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North Pole and other Precarious Landscapes: il senso di responsabilità di Philippe Pastor da Robilant+Voena

La mostra North Pole and other Precarious Landscapes risuona come un avvertimento visivo verso il peso e le reali conseguenze delle azioni dell’essere umano e le inevitabili risposte della natura e dell’ambiente
Philippe Pastor, North Pole and other Precarious Landscapes – Installation view Via della Spiga – Robilant+Voena Milano

Testo di Giulio Fonseca —

Philippe Pastor, artista monegasco, lavora la materia prima con consapevolezza, intrecciando il suo gesto creativo con le urgenze del presente e stabilendo un dialogo visivo attraverso colore e luce. È lui il protagonista della mostra North Pole and other Precarious Landscapes alla Galleria Robilant+Voena a Milano, che fino al 16 gennaio 2026 si dividerà nei due spazi di Via della Spiga e Via Gargano.

North Pole and other Precarious Landscapes si divide in due differenti sedi: la galleria in Via della Spiga in San Babila, e in Via Gargano – accanto l’ex storico night club Plastic che ha fatto divertire e sognare per lunghi anni, chiuso definitivamente a giugno del 2025.
Accompagnata da un catalogo digitale con una conversazione one-to-one tra il pittore e la curatrice del progetto Caroline Corbetta, ed un profilo artistico dello stesso dalla penna della giornalista Axelle Corty, la mostra North Pole and other Precarious Landscapes risuona come un avvertimento visivo verso il peso e le reali conseguenze delle azioni dell’essere umano e le inevitabili risposte della natura e dell’ambiente.

Robilant+Voena, partnership tra i mercanti d’arte Edmondo di Robilant e Marco Voena, nasce a Londra nel 2004 e rappresenta artisti italiani ed europei dal Rinascimento ad oggi. Con Philippe Pastor è alla prima collaborazione a Milano, dopo le precedenti a New York e St. Moritz nel 2024.

Il monegasco nasce nel 1961 nel Principato di Monaco, primo ed unico ad aver rappresentato il suo paese in un contesto internazionale due volte alla Biennale di Venezia (2007; 2009) e all’Expo 2015. L’artista lavora il pigmento, il colore, modella la luce, strumenti con i quali parla indistintamente a tutti del sempre più complesso rapporto tra uomo e natura. Studia, immagina e realizza. Non essendo stato in prima persona nelle regioni polari, ma avendo disegnato tramite osservazione, in North Pole and other Precarious Landscapes ciparla di una verità chiara e urgente: la fragilità dei ghiacciai, le trasformazioni imprevedibili del clima e la risposta di una natura che tenta di farsi ascoltare.

Philippe Pastor, North Pole and other Precarious Landscapes – Installation view Via della Spiga – Robilant+Voena Milano
Philippe Pastor, North Pole and other Precarious Landscapes – Installation view Via della Spiga – Robilant+Voena Milano

Con la serie North Pole (25 062 NP) lo sciogliersi dei ghiacciai e la loro condizione di estrema urgenza la si percepisce osservando il movimento del colore che cade e quasi sembra sciogliersi e uscire dai limiti della tela. I pigmenti utilizzati vengono prelevati dallo stesso dal Marocco. Li lavora, li modifica, a volte leggeri, altre duri come una roccia – rimandando al vero nocciolo del progetto. Questo effetto intenso e materico si crea anche grazie al processo a cui Pastor sottopone le opere: le espone alla luce naturale e ai quattro elementi: vento, pioggia, terra e sole, che diventano co-autori e a volte stravolgono il risultato finale. La natura diviene testimone visibile del passaggio del tempo.
Sempre in Via della Spiga, all’interno della Galleria Robilant+Voena, si alterna la serie Blue Monochrome: squarci generati dall’instabilità delle temperature che si aprono come vere e proprie ferite, le stesse che lacerano i ghiacciai.
Nella valle di Chamonix Pastor risiede circa la metà dell’anno, osservando la metamorfosi del paesaggio: “Il monte bianco non è più bianco. Striature nel ghiaccio, tracce di terra, tracce di inquinamento dalla valle e rocce trasportate dallo scioglimento del ghiacciaio – queste sono visibili da tutti i lati”.
Uno dei suoi progetti più importanti è Les Arbres Brûlés (Gli Alberi Bruciati) – denuncia della gravità degli incendi boschivi, causati secondo i dati del WWF per l’80% da mano umana – che ha esportato a Singapore, New York, Monaco, Nairobi, Nizza, Parigi. In quest’opera, il riuso del legno ricavato dagli incendi è il tratto di un gesto di cura e di rispetto per ciò che rimane, e della differenza che possono fare le nostre azioni. 
In Via Gargano, Gli Alberi Bruciati sono dimostrazione visiva dell’attento lavoro di pulizia compiuto da Pastor nel rimuovere batteri e sostanze nocive dai tronchi, restituendo dignità a ciò che è stato devastato. Intorno a questa scultura, una serie di altri suoi lavori rivela una ricerca che si muove sulla sperimentazione di pigmenti particolari, dal color ocra passando per un rosa che ormai è impossibile da riprodurre, a causa del cambiamento delle trasformazioni del suolo e delle temperature.

Philippe Pastor, North Pole and other Precarious Landscapes – Installation view Via Gargano – Robilant+Voena Milano

Alcune opere non nascono da un progetto prestabilito, ma da illuminazioni improvvise che avvengono quando lo sguardo è più libero. Un dettaglio che ci è stato spiegato è come Pastor spesso si alzi tardi la mattina e rimanga sveglio fino a tarda notte, ritrovandosi a guardare documentari sulla natura. Se un’immagine lo colpisce, la fotografa d’istinto, trattenendo un frammento visivo che ripropone in linguaggio artistico.
Il suo apprezzamento verso la quiete, la pace, la contemplazione, e il vivere a contatto con la natura, non solo come soggetto ma come ambiente umano, rende il suo processo creativo parte di una pratica di cura. Un attivismo non urlato, ma un ragionamento meditato che colpisce sul piano della responsabilità e della memoria.
La crisi ambientale che viene percepita come dato tecnico tra numeri e statistiche viene tradotta in un’esperienza reale, vissuta. Sapere che ciò che osserviamo in questo progettonon è un paesaggio fittizio, ma una rielaborazione del vero, può portare ad una spaccatura nel modo di pensare? 
Il suo impegno per la sensibilizzazione sul cambiamento climatico e sui suoi effetti a medio-lungo termine è lodevole. Nel 2007 ha fondato l’associazione Art & Environment, sotto il patrocinio del Principe Alberto II di Monaco e della Professoressa Wangari Maathai, Premio Nobel per la Pace nel 2004, e collabora con le Nazioni Unite.
In una sua intervista con la galleria, Philippe Pastor dice: Sono solo uno spettatore, un pittore, sono qui, guardo, e pitturo. Cos’altro posso fare?
Il suo senso di responsabilità si sviluppa dal saper osservare la fragilità della natura senza dominarla. Lasciare che la vernice “trovi la sua strada” diventa metafora di un rapporto più rispettoso con il mondo, dove l’uomo non controlla tutto ma collabora con ciò che lo circonda. Ogni gesto lascia una traccia, sulla superficie pittorica come sul pianeta, ed ignorarla significa non preservare ciò che rischiamo di perdere, o che abbiamo già perso.

Philippe Pastor, North Pole and other Precarious Landscapes – Installation view Via Gargano – Robilant+Voena Milano