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Un giro al Macro ad agosto

Esther Stocker: Destino Comune Marinella Senatore, Electric Theatre Il Batman di Adrian Tranquilli per la sua mostra All is violent. All is bright  L’installazione dei ZimmerFrai, parte della collezione del MACRO  Flavio Favella e la sua installazione ‘L’Imperatrice Teodora’ Massimo Bartolini, ‘Il mio 4° omaggio (a Franz Marc)”   Tomas Saraceno: Cloudy Dunes.  When Friedman […]

Esther Stocker: Destino Comune

Marinella Senatore, Electric Theatre

Il Batman di Adrian Tranquilli per la sua mostra All is violent. All is bright
 L’installazione dei ZimmerFrai, parte della collezione del MACRO
 Flavio Favella e la sua installazione ‘L’Imperatrice Teodora’
Massimo Bartolini, ‘Il mio 4° omaggio (a Franz Marc)”
  Tomas Saraceno: Cloudy Dunes.  When Friedman meets Bucky on Air-Port-City
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Che sollievo entrare al Macro nei primi giorni di agosto. Dalla canicola insopportabile delle vie di Roma, al fresco condizionato del grande museo romano. Averlo, sia d’estate che d’inverno, a Milano! La proposta museale estiva era per tutti i gusti. Tra mostre  e progetti site-specific,   ne ho contati oltre 15. Alcuni meritevoli di attenta visita, altri che, definire imbarazzanti è un eufemismo. Tanti i curatori coinvolti. Dall’ex direttore Luca Massimo Barbero a Benedetta di Loreto, Gianluca Marziani, Elena Frin, Laura Cherubini, Adriana Polveroni, Ludovico Pratesi ecc.
Ho apprezzato l’intervento di Flavio Favelli visibile dal cortile: due gigantografie di una cartolina dell’imperatrice Teodora. Dalla grande scritta in un verso, capisco che è una cartolina mandata da Flavio a suo padre. Prendo l’ascensore e, pulsanti, intravedo le scritte e i pupazzi degli artisti bolognesi Cuoghi e Corsello. Cammino tra alcuni lavori di ultima acquisizione del Macro; apprezzo un lavoro che conosc evo di Massimo Bartolini, ‘Il mio 4° omaggio (a Franz Marc)”. 
Mi delude un pò (per l’aspetto) l’installazione di Marinella Senatore, che diventa più coinvolgente quando mi presto a leggere appunti e frammenti del suo ‘teatro della memoria’. Questa installazione dialoga con l’opera di Guendalina Salini, ‘Non troverai mai i confini dell’anima’: una grande mandala di cui non capisco il nesso con l’anima. Probabilmente l’opera mi piace talmente poco che non mi prendo neanche la briga di capire. 
Dove sono? Nella stanza degli ‘ errori’ di  Esther Stocker. L’artista decora con strisce in bianco e nero una grande stanza del museo . Ogni tanto spezza qualche riga, motivando queste rotture come danni o errori del ‘sistema’. E’ stato abbastanza buffo vedere un visitatore che stava quasi cadendo dopo essersi impigliato il piede tra lo schotch di un ‘errore’. Non so… opera dal retrogusto didascalico oltre che fin troppo decorativa. 
Prima di dedicarmi alla ‘star’ del ciclo di mostre Tomas Saraceno, salgo sul tetto per vedere l’installazione di Adrian Tranquilli, ‘All is violent. All is bright . Esco all’aperto sul terrazzo e un muro di calore mi indispone non poco. Sarà forse per questo eccesso d’afa che non solo non ho apprezzato l’opera di Tranquilli – un batmat più che verosimile ingabbiato in una rete metallica – ma l’ho trovata decisamente brutta. Ripeto, forse è stato l’eccesso di caldo. Dell’artista c’era anche un’altra opera all’interno, pendant del Batman. Questa consisteva in una grande installazione della cattedrale di San Pietro,   formata da centinaia di carte da gioco con la faccia da Jocker. Giudicate voi!
La fine del mio macro giro, spetta a Tomas Saraceno che allestisce in una delle stanze più imponenti del museo la sua grande installazione ‘Cloudy Dunes.  When Friedman meets Bucky on Air-Port-City’. 
L’artista cita niente meno che Yona Friedman e Richard Buckminster Fuller per allestire una grande nuvola di 500 dodecaedri formata da ben 18 chilometri di tubi per cavi elettrici. Inevitabile che l’installazione ricordi la grande opera che Saraceno ha portato alla Biennale di Venezia (ma tante, troppe sue opere ricordano quella alla Biennale di Venezia!), ma priva, però, della stessa leggerezza e cura nei dettagli. L’ambiente era sì coinvolgente ma ho avuto la sensazione di un’opera troppo scenografica e frettolosa. 
Prima di andarmene dal museo, ho fatta una tappa al bagno (spaziale) e non riuscivo più a trovare la porta per uscire 🙂
Emanuele-Cerutti-Collezione-Maramotti-2024