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Necrologio di un corpo esposto | Betty Bee e SAGG Napoli da Zazà, Milano

Zazà a Milano ospita fino al 14 giugno, un fitto dialogo tra Betty Bee, SAGG Napoli e, naturalmente, la città partenopea. A mediare, il curatore Milovan Farronato.

Testo di C. Sidonie Pellegrino

Napoli è Napoli – potremmo giocarci tutto con una tautologia – ma quanto è complesso restituire qualcosa di più profondo della semplice “southern aesthetic”¹?
Sembrano saperla lunga Betty Bee e SAGG Napoli nella mostra (dall’improbabile titolo) Nacquero a Napoli improvvisandosi: modelle – cameriere – manicuriste – arciere – motocicliste – scassacazzo – pazze – artiste – compagne e scompagne: progetto che le mette in relazione nella bipersonale ospitata nella sede di Milano di Zazà fino al 14 giugno, a cura di Milovan Farronato.
Una mostra profondamente partenopea, con particolare attenzione all’autoritratto fotografico e all’esorcizzazione della morte: al suo ingresso, come dichiarazione d’intenti, troviamo infatti le lapidi premature delle due artiste da cui prende nome l’esposizione.
La relazione fra Betty Bee (1962) e SAGG Napoli (1991) – due artiste molto diverse per sensibilità e formazione – passa attraverso il corpo esposto, la messa a nudo di quella stessa resistenza alla morte. Lo storico video Lionetti Luigi classe 1920 della Bee ci mostra come il carceriere (padre-padrone) diventa soggetto della vendetta voyeuristica della figlia, costretta alla reclusione fin da bambina perché ribelle. L’artista affianca alla videoinstallazione una foto che la ritrae nella stessa vasca da bagno, intenta a riottenere il proprio spazio e il proprio corpo.

Al centro della sala è installato un “Arco di Trionfo alla napoletana”, secondo la definizione di Farronato: un display bifacciale in cartone su cui sono esposte quattro fotografie della serie Sponsor calendar, opera attraverso cui SAGG Napoli gioca con la glamourizzazione del linguaggio della moda. Grazie a questo display inedito, le fotografie assumono una nuova chiave di lettura, più ironica delle soluzioni installative utilizzate in precedenza. L’artista qui sembra porsi, con sguardo pungente, come “guappo ‘e cartone”: facendo fede all’espressione dialettale che sta ad indicare un atteggiamento beffardo, SAGG Napoli si mostra in luoghi iconici del capoluogo campano in pose da calendario, contrapponendosi alla struttura effimera che la sorregge e allo stereotipo di costante precarietà che contraddistingue il contesto di sua provenienza.

Betty Bee, Untitled, 1999 – fotografia di Agnese Bedini

Attraversando l’arco si giunge alla “condanna a morte”: in The Witch, Betty Bee è posta su un rogo, una Giovanna d’Arco di Via Foria, installata sugli scatti de L’inganno. Qui l’artista, memore della prigionia della sua infanzia, ha ingaggiato un investigatore che la seguisse nella vita sottoproletaria della Napoli di fine anni ’90: attraverso la lente di quest’ultimo ha però creato un autoritratto non veritiero, difatti performando la propria stessa vita. Questa performance perenne l’ha portata ad inoltrarsi nei vicoli e nei bugigattoli più bui della città e l’ha vista accompagnarsi con i personaggi popolari più disparati, fino ad arrivare alla sentenza, da parte dell’investigatore, di assoluta inaffidabilità. 

Solo dopo aver assistito alla morte simbolica di Betty Bee ci si accorge del vero inganno, spostando lo sguardo verso le opere che occupano le pareti laterali: l’artista-martire fugge dalla messa in scena della sua esecuzione. Incarna così il numero 48 della smorfia napoletana: Bee è propriamente un “morto che parla”, anzi, che scende le scale. Allo stesso modo SAGG Napoli, attraverso Addictions, Changing body, Crisis mode e Describe emotions ci mostra le sue tecniche per sfuggire alla morte, o quantomeno alla sopraffazione. Se la prima utilizza un sotterfugio scenico, la seconda ricorre alla metodica: ciò che le accomuna, e che rende questa mostra finemente partenopea, è l’irriverenza dissacrante con cui si approcciano all’arte, alla vita e persino all’eterna scacciata morte². 

Nacquero a Napoli improvvisandosi: modelle – cameriere – manicuriste – arciere – motocicliste – scassacazzo – pazze – artiste – compagne e scompagne è dunque una mostra ben più sottile di quanto possa sembrare ad un primo sguardo: fra le pieghe dei corpi esposti percepiamo, latente, un’esorcizzazione perenne.

¹ “Southern aesthetic” fa riferimento all’estetica meridionale e/o mediterranea per estensione, spesso strumentalizzata dai social trasformandola in un trend
² Espressione utilizzata da alcuni antropologi del folklore progressivo, in particolar modo Ernesto De Martino e Luigi Lombardi Satriani
SAGG Napoli