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La pittura “negativa” di Adrian Ghenie fa breccia nella storia del Novecento europeo lasciando, nelle grandi tele, non solo personaggi e avvenimenti storici, ma anche sentimenti ed emozioni epocali. In occasione della Biennale di Venezia di quest’anno l’artista rumeno, classe 1977, ha presentato nel Padiglione Romania ai giardini “Darwin’s Room” – a cura di Mihai Pop – una selezione di opere pittoriche recenti suddivise in tre sottotemi: il primo nucleo ruota attorno alla metafora per eccellenza dell’inquietudine, “La Tempesta”; il secondo tema è una “Galleria di Ritratti” e, infine, “Le dissonanze della storia”.
Costante delle tre aree tematiche, a livello contenutistico, la visione turbolenta della storia e dei suoi grandi personaggi. Il titolo dell’intero progetto, “Darwin’s Room”, fa riferimento non solo alla serie di ritratti dello scienziato britannico, ma anche all’attento studio e approfondimento di Ghenie della storia del XX secolo quale “laboratorio” di evoluzione”, nel quale idee importanti e decisive sono in conflitto per la loro conservazione e supremazia. Affascinato, dunque, su come non solo viga negli esseri viventi la “legge del più forte”, ma anche nelle idee e pensieri, l’artista ha scorso – con la sua rara sensibilità pittorica – sia grandi temi e vicende delle tante storie passate, ma anche rappresentando i suoi protagonisti.
Grazie alla metafora della tempesta, ha reso i turbamenti, le burrasche, le tormente sviscerando la materia pittorica per rappresentare “regni colmi di oscurità”, costituiti da un “sincretismo di paure primordiali, così come si sono manifestate nelle religioni primitive: paure delle tempeste, dei fulmini, della morte”. (Marcel Brion)
La figura di Darwin, nel grande quadro “Darwin and the Satyr (2014) nella prima sezione, appare contrapposta ad un satiro – figura mitica connessa al culto dionisiaco, personificazione della forza vitale della natura -, come per dare dell’evoluzione del pensiero, una visione bipartita e in lotta per il dominio. In quest’opera come in molte altre, emerge un tratto e una vischiosità pittorica molto densa e stratificata, quasi l’artista volesse ribadire, anche attraverso le pennellate e le masse di pittura ad olio, i temi stessi delle rappresentazioni, dipingendoli in modo irrazionale e contraddittorio.. Da qui il tema della “tempesta”, rappresentata, raccontata e incarnata nella stessa massa cromatica. Senza contare la violenza e furia con cui questa massa è stata stesa nella tela, memore di gesti sia istintivi che casuali, quasi inconsci. Anche nell’opera “Black Flag” (2015) – opera in cui il tema della storia è richiamato dall’innalzamento di una bandiera nera, commemorazioni di disgrazia, tormento o qualsivoglia evento doloroso – è l’irruenza espressiva delle pennellate, i cumuli di pigmento, le pennellate incontrollate che raccontano, forze più della stessa bandiera (piccola e definita attraverso una vibrante striatura di colore nero sfumato), la negatività intrinseca alla vita dell’uomo, preda (e vittima) di battaglie imperiture.
Nella “Galleria di Ritratti”, Ghenie indaga alcune tra le figure più paradigmatiche della storia recente, sovrapponendole spesso alla sua stessa fisionomia. Un modo autentico, forse, per accorciare la distanza non tanto temporale tra lui e personaggi come Hitler, Lenin o lo stesso Darwin, ma anche per ricercare nella sua natura aspetti (indescrivibili) che posso essere affini – sia per gravità che per grandezza – a queste figure mostruose, se pensiamo ad Hitler, o esemplari, ma contraddittorie, se pensiamo a Darwin. Deformate, violentare, a suo modo, molestate, il pittore sembra definirle per poi cancellarle, strisciare via il colore, “scavare” tra i strati di pigmento per rivelarne il vero volto mostruoso. Anche quando tratta la figura di artisti, Ghenie ribadisce le analogie stesso stringenti tra la natura ideologica della società e quella dell’arte. In “Degenerate Art”, il volto di Van Gogh è stato letteralmente fatto esplodere, diventando così una massa plastica, rocciosa o, peggio, un insieme di muffe ed escrescenze bulbose, quasi che il tormento del pittore olandese si rivelasse da quelle masse spugnose o, peggio, tumorali. Nella terza sezione, “Le dissonanze della storia”, domina su tutti il grande dipinto di tre metri “Persian Miniature” (2013). Alla precisione quasi fotografica con cui il pittore definisce il paesaggio, gli alberi, la densità atmosferica del sottobosco, si contrappone la palese citazione dall’Espressionismo astratto, fatto di ampie striature e lanci di colore bianco e nero. Tra masse ghiacciate di felci e spruzzi di colore a olio, si intravede un uomo accucciato che incontra un belva, la guarda e non la teme.
Esposto anche una delle opere tra le più note di Ghenie, “Duchamp’s Funeral II” (2009), grande quadro che mostra il funerale del noto artista come se fosse l’evento solenne di un capo di Stato, mettendo così in relazione – ancora una volta – la simmetria tra due generi di ideologie: quella dell’arte e quella della società.