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Picture Window Frame alla Fondazione ICA Milano | Intervista con Cloe Piccoli

Per capire l’ideazione, lo sviluppo e gli ottimi esiti della mostra "Picture Window Frame", di Stefano Graziani e OFFICE Kersten Geers David Van Severen, abbiamo posto alcune domande alla curatrice Cloe Piccoli.

Un crocevia di intenzioni e sensibilità. Un progetto che nasce da un invito, da un’immersione in un ambiente lontanissimo dal proprio e, come risultato: il tentativo di scompaginare le aspettative espositive. Stiamo parlando della mostra in corso fino al 30 novembre Picture Window Frame, che vede la collaborazione tra Stefano Graziani e OFFICE Kersten Geers David Van Severen. La mostra e a cura di Cloe Piccoli e non poteva avere che un luogo più azzeccato: gli spazi della Fondazione ICA Milano. Il progetto è la seconda tappa di un’ampia commissione di Finstral, azienda dell’Alto Adige di serramenti in Europa. Invitato a osservare il processo di produzione e la collezione d’arte iniziata dal fondatore dell’azienda Hans Oberrauch a partire dagli anni Settanta, Stefano Graziani mette in discussione il genere specifico della fotografia industriale, continuando la sua ricerca sulla fotografia in quanto documento.
Per capire meglio l’ideazione, lo sviluppo e gli ottimi esiti di questa mostra abbiamo posto alcune domande alla curatrice Cloe Piccoli. 

Elena Bordignon: La mostra Picture Window Frame è la seconda tappa di un progetto molto più ampio commissionato da Finstral, un’azienda di serramenti dell’Alto Adige. Brevemente mi racconti questa commissione che vede Stefano Graziani, voce originale nel panorama dell’arte e della fotografia contemporanee, attivo nel mettere in discussione il genere specifico della fotografia industriale? 

Cloe Piccoli: La commissione di Finstral nasce da un invito di Kathrin Oberrauch curatrice della collezione e dei progetti culturali dell’azienda a Stefano Graziani. L’idea originaria era fotografare gli stabilimenti e la collezione d’arte contemporanea iniziata dal fondatore dell’azienda Hans Oberrauch. Stefano Graziani ha interpretato quest’invito in una ricerca molto personale che declina il genere della fotografia industriale in una visione inedita della fabbrica.Graziani si sofferma su elementi costruttivi e produttivi che diventano iconici, sceglie oggeti che diventano simboli del processo di produzione. Non c’è presenza umana, eppure le persone, gli utenti e i lavoratori, il mondo dell’arte e della società civile destinataria dei prodotti di fabbrica si percepiscono in sottotraccia. Nelle immagini di Graziani, per paradosso al massimo grado di oggettività corrisponde il massimo grado di soggettività. E allora il discorso si sposta dalla fotografia industriale, al documento, al documento come fotografia. Guadare, inquadrare, fotografare sono il tema Picture Window Frame 2 a Milano, una mostra che riguarda l’attitudine a osservare il mondo di Stefano Graziani.  

EB: In questo progetto Graziani ha lavorato con OFFICE, lo studio di architettura fondato da Kersten Geers e David Van Severen. Come si è sviluppato il dialogo tra il fotografo e gli architetti? Cosa ha dato vita la loro collaborazione?

CP: Stefano Grazini e OFFICE Kersten Geers e David Van Severen lavorano insieme da molti anni, hanno viaggiato e realizzato progetti. All’artista e agli architetti interessa l’aspetto più radicale delle cose, non danno mai nulla per scontato, ma mettono in discussioni statuti e convenzioni. OFFICE, (a cui fra l’altro El Croquis ha appena dedicato un numero molto speciale),  a ICA forza lo spazio espositivo con un’0installzione che frammenta il percorso e disintegra l’idea di mostra da white cube. Graziani mette in discussione il concetto stesso di fotografia e documento. Insieme in Fondazione ICA lavorando sul frammento. 

