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Neither artificial nor intelligent. La pittura di Ahmet Öğüt tra riconoscimento e opacità | AplusA Venezia

Dopo aver rappresentato la Turchia alla Biennale del 2009, Ahmet Öğüt torna a Venezia con una nuova mostra personale che intreccia intelligenza artificiale e pratica pittorica.

Un fiorista di Kigali, un performer di Accra e un data artist di Ramallah: questi alcuni dei volti che ci scrutano nelle sale della galleria AplusA di Venezia. Figure provenienti da contesti differenti – alcuni riconoscibili, altri meno – che formano una comunità eterogenea di artisti di cui, però, non ci è dato sapere se i volti ritratti appartengano a persone realmente esistenti oppure se siano frutto della fantasia di Ahmet Öğüt. In questa schiera di artisti reali, semi-fittizi e immaginari, lo spettatore si muove nel tentativo di associare ciascun volto a un nome, grazie a una lista fornita all’ingresso: un gioco di attribuzioni che diventa parte integrante dell’opera.

L’artista decide di includere artisti provenienti da città che non rientrano nei tradizionali epicentri dell’arte contemporanea, accostandoli a figure che raramente ricevono riconoscimento istituzionale a causa del loro status politico o delle loro origini. Emergono così figure di performer, graffiti artist, web artist e altri ancora, fino ai nomi – citati ma non confermati – di artisti realmente esistenti come Luchezar Boyadjiev, Sanja Iveković e Mladen Stilinović. Una costellazione volutamente ambigua che evidenzia come anche il sistema dell’arte si basi su classificazioni prettamente occidentali e gerarchie consolidate.

La selezione inedita di dieci ritratti a olio, tratti da una serie più ampia di cinquanta dipinti realizzati negli ultimi tre anni, segna il ritorno di Öğüt alla pittura dopo un lungo periodo dedicato a progetti partecipativi e socialmente impegnati. Le opere sono presentate all’interno di un’installazione concepita ad hoc, articolata attraverso pannelli e schermi architettonici translucidi che velano parzialmente ciascun ritratto. Il visitatore si trova così a dover negoziare il proprio punto di vista, muovendosi nello spazio per tentare di cogliere la totalità dei volti.

Ahmet Öğüt I neither artificial nor intelligent I A plus A Gallery, Venice, ph Clelia Cadamuro
Ahmet Öğüt I neither artificial nor intelligent I A plus A Gallery, Venice, ph Clelia Cadamuro

Per questa serie Öğüt prende spunto dai sistemi di riconoscimento e controllo facciale, mettendone in luce la fragilità, l’inesattezza e le conseguenze politiche. Il titolo della mostra, Neither artificial nor intelligent, prende spunto dal testo Atlas of AI di Kate Crawford, in cui l’autrice mostra come l’intelligenza artificiale, percepita come un’entità astratta e autonoma, sia in realtà plasmata da decisioni umane e sistemi di potere che producono effetti tangibili come guerre, sorveglianza, cambiamenti climatici e disuguaglianze sociali. Crawford ripercorre inoltre la genealogia delle tecniche di classificazione del volto: dalla craniologia e dalla frenologia fino ai moderni algoritmi di profilazione, evidenziando come modelli obsoleti e discriminatori continuino a riemergere nelle tecnologie contemporanee.

La mostra si configura così come un dispositivo in cui il riconoscimento facciale è deliberatamente reso impossibile. I dipinti, schermati da pannelli in plastica rigida e zigrinata, non possono essere visti né fotografati pienamente: la documentazione completa sarà resa disponibile online solo quando le opere non saranno più in possesso dell’artista. Fino ad allora, la fruizione rimane esclusivamente “in presenza”, non mediata, resistente alla riproduzione digitale. È lo spettatore a doversi muovere, avvicinarsi, oscillare nello spazio per trovare quel punto in cui il volto si lascia vedere nella sua totalità. I ritratti si rivelano gradualmente, come entità che non possono essere catturate e che vengono quasi protette da questi schermi. 

In questo duplice dialogo tra la veridicità dei volti e l’impossibilità di una visione completa, la mostra rimarca l’importanza di un’esperienza reale e autentica. Neither artificial nor intelligent – visitabile fino all’8 febbraio 2026 – diventa così un monito a riflettere non solo sulle nostre abitudini percettive ma anche sui sistemi di classificazione che guidano, spesso in modo invisibile, la nostra lettura del mondo.

Cover: Ahmet Öğüt I neither artificial nor intelligent I A plus A Gallery, Venice, ph Clelia Cadamuro