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Tra luce e abisso | Lucio Fontana e Georg Baselitz alla Galleria Thaddaeus Ropac, Milano

Che cosa accade quando il buco e il taglio di Fontana, gesti che aprivano la tela al cosmo infinito, si riflettono nei centri oscuri dei dipinti più recenti di Baselitz?

Testo di Nicola Bigliardi

Che cosa significa mettere in dialogo due artisti che non si sono mai incontrati? E quale valore può assumere, oggi, l’accostamento tra il gesto radicale di Lucio Fontana e il linguaggio di Georg Baselitz, forgiati in contesti storici e culturali tanto distanti?

Forse la risposta risiede proprio in questa distanza: un confronto che non cerca conferme critiche, ma ci invita a interrogarci su cosa intendiamo per origine, forma, spazio e persino per storia.

È questa tensione a dare vita alla mostra inaugurale della galleria Thaddaeus Ropac nella nuova sede milanese di Palazzo Belgioioso, dal titolo Georg Baselitz & Lucio Fontana: L’aurora viene. La scelta curatoriale non mira a ricostruire genealogie né a sottolineare influenze, ma a far emergere lo spazio inedito che nasce quando le opere si osservano e si ascoltano reciprocamente, oltre i confini del tempo. L’arte, in questa prospettiva, smette di rappresentare il mondo per trasformarsi in passaggio, soglia, apertura verso l’ignoto. Baselitz stesso lo afferma: «L’interpretazione non è di nessuna utilità per un artista», ricordando che, alla sua età, il confronto è innanzitutto di natura intellettuale, libero da dipendenze. Non si tratta, dunque, di spiegare, ma di aprire un varco, lasciandosi sorprendere da un incontro che assume i tratti di un’affinità elettiva.

Che cosa accade, allora, quando il buco e il taglio di Fontana, gesti che aprivano la tela al cosmo infinito, si riflettono nei centri oscuri dei dipinti più recenti di Baselitz? E quale presenza abita quel vuoto, se non la promessa di un oltre?
Il taglio, infatti, non è soltanto rottura, ma apertura: dissolve la rappresentazione per rivelare il nulla che la precede e la circonda, un vuoto che diventa matrice di ogni possibile forma futura. Non un vuoto nichilistico, ma un vuoto fecondo: un “nero del taglio” che, come osserva Baselitz, custodisce un barlume di speranza, come se qualcosa potesse sempre emergere tra materia e spazio, tra forma e annullamento.
Aurora viene (2015), opera che dà il titolo all’esposizione, raccoglie e rinnova questa intuizione: figure che affiorano dall’oscurità come apparizioni, risalendo da una profondità sconosciuta. È un’alba o un abisso? Un bagliore di luce o un manto di ombra? Forse non è né l’uno né l’altro, o forse entrambi, nello stesso tempo. È proprio questa ambiguità il terreno in cui l’arte si rigenera, interrogando il nostro rapporto con l’origine e con la forma.

Georg Baselitz and Lucio Fontana, L’aurore viene, installation view at Thaddaeus Ropac Milan, September 2025. Photo: Roberto Marossi. Courtesy Thaddaeus Ropac gallery, London · Paris · Salzburg · Milan · Seoul.

Il percorso espositivo mette in relazione opere cruciali di Fontana, dalle sculture “barocche” degli anni Trenta alle Attese, dai Gessi agli Inchiostri, fino a La fine di Dio, con i dipinti e le sculture di Baselitz, in cui la gravità sembra dissolversi e le figure capovolte assumono il carattere di presenze spettrali. Da un lato l’ovale cosmico de La fine di Dio, che per Fontana rappresenta «l’infinito, l’inconcepibile, la fine della figurazione, l’inizio del nulla»; dall’altro i corpi nudi e vulnerabili di Baselitz, come in Rosa riposa (2019), dove la sensualità si fa materia sospesa e mette in risalto due poli che non si annullano, ma vibrano della luce riflessa l’uno dell’altro.
Sorge spontaneo, a questo punto, chiedersi cosa possa dirci oggi questo dialogo. Forse che, come ricorda Luca Massimo Barbero, entrambi gli artisti sono animati da una “tensione comune”: «l’idea che l’arte non rappresenti ma annunci, che non descriva ma evochi, che sia innanzitutto un atto di apertura verso l’origine».
Da qui si apre una riflessione più ampia, che colloca Baselitz e Fontana come due esempi di una storia dell’arte non ideologica. Come ricorda Francesco Arcangeli in Dal Romanticismo all’Informale (1970-73) (Mulino, 2020), «la poetica dichiarata e quella implicita nell’opera non sempre, anzi, quasi mai, coincidono»: altrimenti l’operazione critica perderebbe di senso. E ancora: «L’artista non è portatore di problemi storico-filosofici, sociali o politici, ma un elaboratore specifico di forme».
Ed è proprio nelle forme che si annida una tensione vitale, capace di aprirsi a riverberi e implicazioni sociali senza tuttavia esaurirsi in esse, come dimostra il dialogo tra Fontana e Baselitz.
In questa fenditura, tra gesto e inizio, tra carne e spazio, tra corporeo e cosmico, l’arte si fa soglia. È forse lì che si gioca, ancora oggi, la possibilità di un primordio della forma: l’idea che il senso non risieda nella totalità, ma in un istante di intuizione, in una fenditura che, come la luce dell’aurora, annuncia un nuovo possibile inizio.

Cover: Georg Baselitz and Lucio Fontana, L’aurore viene, installation view at Thaddaeus Ropac Milan, September 2025. Photo: Roberto Marossi. Courtesy Thaddaeus Ropac gallery, London · Paris · Salzburg · Milan · Seoul.

Georg Baselitz & Lucio Fontana: L’aurora viene
Galleria Thaddaeus Ropac, Palazzo Belgioioso,
Piazza Belgioioso, 2, 20121 Milano MI, Italia
Dal 20.09.2025 al 20.11.2025

Georg Baselitz and Lucio Fontana, L’aurore viene, installation view at Thaddaeus Ropac Milan, September 2025. Photo: Roberto Marossi. Courtesy Thaddaeus Ropac gallery, London · Paris · Salzburg · Milan · Seoul.
Georg Baselitz and Lucio Fontana, L’aurore viene, installation view at Thaddaeus Ropac Milan, September 2025. Photo: Roberto Marossi. Courtesy Thaddaeus Ropac gallery, London · Paris · Salzburg · Milan · Seoul.