduci questa relazione? Quali analogie ha indagato l’artista?
MR: Il popolo a cui si riferisce Sylvester è la comunità afro-americana, che dopo i fatti di St. Louis e la nascita del movimento Black Lives Matter, sta attraversando un altro capitolo fondamentale della sua storia. Inizialmente Sylvester si è tenuto distante dagli eventi, non per disinteresse, ma perché era ancora alla ricerca della sua voce. La frase The Rise and Fall of a People è stata trovata mentre leggeva la Bibbia per caso – oppure no, in luce a quanto ti ho detto prima – ed è stata adottata come metafora per indicare la necessità di coltivare un sentimento di resistenza davanti all’incertezza.
ATP: L’artista sceglie il genere del ritratto. C’è una motivazione particolare per questa preferenza?
MR: È una novità dettata dalle possibilità di identificazione che la figura umana offre allo spettatore, ma non credo rappresenti una svolta quanto un ampliamento del suo vocabolario visivo.
“The Rise and Fall of a People” — Reginald Sylvester II
Until 01 April 2017
Born in Jacksonville, North Carolina, in 1987, Reginald Sylvester II is establishing himself as one of the most promising artists of the latest generation. Characterized by a rich and varied pictorial language, Sylvester’s paintings exist in a place inbetween abstraction and figuration, where instinctive gestures are translated into immediate and spiritually charged communicative forms. The body of work prepared for the exhibition at Fondazione Stelline captures a particularly important moment in the artist’s career. The introspective view of Sylvester’s early works is gradually evolving into a study on the outside world, initiating a series of new reflections on how the personal sphere can interact with the collective body. Primarily focused on portraiture, these new works touch on Biblical themes to address the critical times Western society is currently facing, as the title ‘The Rise and Fall of a People’ testifies.The opening of the exhibition coincides with the publication of Sylvester’s first monograph with an essay by Michele Robecchi.Reginald Sylvester II was born in Jacksonville, North Carolina, in 1987. He grew up in Oakland, California, and attended the Academy of Fine Arts at the University of San Francisco. He has exhibited internationally in shows organized by Maximillian William, London, and at Pace Prints in New York. Sylvester lives and works in Brooklyn, New York.