Sono sempre stato attratto da storie non convenzionali, forse perché mi offrono la possibilità di far viaggiare la mente, stimolare la curiosità, alleviare la monotonia e rivalutare cosa mi sta attorno. Nel 2019 mi è stato chiesto di realizzare una mostra in uno spazio espositivo no profit a Londra, chiamato Black Towers e ho proposto di fare un progetto sulla storia di un gruppo di suore domenicane, che avevo scoperto per la prima volta grazie a un documentario della BBC Radio.
Essendo a migliaia di chilometri di distanza, il curatore Phil Serfaty era perplesso e mi ha chiesto come avrei fatto, ho semplicemente risposto che sarei andato a filmarle! Non sapevo quanto sarebbe stato difficile, dato che le suore vivevano in clausura e avevano concesso il permesso di filmarle solo una volta al National Geographic. Immagino si possa dire che mi piacciono le sfide! Grazie all’aiuto del curatore Alberto Rios de la Rosa e a delle sovvenzioni del British Art Council, tutto è andato per il meglio. Le suore concessero il permesso di entrare nel convento per un giorno e mezzo e l’avventura ebbe inizio…
Il titolo del video Their Eyes Have No Lids (I loro occhi non hanno palpebre) deriva da un testo dello scrittore argentino Julio Cortázar, una frase che suggerisce un atto infinito di vedere, uno stato di apertura permanente, senza alcuna protezione. La tensione tra vulnerabilità e prendersi cura è ciò che inizialmente mi ha spinto a documentare questa storia insolita. Al centro del film c’è l’achoque, un anfibio in grave pericolo di estinzione parente della salamandra acquatica “axolotl” ed endemico del lago Pátzcuaro in Messico.


Considerato un dio dalla cultura azteca, l’axolotl è uno degli emblemi più rappresentativi della cultura nazionale. Questa specie sopravvive oggi grazie alla cura e alla dedizione di un piccolo gruppo di suore domenicane che gestiscono un laboratorio di conservazione all’interno del loro monastero, nell’ambito di un più ampio programma di salvaguardia in collaborazione con lo zoo di Chester e l’Università di Morelia, capitale dello stato di Michoacán. Le suore domenicane producono uno sciroppo medicinale a base di miele, erbe e cellule dell’animale stesso, venduto come trattamento per i dolori muscolari o i problemi respiratori. Gli axolotl hanno la più grande quantità di DNA di qualsiasi altra specie conosciuta e sono in grado di rigenerare arti e altre parti del corpo danneggiate. Di conseguenza, queste salamandre acquatiche sono di grande interesse per i ricercatori di tutto il mondo che le studiano nella speranza di imitarne il loro segreto, con vari scopi come far crescere tessuti e organi per la medicina e la chirurgia plastica.
Sono rimasto affascinato da questa convergenza tra conservazione scientifica e devozione religiosa, due sistemi di conoscenza e cura, solitamente considerati agli antipodi, ma che in questa storia specifica coesistono in rituali quotidiani e silenziosi. Ho avuto la fortuna di poter accedere a questo spazio privato, in parte santuario, in parte laboratorio, dove ho filmato sia gli animali che la routine delle suore. I loro gesti, l’atmosfera, la quiete, tutto suggeriva una sorta di coreografia intima, un ciclo di gesti precisi e delicati.


Il video che ne è risultato rispecchia un ritmo lento che fa eco al testo di Cortázar e che rafforza le somiglianze e la quiete ripetitiva della vita delle suore e quella dell’achoque. Analogamente al protagonista del racconto di Cortázar, ossessionato dall’axolotl e che alla fine, in modo surreale e inaspettato, diventa lui stesso un axolotl, la vita chiusa delle suore sembrava quasi rispecchiare la lentezza e la natura di quella dell’achoque. Stranamente, in maniera quasi premonitoria, la mostra si è conclusa quando il Covid è diventato una realtà e le nostre vite hanno iniziato ad assomigliare molto alla lentezza e alla chiusura delle vite narrate nel video. La cura e l’istinto di conservazione che le suore hanno verso l’achoque sono diventati ciò che abbiamo manifestato gli uni agli altri.
Ad accompagnare il video, ho presentato una serie di oggetti raffiguranti axolotl estrapolati dalla cultura popolare messicana e li ho esposti in modo da richiamare l’estetica delle esposizioni etnografiche e dei musei di storia naturale. Da tempo mi interessa il modo in cui questi linguaggi visivi modellano la nostra percezione della realta, soprattutto quando sfumano i confini tra scientifico e mitologico. In Their Eyes Have No Lids, tale ambiguità è intenzionale. L’opera invita lo spettatore in uno spazio contemplativo, dove ciò che si vede resiste a una facile spiegazione. L’opera fa parte di un’esplorazione continua del concetto di trasformazione, non solo in termini biologici, ma anche come stato simbolico e psicologico. L’achoque, il convento, diventano un portale verso qualcosa di liminale, qualcosa che galleggia al confine della comprensione.



Ha collaborato Simona Squadrito
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I (never) explain – ideato da Elena Bordignon – è uno spazio che ATPdiary dedica ai racconti più o meno lunghi degli artisti e nasce con l’intento di chiedere loro di scegliere una sola opera – recente o molto indietro del tempo – da raccontare. Una rubrica pensata per dare risalto a tutti gli aspetti di un singolo lavoro, dalla sua origine al processo creativo, alla sua realizzazione.