ATP DIARY

La Regina: Anish Kapoor a Versailles / La parola a Massimo Minini

Testo di Massimo Minini Certo che quando francesi e inglesi ci si mettono, riescono sempre a litigare. Antiche rivalità mai veramente sopite, vecchie storie sepolte che riaffiorano come cadaveri riesumati dopo secoli, rivendicazioni di primati in democrazia… Quando poi si tocca la rivoluzione da un lato, i regnanti dall’altro, succede un pandemonio. Anni fa per una mostra […]

Anish Kapoor,   Versailles,   Dirty Corner,   2011-2015,   Courtesy Lisson Gallery,   Galleria Massimo Minini,   Galleria Continua,   Kamel Mennour e Kapoor Studio © Silvia Neri
Anish Kapoor, Versailles, Dirty Corner, 2011-2015, Courtesy Lisson Gallery, Galleria Massimo Minini, Galleria Continua, Kamel Mennour e Kapoor Studio © Silvia Neri

Testo di Massimo Minini

Certo che quando francesi e inglesi ci si mettono, riescono sempre a litigare. Antiche rivalità mai veramente sopite, vecchie storie sepolte che riaffiorano come cadaveri riesumati dopo secoli, rivendicazioni di primati in democrazia…
Quando poi si tocca la rivoluzione da un lato, i regnanti dall’altro, succede un pandemonio. Anni fa per una mostra di Ian Hamilton Finlay in Francia questo povero poeta Fluxus/visivo/concreto venne accusato di fascismo e lesa maestà per aver citato Saint-Just a sproposito, secondo i puristi francesi dell’esegesi rivoluzionaria.
Naturalmente noi del mondo dell’arte diamo molta importanza a fatti che raramente fanno presa sul grande pubblico. Per arrivare ai grandi numeri serve ben altro. È necessario un rigore negato in una finale mondiale; occorre un tamponamento in formula uno tra un pilota francese ed uno inglese. Ci vuole una svista arbitrale al Roland Garros.
Invece le querelles artistiche interessano un pubblico limitato seppur colto e rappresentativo di una intellighenzia che sforna maîtres à penser estenuati. Questa volta però Anish Kapoor è piombato in Francia, per di più a Versailles, con le sue grandi opere (possono piacere o meno) ed ha preteso di parlare di un atto “politico”.
Ha fatto un miracolo: finalmente il grande mondo parla di arte. Pas possible, un inglese che pretende di dare lezioni di politica alla Francia! E per di più da Versailles. Ma chi si crede questo signore?
Versailles… certo i francesi sono andati là a fine Settecento, hanno caricato re e regina su una carretta, e poi è finita come sappiamo. Quindi Versailles dovrebbe essere un simbolo negativo. Invece, come sovente la Storia ci insegna, con una capriola incredibile, pochi anni dopo i francesi passano dal regno all’impero, Napoleone restaura la dittatura e tutti sono contenti, un po’ come con Mussolini in Italia e Hitler in Germania. Il popolo segue sempre. Questi tre eroi guerrafondai faranno qualche milione di morti ciascuno ed anche Napoleone, nonostante la storia gli abbia assegnato un ruolo più positivo, di guerre e morti ne ha fatti tanti nelle campagne d’Italia, Egitto, Russia, Waterloo…
Così il nostro scultore arriva con i suoi lavori che richiamano esplicitamente l’origine della vita, con il suo carico di forme, modi, cultura del suo paese d’origine, dove l’incontro tra maschile e femminile è un piacere e non un trauma, dove la pornografia non esiste semplicemente perché è praticata con gioia, e pretende di dare lezione ai francesi? Parbleu!
Apriti cielo, lesa maestà (la Regina). Ma non le avevano tagliato la testa? E allora perché prendersela con un artista solo per una sineddoche?
L’unica che non ha protestato, nel mondo dell’arte francese è stata Catherine Millet. Lei sì che se ne intende.

Emanuele-Cerutti-Collezione-Maramotti-2024