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“Respiro la fame infuocata del desiderio” allo SPAZIO 21 di Genova

Nell’ex Istituto psichiatrico di Genova, è in corso una mostra folle: “Respiro la fame infuocata del desiderio” di Arianna Carossa, a cura di Guia Cortassa, con la partecipazione di Valentina Furian.

Testo di Erica Rigato

Nel panorama delle mostre in corso a Genova in questo periodo, se n’è da poco inaugurata una che è una vera e propria chicca. Si tratta di “Respiro la fame infuocata del desiderio”, di Arianna Carossa, artista genovese che vive e lavora da tanto a New York, a cura di Guia Cortassa, con la partecipazione di Valentina Furian.
Con un titolo così altamente lirico ed evocativo, verrebbe da dire che le curatrici abbiano voluto giocare facile: come fai a non catapultarti a una mostra che già dal nome ti scruta l’anima?
“Non chiederti se è arte, chiediti se può diventarlo”. 
Può diventarlo solo se senti che ti parla, che ti evoca qualcosa che tu conosci e con cui empatizzi. Se ti fa piangere, se ti fa ridere, se ti calma, se ti fa arrabbiare, se ti da’ speranza o se ti convince che è tutto finito. 
La mostra di Arianna Carossa è esattamente questo. 
Come recita il foglio di sala, “le (sue) opere …attiveranno un percorso di esplorazione di sé attraverso una serie di autoritratti”.
La magia che avviene è proprio l’universalizzazione di questa esplorazione: si parla anche di te. 

Faccio un passo indietro dovuto. 

Il faro tematico di questa mostra è il film “Nostalghia”del 1983 di Andrei Tarkovsky in cui si assiste a una storia tragica di ricerca, desiderio e morte. La trama narra la storia di un critico musicale russo, che, in Italia per ricostruire un episodio della vita del musicista russo Pavel Sasnowskj, incontra a Bagni Vignoni, una località termale presso Siena, un singolare personaggio, chiamato “il matto”, il quale afferma che per pacificare il mondo è necessario attraversare con una candela accesa la piscina di Santa Caterina. Dopo un soggiorno a Roma, dove il matto si dà fuoco in Campidoglio, il critico compie la traversata della piscina con la candela, ma muore d’infarto per l’immane fatica.
Entrambi i personaggi, lo scrittore e il folle, sono smarriti e accomunati dal senso di estraneità: il primo che si strugge per la nostalgia della sua terra di origine, il secondo per la malattia mentale che lo affligge. 
Entrambi condividono una visione e parlano un linguaggio comune: lo scrittore crea un rituale, si affida al sacro, per tenere la fiamma accesa, ma soccomberà a un attacco di cuore appena finita la cerimonia. Il secondo, mentre questa liturgia si compie, decide di darsi fuoco per mettere fine alla propria esistenza.

Arianna Carossa, Cinquecento mezze preghiere, 2024. Marmo, gesso, acciaio, pietra serena. Dimensioni variabili.
Arianna Carossa, Respiro la fame infuocata del desiderio, Installation view -SPAZIO 21, Genova 2024
Arianna Carossa, Cinquecento mezze preghiere, 2024. Marmo, gesso, acciaio, pietra serena. Dimensioni variabili.

La follia, il desiderio e la gestione dello stesso, il sentimento della noia e della nostalgia, il nostro rapporto con la tentazione dell’eternità, il senso di estraneità e il potere della creatività. La marginalità e la relazione con essa. 
Questi sono gli snodi tematici, pesanti sì ma anche in qualche modo salvifici, tra cui le curatrici hanno voluto destreggiarsi e a cui le opere della Carossa ci riportano. 
Il luogo stesso che ospita la mostra incorpora il tema e naturalmente non è stato scelto a caso. 
Si tratta infatti di una sala (conosciuto come SPAZIO 21) nelle ex mense dell’ex Istituto psichiatrico di Quarto, un quartiere a est di Genova, una struttura  storica sia dal punto di vista architettonico che culturale, oltre che antropologico, che ospita tutt’ora persone ritenute marginali. 
Un posto suggestivo senza dubbio, quasi fermo nel tempo e nella dimensione di un “altro” con cui noi, i “sani” non sappiamo ancora relazionarci a pieno. 

Arianna Carossa mi fa sapere che si tratta, fino a ora, della sua migliore mostra perché “tutto funziona perfettamente”. Perfino le pale sul soffitto arrivano a svolgere un ruolo, quello di “animare un luogo (certamente non) allegro”. 

Le opere.

Nella grande luce della palestra, due mani vigilano sospese. E’ “Cinquecento mezze preghiere”, una scultura in marmo, fatta apposta per questa mostra. 
Il pavimento, però, è cosparso di decine di falangette: il tatto è un senso che si irradia, che brama, che corre a cercare la vibrazione di qualcosa sotto di sé. Il marmo bianco rende questa bramosia drammatica. “Ogni volta che penso a qualcosa di doloroso, penso al sole” afferma Carossa. Il sole,  il fuoco: non si può sfuggire dalla fiamma che consuma e arde, dalla luce che acceca e deforma la vista, dal pensare alla discrasia di una giornata soleggiata in un luogo di dolore, come un ospedale psichiatrico.

Arianna Carossa, Respiro la fame infuocata del desiderio, Installation view – SPAZIO 21, Genova 2024
Arianna Carossa, Eternità, 2024. Marmo, ottone. 50 X 50 cm.
Arianna Carossa e Valentina Furian, Pyrallis, 2024. Video HD, cera. Dimensioni variabili.

L’esplorazione del sé di cui si parlava prima, avviene attraverso una serie di opere dislocate in alcuni angoli della sala, in cui l’artista immortala sé stessa e l’artista, rendendo universale una rappresentazione intima e personale, diventa la chiave per capire le radici profonde del desiderio umano.
In particolare, mi dice la Carossa, “l’opera “Autoritratto” non è legata a un pensiero cupo, anzi, fa riferimento al fatto che quando mi sento vuota in realtà sono più creativa”.
Una silhouette della scultrice, lavora per assenza, per sottrazione, donando una leggerezza insolita al suo pesante materiale lapideo. “Quando non stai bene, sei come trasparente, non hai confini. Più stai bene, più crei confini anche dentro di te per non farti invadere,” spiega Carossa.

A rispondere è una lastra di marmo, una presenza solida, con un monito inquietante: “Noia”. 
A proposito di questa opera Arianna sottolinea come sia la prima volta che mette dentro a una sua mostra le sue considerazioni e i suoi sentimenti nei confronti della nostalgia e della noia, affermando “ di non averla mai provata, nel senso che per me anch’essa è divertente”. 

In “Respiro la fame infuocata del desiderio” scopriamo come il desiderio bruci in modo pericoloso se non lo si controlla, se non si creano delle strutture che possano arginarne la forma. Il rituale che vediamo svolgersi nel film di Tarkovsky diventa così un linguaggio per lasciare che questo anelito si possa esprimere in modo non distruttivo: accettare il compromesso di una fiamma più sottile e delicata ma duratura nel tempo.

Desire is hunger, is the fire I breathe
– Patti Smith, “Because the Night”, 1977


Cover: Arianna Carossa, Autoritratto, 2023. Marmo. 50 X 50 X 15 cm

Arianna Carossa, L’estensione dell’eternità, 2024. Pietra. 30 X 135 X 1,5 cm.