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Luigi Ghirri – Polaroid ‘79- ‘83 | Centro Pecci, Prato

La mostra ci restituisce un artista che non smette di interrogare la natura dell’immagine e dell’osservare. Rivela l’origine di molti dei suoi temi più noti e, al contempo, apre nuove domande sul rapporto tra fotografia e tempo.
©Eredi di Luigi Ghirri

Testo di Elisa Pasotti —

“La fotografia diventa linguaggio che opera per accumulazione istantanea sul significare del cambiamento di senso quando il mondo dei segni si integra con il mondo fisico, e insieme ulteriormente su di una terza visione”.

Luigi Ghirri, 1978

Entrare nelle sale del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci per la mostra Luigi Ghirri. Polaroid ’79-’83, in corso fino al 10 maggio 2026, significa avvicinarsi a un Ghirri meno noto ma sorprendentemente attuale. Per la prima volta un’istituzione italiana dedica un’intera esposizione alla sua produzione istantanea, un corpus che attraversa gli anni dal 1979 al 1983, periodo intenso e fertile, in cui la Polaroid diventa per l’artista uno strumento di libertà, esercizio, gioco e riflessione.
Curata da Chiara Agradi e Stefano Collicelli Cagol, in collaborazione con la fondazione Ghirri, la mostra si presenta come un viaggio dentro l’intimità del processo creativo:  non il grande paesaggio emiliano, non le serie iconiche storicizzate ma un laboratorio visivo fatto di piccoli esperimenti, appunti, errori voluti e intuizioni folgoranti. La polaroid è un terreno di sperimentazione ove l’autore mette alla prova concetti centrali della sua ricerca.
L’allestimento, progettato da Ibrahim Kombarji, favorisce un dialogo silenzioso e ravvicinato con le immagini. Le polaroid piccole richiedono uno sforzo in più, quasi un avvicinamento fisico, in segreto; al contrario le rarissime istantanee realizzate con la Polaroid 20×24 Instant Land Camera, scattate durante la sua esperienza ad Amsterdam, aprono lo sguardo verso un’altra scala, monumentale ma comunque fragile. La convivenza dei vari formati crea un ritmo visivo dinamico e valorizza la natura ibrida del progetto.

Il nucleo delle opere mette in luce una tensione preziosa: da un lato precisione concettuale, capacità ghirriana di costruire un’immagine come architettura mentale e dall’altro, empatia dello sguardo verso oggetti quotidiani, paesaggi minimali e le persone. Le polaroid ci restituiscono l’immediatezza e la delicatezza dell’autore. Il tempo, nelle istantanee, è apparentemente privo di profondità, eppure Ghirri costruisce stratificazioni, micro narrazioni e sospensioni che continuano ad interrogare lo spettatore.

L’altro livello di lettura, attuale: vedere oggi le Polaroid di Ghirri significa interrogarsi su cosa sia l’istantaneo nell’epoca dello smartphone. Nei suoi scatti dunque non c’è consumo ma pensiero, non c’è velocità ma contemplazione. L’immagine è un gesto che nasce in modo rapido ma per perdurare, sedimentare e ritornare.

La mostra si rivolge dunque, anche, ai più giovani: un programma di accessibilità ampliato che li invita a esplorare una temporalità diversa dell’immagine. È un merito importante, perchè introduce un pubblico digitale a una fotografia che richiede lentezza e attenzione.
Un limite, forse, è da leggersi nella forte densità concettuale del percorso, potrebbe risultare impegnativa per chi si avvicina per la prima volta all’opera di Ghirri.
Alcune scelte espositive, come l’inserimento delle grandi Polaroid, ridefiniscono la percezione del percorso, a volte spostando lo sguardo sui vari formati, riprendendo l’autore: “Un itinerario tracciato, ma con molti scarti e ritorni, casualità ed improvvisazione, una linea a zig zag.
Un equilibrio sottile mostrato con attenzione, lasciando emergere la forza sperimentale del progetto.

In definitiva, la mostra è necessaria, ci restituisce un artista che non smette di interrogare la natura dell’immagine e dell’osservare. Rivela l’origine di molti dei suoi temi più noti e al contempo apre nuove domande sul rapporto tra fotografia e tempo. Occasione preziosa per vedere Ghirri nella sua dimensione più sperimentale, dove le polaroid divengono non un’eccezione nella sua carriera ma un punto di osservazione privilegiato per comprenderne la poetica.

Luigi Ghirri, Modena 1980 ©Eredi di Luigi Ghirri