Stefano Graziani e OFFICE Kersten Geers David Van Severen Picture Window Frame Ph. Andrea Rossetti – Courtesy Fondazione ICA Milano
Stefano Graziani, Natura morta, Trieste, 2024
Stefano Graziani, Gabriele Devecchi, lampada Honia, argento 925°°°, design Gabriele Devecchi e Corinna Morandi, 1970, fotografo sconosciuto, Archivio Gabriele Devecchi, Milano, 2024

EB: Picture Window Frame, la mostra ospitata all’ICA Milano, si presenta come un progetto le cui fondamenta sono: guardare, esporre, documentare. Tre azioni che sintetizzano la volontà, sia di Graziani che degli OFFICE, di mettere il discussione non solo l’atto del guardare ma anche quello del documentare e ed esporre un’opera. Mi spieghi meglio questa loro intenzione e soprattutto il loro interesse per l’Institutional Critique?

CP: C’è una mostra che vorrei citarti a questo proposito è uno dei primi progetti di Michael Asher  al Pomona College Museum of Art di Claremont a nord di Los Angeles nel 1970.  Qui l’artista trasfigura lo spazio della galleria con pareti che ne modificano la pianta:  trasforma l’ingresso in un’apertura quadrata, che vista dall’interno cita un quadro che mostra la strada, mentre vista dall’esterno crea una continuità che invita a entrare e scardina l’idea di istituzione come luogo separato e avulso dal reale. L’installazione decostruisce l’idea di opera d’arte e di spazio espositivo. Il display di OFFICE a ICA parte dall’idea di utilizzare la stessa quantità di materiale impiegata nella prima mostra di Picture Window Frame a Studio Finstral di Friburgo a Milano dove la galleria è due volte e mezzo più piccola. Anche in questo caso come per Michael Asher ciò che interessa è il processo che sfida lo spazio, il display come azione attiva, l’invito al pubblico a partecipare. A ICA la struttura realizzata con strutture fatte di profili di serramenti alcuni vuoti, altri con vetri trasparenti richiede una precisa concentrazione al pubblico nella scelta del percorso, che non è lineare ne obbligato. Qui lo spazio dell’arte coincide con quello del pubblico, con quello della vita reale, ogni individuo condivide il contesto che riporta continuamente qui ed ora in un luogo che disintegra l’idea di white cube.   

EB: Per il progetto Graziani ha visitato e documentato una lunga serie di archivi d’artista, accademie e musei a Milano. In mostra vedremo le immagini raccolte in questi luoghi in dialogo con le fotografie realizzate in Alto Adige e in Valsugana nelle fabbriche e negli uffici di Finstral. Dal tuo punto di vista, quali assonanze, analogie o, per l’inverso, contrasti emergono da questi luoghi dalle funzioni diametralmente opposte?

CP: Per Stefano Graziani è fondamentale l’idea del frammento. Una visione non lineare, ne tematica, o cronologia della realtà, ma al contrario uno sguardo che cerca l’inedito, il retro delle cose, gli aspetti tralasciati, gli interstizi della storia, le ballerine della Scala in allenamento, gli studenti dell’Accademia di Brera a riposo, oggetti della produzione di fabbrica decontestualizzati dalla produzione vera e propria. Non c’è analogia ma coerenza di sguardo di un’artista. Con questa mostra Picture Window Frame Graziani aggiunge un tassello a un archivio personale che sta componendo da sempre dove decostruisce generi e convenzioni dalla fotografia di fabbrica alla natura morta, dalle foto di danzatrici alle immagini d’architettura. 

Stefano Graziani e OFFICE Kersten Geers David Van Severen Picture Window Frame Ph. Marta Tonelli.- Courtesy Fondazione ICA Milano
Stefano Graziani, Natura morta, Trieste, 2024
Stefano Graziani e OFFICE Kersten Geers David Van Severen Picture Window Frame Ph. Marta Tonelli.- Courtesy Fondazione ICA Milano
Stefano Graziani, Museo Civico di Storia Naturale di Milano, Milano, 2024
Stefano Graziani e OFFICE Kersten Geers David Van Severen Picture Window Frame Ph. Marta Tonelli.- Courtesy Fondazione ICA Milano