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Time:lapse – In mostra la crisi del tempo lineare | A plus A, Venezia

La mostra, a cura della School for Curatorial Studies Venice, racconta il rapporto con il tempo contemporaneo, fatto di attimi, sospensione e scrolling.

C’è chi considera il tempo come un flusso lineare, in costante evoluzione. Altri invece lo percepiscono come un insieme frammentato di istanti discontinui, in cui si alternano ritorni al passato e momenti di sospensione. Con l’avvento dei media digitali e delle nuove tecnologie, il concetto stesso di temporalità si è trasformato ulteriormente: oggi il tempo vive in una condizione di simultaneità, frammentato in molteplici luoghi e spazi percettivi.
Questa asincronicità, se da un lato ha prodotto ricadute negative sul piano sociale –  generando fratture, nevrosi e sovraccarichi percettivi – dall’altro rappresenta un terreno fertile per la sperimentazione artistica. L’arte, infatti, si appropria di questo disallineamento temporale per creare spazi alternativi, in cui il tempo può essere manipolato, esteso e riformulato.

La galleria A plus A di Venezia viene quindi allestita come un ambiente di interruzione, molteplicità e stratificazione temporale. A incarnare tale approccio è, ad esempio, l’opera  Identified Flying Object – Eight Cube (2014) di Kensuke Koike: un paesaggio viene smontato e ricomposto attraverso intagli e collage della stessa immagine, generando una sovrapposizione di piani che scompone e ricodifica il tempo visivo. Una forma simile di simultaneità emerge anche nei dipinti dell’artista francese Camille Theodet, dove sulla stessa superficie pittorica convivono immagini divergenti: da una parte scene di quiete, come piscine o volti femminili in lacrime; dall’altra, visioni di distruzione come case in fiamme, animali feroci, e bombardamenti.
La scelta curatoriale è quella di voler restituire la brutalità con cui i media e l’industria dell’informazione saturano la nostra attenzione, abbassando progressivamente la soglia percettiva nei confronti delle immagini che consumiamo. Su questo tema riflette anche Giovanni Borga con il lavoro Willie Pete is running wild (2024): un nastro mobile, il cui movimento richiama lo scrolling compulsivo degli smartphone, su cui è dipinta una macchia astratta. L’immagine – in realtà un frame tratto da un video di un bombardamento al fosforo – viene così decontestualizzata e resa indecifrabile. L’artista multimediale veneziano mette in luce il modo in cui la nostra capacità di elaborare immagini traumatiche si è assottigliata, portandoci a una sorta di assuefazione visiva e morale di fronte alla violenza trasmessa.

timelapse, 2025, exhibition view, a plus a gallery, curated by school for curatorial studies venice, ph Clelia Cadamuro
Robert Blatt, Book of Hours, 2017, handbound book, sound, 19x10x1.15 cm, timelapse, 2025, exhibition view, a plus a gallery, curated by school for curatorial studies venice, ph Clelia Cadamuro

A contrastare la frenesia dell’immagine e del tempo intervengono artisti come Robert Blatt, che propongono nuovi modelli di temporalità. Con il progetto Books of Hours (2017), Blatt registra ogni istante della giornata in cui ha guardato l’ora. Gesto minimo, che può essere percepito tanto come atto involontario o come decisione calibrata, ma che produce un libro capace di restituire materialmente il peso e la densità del tempo vissuto. Un’altra interpretazione ancora è proposta dal Raqs Media Collective, che con un’opera video Blood Moon (2025), ovvero un orologio privo di lancette, dove il fluire delle ore è scandito non da numeri ma da concetti e stati d’animo immateriali sottolineando come il valore del tempo risieda, forse, non nella sua misura ma nella qualità delle esperienze che lo abitano. A concludere, A190B2 (2022) di Roma Bantik: un video dove vediamo l’artista lavorare ad una delle sue lastre di alluminio partendo da oggetti preesistenti per riportarli al loro stato originario, privo di funzione. La lastra che ne deriva è visibile negli spazi della galleria e assume successivamente una funzione sonora attraverso l’interazione dei visitatori.

Al piano superiore della galleria troviamo riprodotte delle opere video di Lida Jonsson, Ssi Saarinen, Ona Julija Lukas Steponaityte, Orphan Drift (visuals di Maggie Roberts e Suzie Karakashian, audio di Ocosi e vocal di Ranu Mukherjee) Tommaso Pandolfi, Dmitri Sarkisov, Danilo Correale, Semiconductor e una selezione di video dalla Servais Family Collection di Brussels, con lavori di Larry Achiampong, Arturo Hernández Alcázar, Petra Cortright, Sari Dorian, Peter Fischli e David Weiss, Leo Gabin, Mi Kafchin Hortensia, Jura Shust e Thomas Verstraeten. Inoltre vengono resi accessibili alla consultazione i vari documenti e materiali di lavoro usati durante le fasi di ricerca, un luogo di studi dove poter esplorare e ripensare la temporalità attraverso l’arte.
Time:lapse non rappresenta semplicemente il tempo ma lo rielabora. Attraverso una selezione di opere che coniugano critica, poesia e sperimentazione, rivela una visione stratificata del nostro rapporto con la dimensione temporale.

timelapse, 2025, exhibition view, a plus a gallery, curated by school for curatorial studies venice, ph Clelia Cadamuro
timelapse, 2025, exhibition view, a plus a gallery, curated by school for curatorial studies venice, ph Clelia Cadamuro
timelapse, 2025, exhibition view, a plus a gallery, curated by school for curatorial studies venice, ph Clelia Cadamuro