“Dove chiama il materiale”: è da questa suggestione, raccolta da un maestro vetraio di Murano, che prende forma il titolo della mostra. Non un comando ma un’indicazione pratica, un invito ad ascoltare e ad assecondare il materiale. Il ferro, il legno, la carta, il vetro di Murano non sono per Alice Cattaneo materie da piegare, ma presenze da seguire nelle loro tensioni interne.
Dove lo spazio chiama il segno non segue un ordine cronologico, ma si sviluppa come un percorso che intreccia frammenti di ricerca e stratificazioni, alternando spazi di leggerezza a momenti vibranti. L’idea di antologica viene così scardinata: ogni lavoro è legato a un tempo e a un contesto irripetibile, elementi che l’artista sceglie di tralasciare per valorizzare la forza espressiva della materia e del suo segno.
Tra le opere che scandiscono questo percorso troviamo Cosmografia blu (2023), una grande lastra in vetro di Murano che si estende come una mappa fragile e luminosa, dove la trasparenza diventa spazio di riflessione e assorbimento. Qui il vetro non è soltanto superficie, ma un orizzonte pronto a restituire la profondità del colore e la leggerezza di un gesto sospeso. In opere come Affioramenti (2021), la materia appare stratificata e precaria, come un insieme di elementi che emergono dalla terra, creando paesaggi dall’equilibrio instabile. È proprio nella gravità che l’artista trova la forza generatrice della scultura: quella dimensione dove la transitorietà e la tensione conservano una memoria terrena.
Accanto a queste presenze più recenti, l’esposizione ripropone lavori che segnano momenti cruciali della ricerca dell’artista. Le opere Untitled del 2010 testimoniano l’interesse di Cattaneo verso il concetto di “anti-scultura”: strutture leggere, quasi disegnate nello spazio, che mettono in crisi la monumentalità tradizionale della scultura e aprono a una dimensione di sospensione.


Al centro della mostra si colloca Verso l’intorno, intervento site-specific pensato per le stanze del Contemporaneo della GAM. L’opera riprende il perimetro architettonico dello spazio, orientandolo verso punti di fuga che si spingono oltre il museo e oltre la griglia urbana. Verso l’intorno invita a guardare altrove, a dislocare lo sguardo verso una dimensione altra. Questa architettura temporanea diventa così l’elemento di connessione tra i lavori in mostra e le sale che li accolgono, trasformando lo spazio espositivo in un corpo vivo che interagisce con le opere e con chi le attraversa.
A concludere l’esposizione, il 5 settembre 2025, sarà una S.O.N.O.G.E.O.M.E.T.R.I.A. Un’azione condivisa tra scultura e suono, sguardo e corpo. Un intervento site-specific in cui verranno messi in dialogo le sculture dell’artista con un tappeto sonoro, composto di gesti, materiali e frammenti d’ambiente. Si tratta di echi sonori e materici delle opere stesse: spostamenti, cadute e trascinamenti di queste, raccolti e registrati per creare un archivio ambientale.
Il percorso curatoriale accompagna il visitatore in un flusso che alterna opere provenienti da momenti diversi della carriera, riallestite e ripensate in dialogo con lo spazio architettonico della GAM. Una scelta che non mira a ricostruire una raccolta ordinata, ma a restituire l’esperienza di un lavoro caratterizzato da continui slittamenti, interruzioni, ascolti.
Come afferma il curatore della mostra Giovanni Giacomo Paolin, le opere possono essere intese come “interruzioni di pensiero, gesti mossi da una necessità che nasce dalla relazione stretta con lo spazio espositivo”. Una definizione che coglie la natura processuale e dialogica della pratica di Cattaneo, sospesa tra intuizione e costruzione lenta. L’atmosfera che emerge è quella di una sospensione percettiva, in cui il visitatore è chiamato a sostare più che a osservare, a muoversi in una condizione di ascolto. Lo spazio non è più un semplice contenitore ma interlocutore attivo: un luogo che chiama il segno e ne determina la forma.
Cover: Installation view, Dove lo spazio chiama il segno, GAM Torino 2025


