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I (never) explain #197 – Angelo Sarleti

"Il lavoro non si limita a denunciare, ma mostra. Mostra come la comunicazione contemporanea, con la sua riproducibilità tecnica e l’ossessione per il trend, rischi di normalizzare persino ciò che dovrebbe restare indicibile. Lo fa con freddezza, attraverso un gesto meccanico e ripetitivo: 666 variazioni di un unico nucleo, come un mantra rovesciato." Angelo Sarleti
Angelo Sarleti, CREATOR 2025 – veduta installazione

Creator – 666 modi di dire fascismo è nato in occasione della mia mostra Narciso narcosi, allestita negli spazi di Villa Rospigliosi a Prato e visitabile fino al 19 ottobre. L’opera non era prevista inizialmente: lo spazio che la ospita non era disponibile né al momento dell’invito né in fase di presentazione del progetto. È emersa solo in un secondo momento, come tappa conclusiva e sintesi dell’intero percorso espositivo.

La mostra si apre con un video che trasforma la scritta Narciso in Narcosi, da cui il titolo ispirato a McLuhan e alla sua definizione di “narciso come narcosi”: un lavoro dedicato ai social. Le altre opere compongono un discorso unitario: Cross, con quattro smartphone che trasmettono simultaneamente telegiornali diversi ai quattro angoli di un incrocio; Doppelgänger, che duplica la facciata della villa in una stampa a grandezza naturale sul prato antistante, un fake con cui convivere; i sacchetti di popcorn con la Q di QAnon; i quadri ispirati al Global Risk Report 2025, che mettono in luce lo scarto tra percezione pubblica e analisi specialistica. Tutto trova compimento in Creator, ultima tappa di un viaggio che dall’eccesso di informazione conduce alla perdita stessa del suo senso.

Creator – 666 modi di dire fascismo affronta una questione urgente: la trasformazione del linguaggio politico nell’era digitale. Non è un lavoro “sul fascismo” in senso stretto, ma sul suo riverbero comunicativo, sulle forme attraverso cui il neofascismo contemporaneo viene banalizzato, replicato e reso virale.

L’opera prende corpo da un gesto radicale: appropriarsi di 666 template del software CapCut, ambiente standardizzato dei creator digitali, e piegarli a un uso paradossale, quasi rituale. Ne nasce un catalogo infinito di segni, in cui il fascismo diventa superficie estetica, ready-made comunicativo, privo di peso ma non per questo innocuo.

Questo dispositivo si inserisce nella mia ricerca, da tempo orientata a esplorare i margini della plausibilità e del dato. Così come in altri lavori ho indagato la capacità delle tecnologie di generare narrazioni “credibili” o “autorevoli” senza fondarsi necessariamente sul vero, anche qui la logica algoritmica del software è spinta al limite, trasformata in parodia visiva del linguaggio autoritario.

Il lavoro non si limita a denunciare, ma mostra. Mostra come la comunicazione contemporanea, con la sua riproducibilità tecnica e l’ossessione per il trend, rischi di normalizzare persino ciò che dovrebbe restare indicibile. Lo fa con freddezza, attraverso un gesto meccanico e ripetitivo: 666 variazioni di un unico nucleo, come un mantra rovesciato.

Se il fascismo storico si affermava con monumentalità e retorica totalizzante, il neofascismo contemporaneo trova forza nella banalizzazione: un like, una clip di tre secondi, un effetto grafico riciclato. Creator – 666 modi di dire fascismo restituisce questa condizione, configurandosi come un’opera insieme politica e mediale: un archivio disturbante e necessario.

Angelo Sarleti, CREATOR 2025 – Still da video
Angelo Sarleti, CROSS 2025 – particolare installazione

Per leggere gli altri interventi di I (never) explain
I (never) explain – ideato da Elena Bordignon – è uno spazio che ATPdiary dedica ai racconti più o meno lunghi degli artisti e nasce con l’intento di chiedere loro di scegliere una sola opera – recente o molto indietro del tempo – da raccontare. Una rubrica pensata per dare risalto a tutti gli aspetti di un singolo lavoro, dalla sua origine al processo creativo, alla sua realizzazione.