Testo di Cecilia Larese De Santo —
La Fondazione Querini Stampalia inaugura un nuovo capitolo della sua lunga e prestigiosa storia, segnando un punto di svolta tanto simbolico quanto concreto nel panorama culturale italiano e internazionale. Sotto la direzione di Cristiana Collu, la Querini si presenta oggi come un “arcipelago vivo di esperienze”. Senza centri e senza confini, dove la conoscenza si muove per connessioni e analogie, un paradigma questo che richiama la struttura stessa della laguna veneziana.
La nuova traiettoria della Querini è tangibile fin da subito. Gli spazi sono stati trasformati per ospitare una serie di progetti espositivi che incarnano questa visione aperta, plurale e suggestiva.
Ad aprire il rinnovato percorso espositivo è la mostra No Stone Unturned. Conceptual Photography dedicata a John Baldessari. Con oltre settanta opere, l’esposizione offre uno sguardo ampio e articolato su una delle figure più influenti dell’arte concettuale contemporanea. Baldessari, con il suo approccio ironico e sovversivo, ha ridefinito il concetto stesso di immagine e narrazione visiva, aprendo nuove possibilità espressive ancora oggi centrali nell’arte contemporanea.
Negli spazi del terzo piano, ristrutturato in chiave moderna e aperto al pubblico in occasione di questa mostra, scopriamo la figura di Baldessari attraverso lavori che spaziano dagli anni ’60 fino ai più recenti del 2000. Ad accogliere il visitatore è una delle opere più radicali e simboliche della sua carriera: Cremation project (1970). Un atto performativo, poetico e profondamente ironico in cui l’artista decise di bruciare in un forno crematorio tutte le opere pittoriche realizzate precedentemente. Un gesto che segnò una vera e propria rinascita artistica e concettuale.
Il cuore della sua ricerca risiede nella costante esplorazione dei codici visivi e del linguaggio, ad esempio Blasted Allegories (1977-1978) è una serie di lavori in cui utilizza le immagini fotografiche come elementi numerici, compiendo così delle operazioni aritmetiche in cui l’aspetto iconografico si intreccia ad un linguaggio matematico. Questa tensione tra regola e rottura si manifesta anche attraverso una schematicità autoimposta, da cui affiora un’ironia capace di scardinare il senso comune dei gesti e delle immagini. Ne sono un esempio emblematico lavori come I Am Making Art (1972) o Trying To Roll A Hoop In A Perfect Circle (Best Sequence 216 Frames) (1972-1973) in cui la ripetizione di alcune azioni diventa un mezzo per riflettere sulla pratica artistica stessa.




Infine, lavori come Binary Code Series: Scenario (Scripts) (Version A) (1972-1973) e Line of Force (Ball and Hand) (1972-2011) dimostrano l’interesse di Baldessari per la sequenzialità e la narrazione visiva: riprendendo idealmente gli storyboard del cinema, realizza dei montaggi visivi basata su immagini non sequenziali ma in cui l’azione sembra seguire una logica narrativa.
No Stone Unturned. Conceptual Photography vuole mettere in discussione la nostra costante necessità di trovare un significato alle esperienze, proponendo accostamenti di idee e immagini inusuali capaci di stimolare la riflessione.
Ma l’esperienza alla Querini non si ferma alle sale espositive. Gli spazi pubblici attorno alla Fondazione, come il Campo Santa Maria Formosa e Campiello Querini, vengono abitati dalle sculture monumentali di Davide Rivalta: quattro leoni in bronzo, sentinelle silenziose che trasformano il campo in luogo d’incontro attraverso un gioco di sguardi tra i visitatori e i leoni. La loro presenza pacata e vigile invita a una nuova percezione del tempo e dello spazio urbano. Sempre nello stesso campo, Martí Guixé propone Q Spot. Seat, read, think, repeat, un oggetto d’uso quotidiano ispirato al logo della Fondazione. Una seduta sociale a forma di “Q” che trasforma il simbolo grafico in spazio relazionale: luogo di sosta, riflessione e condivisione. Gli interventi di Guixé continuano negli spazi della libreria Giovanni, anch’essa rinnovata grazie alle sue ironiche e seducenti parole.
Tre artisti, distanti per linguaggi e approcci, trovano un punto di contatto nella loro esperienza comune: tutti sono stati anche insegnanti, figure che hanno scelto di trasmettere sapere oltre la pratica artistica. È proprio questo elemento ad aver guidato la direttrice nella loro selezione, in questo modo gli spazi della Fondazione e le opere degli artisti si legano attraverso un metodo comune. La Querini Stampalia sceglie di farsi luogo di riflessione e scoperta, dove la cultura non è ornamento ma una presenza capace di generare significato e costruire relazioni.

